In quasi tutti i suoi numerosi viaggi
apostolici, fin dall'inizio del suo Pontificato, Giovanni Paolo II ha
voluto incontrare le comunità ebraiche del luogo. Riportiamo le parole da
lui rivolte alla Comunità di San Paolo.
Mi rallegro molto di poter
salutare in voi i rappresentanti della comunità israelitica del Brasile,
così viva ed operante a São Paulo, a Rio de Janeiro ed in altre città.
Ringrazio anche di gran cuore la vostra amabilità nel voler incontrarvi
con me in occasione di questo viaggio apostolico nella grande nazione
brasiliana. Per me è una felice opportunità per manifestare e stringere
ancor più i legami che uniscono la chiesa cattolica e l’ebraismo,
riaffermando così l’importanza delle relazioni che esistono tra noi
anche qui in Brasile.
Come voi sapete, la
Dichiarazione “Nostra Aetate”
del Concilio Vaticano II, nel suo quarto paragrafo, afferma che è
scrutando il suo proprio mistero che la chiesa “ricorda il vincolo che
la unisce spiritualmente alla discendenza di Abramo”. In questo modo la
relazione tra la chiesa e l’ebraismo non è qualche cosa di esterno alle
due religioni: è qualche cosa che si fonda nella eredità religiosa
caratteristica di ambedue, nella origine propria di Gesù e degli
Apostoli, e nell’ambiente in cui la chiesa primitiva è cresciuta e si
è sviluppata. Se, nonostante tutto questo, le nostre rispettive identità
religiose ci dividono, e talvolta ci hanno diviso dolorosamente,
attraverso i secoli, questo non dovrà impedirci di volere ora, nel
rispetto di queste stesse identità, valorizzare la nostra comune eredità
e così cooperare, alla luce della medesima eredità, alla soluzione dei
problemi che affliggono la società contemporanea, bisognosa di fede in
Dio, di obbedienza alla sua santa legge, di speranza attiva nella venuta
del suo regno.
Sono molto lieto di sapere
che questo rapporto di cooperazione esista qui in Brasile specialmente
attraverso la fraternità ebraico-cristiana. Ebrei e cattolici si sforzano
così di approfondire la loro comune eredità biblica, senza tuttavia
dissimulare le differenze che li separano, e così una rinnovata
conoscenza mutua potrà condurre a una più adeguata presentazione di
ciascuna religione nell’insegnamento dell’altra. Su questa solida base
si potrà poi costruire, come già state facendo, l’attività di
cooperazione a beneficio dell’uomo concreto, per la promozione dei suoi
diritti non poche volte conculcati, della sua giusta partecipazione al
conseguimento del bene comune senza esclusivismi e discriminazioni. Sono
questi, d’altra parte, alcuni punti presentati all’attenzione della
comunità cattolica dagli “Orientamenti e suggerimenti per
l’applicazione della Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate””,
pubblicati nel 1975 dalla Commissione per le relazioni religiose con
l’ebraismo, come anche dai paragrafi corrispondenti del documento finale
della Conferenza di Puebla (cf. Puebla, 1110. 1123).
Questo renderà vivo ed
efficace, per il bene di tutti, l’importante patrimonio spirituale che
unisce gli ebrei e i cristiani. Così desidero con tutto il cuore. E sia
tale anche il frutto di questo incontro fraterno con i rappresentanti
della comunità israelitica del Brasile.