In quasi tutti i suoi numerosi viaggi
apostolici, fin dall'inizio del suo Pontificato, Giovanni Paolo II ha
voluto incontrare le comunità ebraiche del luogo. Riportiamo le parole da
lui rivolte alla Comunità di Parigi.
È una gioia per me
ricevere i rappresentanti della numerosa e vivace comunità ebraica
francese.
Una comunità che ha una
lunga e gloriosa storia. C’è forse bisogno di ricordare i teologi, gli
esegeti, i filosofi e gli uomini pubblici che l’hanno distinta nel
passato e la distinguono oggi? È altrettanto vero, e voglio ricordarlo
oggi, che la vostra comunità ha avuto molto per cui soffrire durante gli
anni oscuri dell’occupazione e della guerra. Rendo omaggio a queste
vittime il cui sacrificio sappiamo non essere stato infruttuoso. È da là
che è veramente partito, grazia al coraggio e alla decisione di alcuni
pionieri, fra cui Jules Isaac, il movimento che ci ha condotti al dialogo
e alla collaborazione presenti, ispirati e promossi dalla Dichiarazione
“Nostra Aetate” del Concilio
Vaticano II.
Questo dialogo e questa
collaborazione sono molto vivi ed attivi in Francia. Ne sono felice. Fra
l’ebraismo e la Chiesa, c’è un rapporto, come ho già detto in
un’altra occasione a dei rappresentanti ebrei, “a livello delle loro
stesse identità religiose” (Giovanni Paolo II, Allocutio,
die 12 mar. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979]
529. Questo rapporto deve essere ancora approfondito ed arricchito dallo
studio, dalla reciproca conoscenza, dall’insegnamento religioso da
entrambe le parti, e dallo sforzo per superare le difficoltà ancora
esistenti. Questo ci permetterà di operare insieme per una società
libera dalle discriminazioni e dai pregiudizi, dove regnino l’amore e
non l’odio, la pace e non la guerra, la giustizia e non l’oppressione.
È verso quest’ideale biblico che ci conviene guardare sempre, perché
ci unisce così profondamente.
Approfitto di questa felice
occasione per riaffermarlo ancora davanti a voi e per esprimere la mia
speranza di perseguirlo insieme.