«Il timore è quello di una escalation, che queste scritte siano solo l’inizio, che la minaccia diventi più
ampia». L’ambasciata d’Israele, con la voce e i modi gentili del consigliere Shai Cohen, non vuole solo
cancellare i graffiti antisemiti sui muri di Roma. Ma anche una paura e un sospetto: che la mano che ha imbracciato
quello spray, domani possa fare peggio. Una cosa è certa: le frasi antisemite non sono solo quelle ritrovate, e
subito cancellate, venerdì scorso a piazzale degli Eroi. Ma «sono in tutta Roma, da Ponte Milvio al quartiere
Vescovio».
Al fotografo del Corriere basta andare in via Giustino Fortunato (Vigna Stelluti) per trovarne. L’ambasciatore
d’Israele, Ehud Gol, torna dalle vacanze e, nella città semideserta, le nota. E, in una lettera, racconta al
sindaco Walter Veltroni ciò che ha trovato nella Capitale: «Al mio rientro a Roma ho trovato una spiacevolissima
sorpresa, numerose scritte antisemite, alcune di contenuti che fanno rabbrividire al solo pensiero, inneggianti ai
forni crematori e ad altri slogan nazi-fascisti e di carattere razzista e xenofobo». Si riferisce principalmente a
quelle di piazzale degli Eroi, ma non solo. «Nei confronti di ogni espressione di antisemitismo, di razzismo e di
xenofobia - risponde Veltroni - l’attenzione e l’impegno del Campidoglio sono fuori discussione». Lo dimostra
anche come lo stesso Comune è intervenuto venerdì: le scritte di piazzale degli Eroi sono state cancellate in poche
ore.
«Mi auguro - scrive ancora l’ambasciatore nella lettera a Veltroni - che Lei vorrà compiere tutti i passi
necessari perché l’attenzione nei confronti del nuovo antisemitismo, che sta riemergendo con prepotenza sempre
maggiore, fondendosi spesso e volentieri con il vecchio antisemitismo, rimanga alta ed efficace non solo a riparare
ciò che è già avvenuto, ma anche a fa sì che tali ripugnanti episodi non si ripetano più».
Difficile essere
così ottimisti, visto che scritte antisemite sui muri di Roma (quartiere Marconi) sono comparse anche a fine gennaio,
ventiquattr’ore esatte dopo il giorno della Memoria, il ricordo della Shoah. E, nello stesso periodo, sia al liceo
Giulio Cesare, sia all’Ostiense. «Il punto - spiega il consigliere dell’ambasciatore Shai Cohen - è che scritte
così s’incontrano spesso, un po’ ovunque. Roma è grande e difficile da sorvegliare, certo. Ma il nostro timore
è che queste cose possano generare, domani, un pericolo più grande».
Precisano, dall’ambasciata d’Israele, che
«questa non è la Francia, dove l’antisemitismo raggiunge livelli molto preoccupanti», e che «è proprio grazie
all’atteggiamento degli enti locali che a Roma la situazione è molto migliore. In questa città, e non solo con il
giorno della Memoria, la Shoah viene insegnata ai giovani nelle scuole. Ciò non toglie, però, che scritte così
potrebbero nascondere altro. Che ci siano cellule di estrema destra, del resto, non è un mistero».
Un esponente
della comunità ebraica romana, Vittorio Pavoncello, non ha dubbi: «A quei graffiti ormai non facciamo quasi più
caso. Ci preoccupa altro: perché fare quelle scritte è solo il primo compito di chi viene arruolato da certe
organizzazioni». È per questo, forse, che l’ambasciatore d’Israele ha scritto a Veltroni. Perché c’è un modo
di dire, in Israele: i problemi vanno eliminati appena nati.
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[Alessandro Capponi su Il Corriere della Sera del 26 agosto 2004]