«Si
interessava concretamente ai problemi di questa terra. Per
esempio mi chiese nei minimi dettagli dell'andamento delle
trattative con i palestinesi»
Nonostante
i suoi 81 anni, Shimon Peres rimane uno dei rappresentanti più
importanti e attivi della scena politica israeliana.
Subentrato alla guida del partito laburista ad Ehoud Barak,
sconfitto da Ariel Sharon nelle elezioni del 2001, Peres lo
scorso anno è riuscito a riportare al potere il suo partito.
Assieme al Likud, il leader laburista, oggi vice-premier,
tenta di rilanciare il negoziato con i palestinesi ed è il più
accanito sostenitore del piano di ritiro di Sharon, che
prevede l'evacuazione delle 21 colonie di Gaza e di altre
quattro nel nord della Cisgiordania. Di recente si è recato
negli Stati Uniti per chiedere all'Amministrazione Bush di
sostenere finanziariamente il ritiro da Israele dai Territori.
In passato Peres ha mantenuto stretti rapporti con personalità
mondiali in grado di contribuire al dialogo in Medio Oriente e
ha fondato un centro per la pace che promuove la cooperazione
israelo-palestinese a vario livello. Costanti sono stati anche
i suoi contatti con il Vaticano ed era ministro degli Esteri
nel 1993 quando contribuì ad avviare piene relazioni
diplomatiche con la Santa Sede. Il suo ricordo di Giovanni
Paolo II è sentito. «Ci mancherà molto, è stata una figura
centrale nel dialogo tra i popoli».
Giovanni Paolo II si è spento il 2 aprile e a distanza di
quindici giorni i cattolici e il mondo intero continuano ad
esprimere il loro dolore per la sua perdita. Lei che ricordo
ha del Papa?
Rimarrà sempre vivo nella mia memoria l'incontro di
alcuni anni fa. Il suo modo di parlare attirava l'attenzione e
oggi Israele è triste e si unisce al cordoglio. Ricordo che
mi disse che siamo tutti figli di Abramo e pertanto dobbiamo
essere uniti e non combatterci. Credo che il Papa abbia
contribuito enormemente alla comprensione tra le fedi
monoteistiche. Potremmo dire che oggi, in cui si parla di
globalizzazione di economia, di comunicazioni, Giovanni Paolo
II ha globalizzato la tolleranza.
Lei è sempre stato molto coinvolto nel processo di pace
nella regione, crede che il Papa abbia contribuito alla
soluzione del conflitto israelo-palestinese?
Era un'autorità morale, un punto di riferimento
spirituale, ma allo stesso tempo si interessava concretamente
ai problemi di questa terra. Un esempio: l'interesse con il
quale mi chiese, nei minimi dettagli, dell'andamento delle
trattative con i palestinesi. Mi appariva profondamente
interessato e senza dubbio era molto informato.
Giovanni Paolo II è ricordato anche per la svolta che ha
dato alle relazioni tra cattolicesimo ed ebraismo. In Israele
ha sottolineato il perdono che il Papa chiese per le colpe
della Chiesa nei confronti degli ebrei. Da questo punto di
vista qual è stato l'aspetto che l'ha colpita di più?
Ciò che ha fatto per la comprensione tra ebrei e
cristiani rimarrà impresso nella storia. Ha svolto un ruolo
centrale nella lotta contro l'antisemitismo. Quando venne a
Gerusalemme nel 2000 ci colpì l'intensità della sua
preghiera al Muro del Pianto. Ma la sua grandezza stava nel
fatto che ovunque andasse era in grado di riconciliare i
popoli con uno spirito di grandezza.
Lunedì prossimo si apre il conclave dal quale uscirà il
nome del nuovo Pontefice. Quali sono le aspettative di
Israele?
Sono sicuro che il prossimo Papa continuerà a costruire
ponti verso di noi.
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[Fonte: "Avvenire" 15 aprile 2005]