Ab - Abòt. Padre. Padri Adar:
Dodicesimo mese del calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
febbraio-marzo. Sette volte in diciannove anni, con cadenza irregolare,
adar si sdoppia creando un tredicesimo mese per riallineare il
calendario ebraico (su base lunare) al calendario solare, così che la
festività principale, Pèsach, possa essere celebrata sempre in
primavera. ‘Alaw ha-shalom: Su di lui sia la
pace. ‘Aliyyah (lett. “salita”): Termine comunemente usato per
indicare la “salita” a Gerusalemme o in Terra d’Israele; designa anche
la salita alla tribuna (bimà) per la lettura in sinagoga. Designa
oggi anche l’ immigrazione degli ebrei della Diaspora nella Terra di
Israele. ‘Al ha-nissim (lett. “per i miracoli”): Preghiera che
si recita il primo giorno di Chanukkà.
Amen (pronuncia
yiddish omeyin): “Così sia!” È usato nell’ebraismo, per approvare
un’esortazione alla lode ed alla benedizione, oppure per sottolineare
un’imprecazione. Questa parola fu più tardi adottata dal cristianesimo e
dell’islamismo nelle loro funzioni religiose. Amorà - amoraim
così venne chiamato, al tempo dei Tannaim in epoca
talmudica (dal III al VI sec. e.v.), il "dicitore" in aramaico
della Mishna, insegnata dal Tanna in ebraico. Divenne l'appellativo dei
rabbini studiosi del Talmud, che appunto commentarono in aramaico la
Mishna, dando vita al Talmud. Il periodo di attività degli ‘amoraìm
è generalmente diviso in 8 generazioni. Antisemitismo: parola coniata
nel 1879 da Wilhelm Marr, giornalista tedesco che aveva in odio gli
ebrei. L'accezione originaria è "avversione agli ebrei"; oggi ha più il
significato di "pregiudizio verso gli ebrei." Apiqoros (pl.
apiqorsim; lett. “epicureo”): Eretico. ‘Aqedà (lett.
“legamento”): Il modo con cui viene legata la vittima per il sacrificio.
Per estensione indica l’episodio biblico del sacrificio di Isacco
richiesto da Dio stesso ad Abramo (Genesi 22). ‘Aravà: Salice.
Vedi Lulav. ‘Arelim: Gli incirconcisi, i
pagani. Ariano: nella sua accezione originaria, il termine
indica le popolazioni iraniche e quelle indiane di origine indoeuropea;
dai nazisti esso fu indebitamente esteso a tutti i popoli di lingua
indoeuropea, in particolare a quelli germanici (passando quindi a
indicare persone di pelle bianca di tipo nordico), e assunto a sinonimo
di razza pura e superiore in opposizione a ogni altra
razza. Aron ha kòdesh (lett. “arca”): È l’armadio, di
solito riccamente ornato, che nelle sinagoghe custodisce i rotoli della
Torà. È così chiamata per analogia con l’Arca Santa, che
conteneva le Tavole della Legge. Nelle sinagoghe della diaspora è posta
sulla parete rivolta verso Israele, mentre in Israele su quella rivolta
verso il monte dove sorgeva il tempio. Questi armadi, detti anche "Arca
santa", sono diretti sempre verso Gerusalemme. Quando l’armadio viene
aperto, in segno di devozione, i fedeli si alzano in
piedi. Ashkenaz (lett. “Germania”): Termine usato dal XVI
secolo per indicare gli ebrei dell’Europa centrale e orientale di
origine germanica (ashkenazim). L’ebreo ashkenazita si
differenzia dagli altri ebrei per alcune pratiche rituali, per il
formulario liturgico, per la pronuncia stessa della lingua
ebraica. Atarà (Ataroth) Corona. Serve da abbellimento dei
rotoli della Torah Av: Quinto mese del calendario ebraico
corrispondente al periodo lunare luglio-agosto. Avodàh Zaràh -
(Idolatria) Nel pensiero ebraico, con l’idolatria viene inteso ogni
culto non rivolto all’unico e vero Dio. All’infuori del vero Dio, tutti
gli altri dèi sono false divinità, e l’attribuzione di culto a tali
false divinità costò spesso al popolo d’Israele molte pene e triboli. La
Bibbia intende come idolatria anche l’attribuzione di un sesso alle
divinità. Ne sono un esempio i Ba’al di sesso maschile e le Astarti di
sesso femminile. Sono considerate idolatria anche le pratiche e le
superstizioni sulle manifestazioni spontanee della natura, e la credenza
a potenze divine, che operano in assoluta indipendenza.
Azaràh cortile del Tempio di Gerusalemme
Ba‘al Shem Tov (lett. “Signore del Nome
Buono”): Isra’el Ben Eli‘ezer (1700 ca - 1760), fondatore del movimento
chassidico dell’Europa orientale. Emblema del perfetto
osservante. Ba‘al teshuvà (lett. “Signore del ritorno”):
Pentito, detto dell’ebreo che torna all’osservanza o del peccatore che
si ravvede. Bar (aramaico): “Figlio”, vedi
Ben. Barakà (benedizione) È l'espressione con la quale
nel giudaismo è intesa un'offerta di gratitudine, che loda Dio per un
beneficio ricevuto, oppure per un grande evento sperimentato. Bar
mizwà (lett. “figlio del precetto”) Espressione formata da
BAR (figlio) e mitzwah (precetto). Con quest’espressione è
intesa la cerimonia che secondo la tradizione, segna il raggiungimento
dell’età a partire dalla quale l’adolescente diventa responsabile delle
sue azioni. Infatti vien detto del ragazzo che compie la maturità
religiosa (a tredici anni), assumendo diritti e doveri dell’adulto. Sta
a indicare anche la cerimonia relativa, che si celebra in sinagoga, in
cui il ragazzo per la prima volta davanti all’assemblea legge la
Torah. A partire da quel giorno, il giovane che porta già sulla
propria carne il segno dell’alleanza con Dio (Berith milah, la
circoncisione), non dipende più da suo padre, ma diviene responsabile
dei propri atti e se quindi se commette peccato, si rende passibile di
castigo. La cerimonia viene svolta il primo sabato dopo il compimento
del tredicesimo anno di età del giovane. I famigliari s’incontrano nella
sinagoga, e durante la cerimonia il giovane è invitato a leggere per la
prima volta la Torah. Barekhu (lett. “benedite”):
Formula liturgica di benedizione che introduce le preghiere del mattino
e della sera, e la lettura sinagogale della Torà. Barekhu
et-Adonay ha-mevorakh “Benedite il Signore degno di benedizione”.
Barekhu et-Adonay ha-mevorakh le-‘olam wa-‘ed “Benedetto il
Signore degno di benedizione per sempre e oltre”, è la risposta
dell’assemblea. Bat: Figlia. Bat mizwà (lett.
“figlia del precetto”): Cerimonia in cui la giovane ebrea, che ha
compiuto i dodici anni, acquisisce lo statuto di “donna” e ne assume gli
obblighi di carattere cultuale. È di recente istituzione e non è
praticata in tutto il mondo ebraico. Baygel (dal tedesco
beugel, “pane rotondo fatto di farina bianca”): Il baygel
era considerato una leccornia nell’Europa orientale, dove gli ebrei
poveri mangiavano soprattutto pane nero. Behemah (pl.
behemot, “animale”): Ignorante, imbecille. Ben (lett.
“figlio”): Prima che i cognomi divenissero di uso comune, un ebreo era
conosciuto tramite il suo nome e il nome del padre, per esempio:
Yochanan Ben Zakkay. Talvolta si utilizzava bar, che è
l’equivalente aramaico, per esempio: Shimon Bar
Kokhba. Berakhà (pl. berakhot):
Benedizione.
Bereshìth Rabbà (Genesi Magna, abbr. BR) midràsh (v.)
alla Genesi, redatto probabilmente alla fine dell’epoca degli ‘amoraìm
(v.). Berit (alleanza) Con questo temine si indica il
particolare rapporto instaurato da Dio con il Suo popolo. L’alleanza
sulla quale si basa la teologia ebraica, è quella conclusa tra Dio e
Abramo - (Genesi 17:4), riconfermata poi con Isacco e Giacobbe, ma
soprattutto quella stipulata con Mosè e con il popolo d’Israele sul
monte Sinai - (Esodo 19 e segg.). Si tratta di uno scambio di promesse
tra Dio (la terra promessa) ed il popolo d’Israele - (ubbidienza
all’unico e vero Dio). Berit milà: Patto della circoncisione.
Si celebra nell’ottavo giorno dalla nascita di un figlio maschio e
consiste nell’asportazione del prepuzio del neonato in memoria del patto
stipulato tra Dio e il suo popolo (Genesi 17,11-12). In questa occasione
viene imposto il nome. La cerimonia è prescritta anche per il convertito
all’ebraismo. Bet midrash: Casa di studio. Bimà:
Tribuna, podio dell’officiante nella sinagoga da dove si legge la Torà o
si recitano le preghiere. Presso i sefarditi e gli italiani il podio è
detto tevà. Binà lett: comprensione. Uno dei tre poteri
intellettuali primari. Birkat ha-mazon: Benedizione del
pasto. Blintzes: Specie di frittelle ripiene dolci o salate, a
base di farina e uova, di origine russa. Bobemeise: In yiddish
bobe “nonna” e meise, dall’ebraico ma‘aseh,
“fatto”. Dunque, storia della nonna, ossia favola. Borsht:
(yiddish) Zuppa di barbabietole.
Cabbala: Vedi
Qabbalà. Chadas: Mirto. Vedi
Lulav. Challà (pl. challot): Pane a forma di
treccia leggermente dolce che viene consumato durante i pasti dello
shabbat. Si dice anche della porzione di impasto bruciata in
memoria della decima spettante ai sacerdoti del
tempio. Chanukkà (lett. “dedicazione”): Festa delle luci, in
memoria della riconsacrazione del tempio dopo la vittoria dei Maccabei
sui greci nel 164 a.e.v. e la riedificazione dell’altare profanato. Si
celebra dalla sera del 24 del mese di kislev al 2 del mese di
tevet. Dura otto giorni, durante i quali si accendono
progressivamente le otto luci della
chanukkiyyà. Chanukkiyyà: Candelabro a otto bracci,
vedi Chanukkà. Chassid (pl. Chassidim; lett.
“pio”): Membro della corrente mistico-popolare (chassidismo) nata
nell’Europa orientale del XVIII secolo per opera di Isra’el Ben Eli‘ezer
(1700 ca - 1760) noto col titolo di Ba‘al Shem, o Ba‘al Shem Tov
(Signore del Nome Buono). Chassidismo. Ebbe l’enorme merito di
aprire i segreti della spiritualità e della mistica alle classi d’ebrei
meno colti e più poveri. Il Chassidismo faceva e fa uso di tecniche
meditative molto potenti, ma anche di canto e danza, per arricchire la
preghiera e la vita religiosa quotidiana. Tutt’oggi conta centinaia di
migliaia d’aderenti, sebbene si sia suddiviso in molte scuole
diverse. Chavruta (compagnia). Termine usato per
indicare il partner di studio del Talmud, che viene studiato in una
forma dialogante, quindi con un compagno di studio (reale o . . .
virtuale). L'importanza di questo "stile" nello studio del Talmud è
espresso dal famoso detto talmudico: O chavruta o mituta, o
compagno di studio o morte (dello studio, si intende!) Chayà
quarto tra i cinque livelli dell'anima: è l'anima vivente, la
più elevata e vicina al divino Chazzan: Funzionario
sinagogale, principalmente addetto al canto, che assiste o sostituisce
il rabbino nella liturgia. Cheder (lett. “camera”): Si tratta
del locale o della scuola primaria in cui una volta venivano insegnati
l’ebraico e i rudimenti della religione. I bambini ebrei cominciavano lo
studio della Torà dall’età di tre anni.
Chemdàth Jamìm (lett. delizia dei giorni) grande guida mistica
alla vita ebraica, di ignoto autore palestinese del principio del XVIII sec.
Chérem nella Bibbia indica
la consacrazione e l’interdetto; nel linguaggio rabbinico è la
scomunica
Cheshwan:
Ottavo mese del calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
ottobre-novembre. chiddush rinnovamento, novità. Si riferisce
ad ogni nuovo insegnamento che si rivela nel corso dello studio della
Torah, come pure alla Torah stessa se raffrontata all'umano
ragionamento. Chokhmà: Saggezza. In senso ironico il termine
chukhem, saggio, è anche usato per designare chi è completamente
sprovvisto di saggezza. Uno dei tre poteri intellettuali
primari. Cholent (yiddish): Piatto tradizionale del sabato,
fatto con fagioli, patate, carne, ossi, orzo e altri ingredienti. Viene
cotto il venerdì per lo shabbat, giorno in cui è vietato cucinare
e accendere il fuoco. Chumash (lett. “cinquina”): Da
chamesh, cinque, indica i libri di Mosè, cioè i libri del
Pentateuco che compongono la Torà. Cohèn / Cohanìm
Nella lingua ebraica, Coen o Koan, significa, sacerdote. È la figura
dell'intermediario che venne a stabilirsi tra i fedeli e Dio. I Koanim
sono la discendenza di Aronne, quindi della tribù di Levi. Il loro
compito era quello di regolare e dirigere i riti del tempio, custodirlo
e curarlo, ma anche e soprattutto, parlare nel nome di Dio, cioè
comunicare al popolo ciò che Dio voleva da essi. Con i secoli, il ruolo
e la funzione dei Koanim divenne molto importante e la loro funzione
divenne ereditaria. Il Kohen ha una serie di doveri e privilegi
associati al culto nel Bet Hamikdash ed è tenuto a delle speciali regole
di santità.
Dà'at Ragione, conoscenza; è anche la
sfera spirituale della conoscenza Dabar parola - fatto
Daven (yiddish): Pregare. Derashà
discorso Devekùt unione (con D-o) Diaspora (ebraico
golà) È un termine di origine greca, con il quale vengono intesi
tutti gli ebrei sparsi per il mondo. Si tratta qui di persone che per un
motivo o l'altro, non possono vivere nella loro patria. La diaspora
nacque dopo la dolorosa deportazione in terra babilonese. Ancora oggi,
con questa espressione sono intesi gli ebrei che sono lontani da
Israele, ma che curano uno stretto legame con la loro antica patria.
Essi osservano il calendario e le festività ebraiche e vivono la loro
vita religiosa seguendo gli stessi insegnamenti degli ebrei in Israele e
nel mondo intero. Dibbuq (lett. “possessione”): Spirito
maligno o demone. È generalmente l’anima di una persona morta che non
trova pace e penetra in una persona vivente. Nel folklore ebraico il
dibbuq è una sorta di vampiro. È anche il titolo della più
celebre pièce del repertorio yiddish di Sholem An-Ski del
1918. Dreidel: Tremine yiddish per “trottola” (in ebraico
sevivon), tradizionale gioco dei bambini in occasione della festa
di Chanukkà.
Echàd Uno Efà unità di peso
corrispondente a circa 20 Kg. Elul: Sesto mese del calendario
ebraico corrispondente al periodo lunare
agosto-settembre. Emunà Fede Èretz Israèl Terra di
Israele. Etròg Frutto del cedro. Una delle quattro specie di
piante usate per la festa di Sukkòt
Farbrengen (yiddish): Lo stare insieme
festoso.
Galut Bavel / esilio babilonese - Con questo
termine sono indicate le deportazioni del popolo israelita in Babilonia.
-
587 a.C., i babilonesi distrussero Gerusalemme e
deportarono gran parte della popolazione.
-
539 a.C., Babilonia fu occupata da Ciro di Persia.
Sotto il suo regno fu emanato un edito, che permetteva il ritorno in
patria a circa 50.000 ebrei. Organizzatisi, i reduci pensarono subito
a ricostruire il tempio e ristabilire il culto all’unico Dio. Questa
testimonianza di fede fu tanto grande, che affermatasi un’intensa vita
ebraica, Esdra e Neemia poterono ritornare in patria e questa volta
con una più consistente ondata di giudei.
Gan ‘Èden: Giardino dell’Eden. Secondo la
credenza popolare ebraica, il giardino dell’Eden sarebbe situato fra il
Tigri e l’Eufrate. È usato come sinonimo di Paradiso. Geenna
(in ebraico Ghe Hinnom): Stretta e profonda gola nella valle di
Hinnom, sotto le mura dell’antica Gerusalemme, dove venivano gettati i
cadaveri dei lapidati e le immondizie che bruciavano col fuoco perenne.
Simbolo di castighi e tormenti eterni. Gefilte fish: Piatto
ebraico. Pesce (normalmente la carpa) ripieno di altro pesce macinato
con spezie. Gentili (parola di origine latina, per persone o
nazione) Sostituiva l'espressione (abbastanza dura di: pagani). Durante
l'epoca pre-cristiana, questo termine era usato riferendosi a persone
non ebree. Dopo il sorgere del cristianesimo, con questa espressione si
intendevano non-ebrei e non-cristiani. Ghemarà (aramaico;
lett. “conclusione” o “compimento”): Parte del Talmud che raccoglie le
discussioni sulla Mishnà sviluppatesi tra i secoli IV-VI
e.v. Si usa anche come sinonimo del Talmud nel suo
complesso Ghematria Il calcolo del valore numerico di una
parola, ottenuta sommando i valori di ogni singola lettera. Secondo la
Cabalà, termini che possiedono un identico valore numerico, sono
collegati da una corrispondenza, anche se i concetti espressi da tali
termini sono del tutto diversi. Si possono calcolare le ghematrie di
interi versi, semplicemente sommando tutte le parole. Vi sono diversi
modi di calcolare la ghematria di una parola o di una frase, e alcuni di
essi sono molto complessi. Gher - ghiorèt:straniero,
straniera. Persona appartenente al popolo di Israel per aggregazione e
non per nascita. Gòlem: Materia o massa senza forma. Nella
tradizione successiva indica un essere di creta animato dal nome di Dio
e creato per la difesa e il servizio degli ebrei del ghetto. Il più
famoso, oggetto di molte opere letterarie, è quello attribuito a rabbi
Loew di Praga nel XVI secolo. Goy (pl. goyim) Il non
ebreo, il gentile. Questo termine ebraico significa genericamente popolo
e nella Bibbia (Esodo 19:6) è applicato anche al popolo d’Israele. Più
tardi, quest’espressione fu usata per indicare i popoli stranieri,
coloro che non appartenevano alla nazione ebraica. Goyshkeit
(yiddish): In generale la cultura non ebraica o
gentile. Gvèret: Signora.
Haftarà (pl. haftarot): Una delle
sezioni in cui sono divisi i libri profetici della Bibbia ebraica in
vista della lettura liturgica settimanale di ogni shabbàt. Le
corrispondenti sezioni della Torà sono dette parashot
(sing. parashah). Haggadà: Racconto, narrazione. Genere
letterario che comprende i testi narrativi della tradizione rabbinica.
In particolare indica il testo che narra dell’esodo dall’Egitto e che
viene letto durante il sèder. Hakafà - hakafòt
(circuiti, giri) Le danze che si fanno con i Rotoli della Torah
durante la preghiera al Bet Hakenèsset in occasione delle feste
di Sheminì 'Atzeret e di Simchàt
Torah Hakhsharà: Fattoria-scuola, dove si svolge
l’addestramento sia pratico (soprattutto al lavoro agricolo) sia
intellettuale in preparazione all’emigrazione in Terra
d’Israele. Halakhà (lett. “via”): condotta,
comportamento. La parte normativa della Torà scritta e orale.
Materiale giuridico dell’insegnamento della tradizione. Insieme di norme
che regolano la vita quotidiana. Esso veniva trasmesso oralmente da
generazione generazione, ma fu poi scritto e divenne parte della Mishnah
e del Talmud. All’Halachà si contrappone l’Haggadah (narrazione) che
comprende l’omiletica, le narrazioni, leggende e
sentenze. Halvah: Torrone morbido fatto con semi di
sesamo. a-motzi’ (lett. “colui che fa uscire [il pane dalla
terra]”): Benedizione sul pane prima del pasto. Ha-Shem (lett.
“il nome”): Sostituto reverenziale del nome divino
Jhwh. Ha-Shomer ha-Tza‘ir: Giovane Guardia. Movimento
giovanile ebraico di sinistra particolarmente impegnato nella creazione
e difesa anche armata del kibbutz, attivo prevalentemente tra il 1909 e
il 1920. Le sue funzioni furono assorbite successivamente dalla Haganà.
Attualmente si tratta di un movimento giovanile di sinistra
particolarmente legato al kibbutz. Hatikva (speranza) La vita
del popolo d'Israele era un'esistenza condotta nella continua speranza
dell'aiuto divino. Un aiuto che si manifesta attraverso l'intervento di
Dio, nei periodi di prove, lotte e sofferenze che il popolo attraversa.
Questa speranza viene descritta ripetutamente in tutto l'Antico
Testamento e soprattutto in modo poetico nei Salmi. È un continuo
sperare che non si limita all'occasione del bisogno, ma che attraversa
la storia del popolo ebraico fino a giungere nella terra promessa ed
alla fondazione dello stato d'Israele Havdalà (lett.
“separazione”): Cerimonia di chiusura dello shabbat che distingue
il tempo sacro da quello profano.
Ìmma Madre Ish Uomo Ishà
Donna 'ivrì Termine largamente diffuso, prima dell'esilio
babilonese, per indicare gli ebrei Iyyar: Secondo mese del
calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
aprile-maggio.
Kapparòth (lett. espiazioni)
rito della vigilia di Kippùr (v.)
nel quale un gallo o una gallina vengono fatti girare intorno al capo, a
scopo espiatorio
Kashem (yiddish) Cereali macinati con i
quali si cucina una specie di polenta di contorno. Kasher
(lett. “adatto”): Detto di ciò che è conforme alla kasherut, cioè
alla norma biblica, contenuta principalmente nel libro del Levitico, e
rabbinica sulla purità dei cibi permessi, sul modo di cucinarli e
servirli. È relativa anche ai tessuti, ai libri sacri, utensili ecc. Per
ciò che riguarda gli animali sono considerati puri i quadrupedi
ruminanti dallo zoccolo biforcuto (ovini e bovini); i pesci dotati di
pinne e squame; e i volatili non rapaci. In senso lato: in possesso dei
requisiti richiesti secondo un dato standard, quindi qualificato, adatto
ad inserirsi in un dato sistema. Il procedimento che conferisce o
verifica il possesso di tali requisiti si chiama hechsher.
Persone qualificate, che si attengono a tutte le regole stabilite
dalla Torah, sono chiamati kesherim. Kasherut: Vedi
kasher. Keneset ha-ghedolà - Grande Assemblea -
Quest'espressione risale all'assemblea del popolo dei tempi di Esdra e
Nehemia. Essa era formata da centoventi membri, che non solo si
affaticavano a fare rispettare la Toràh, ma fino al secondo secolo a.C.
fissarono anche le forme liturgiche più importanti. Secondo la
tradizione ebraica, Keneset ha-Ghedolàg dovrebbe essere la
continuazione di tale assemblea, praticata attraverso i secoli anche dai
rabbini. Attualmente, con l'espressione Keneset si intende
oggi l'attuale parlamento dello Stato d'Israele. Ketuvim
(lett. “scritti”): Terza parte della Bibbia ebraica comprendente gli
agiografi: Salmi, Giobbe, Proverbi, Rut, Cantico dei cantici,
Ecclesiaste (o Qohelet), Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra-Neemia,
Cronache. Il canone ebraico divide i libri dell'Antico Testamento in tre
gruppi:
-
La Torà, cioè i cinque libri di Mosè: Genesi, Esodo,
Levitico, Deutoronomio e Numeri
-
I Profeti (Nebiim) ed i
-
Ketubim, cioè i testi agiografi, dei quali fanno
parte: Ruth, Cronache, Nehemia, Ester, Giobbe, Salmi, Proverbi,
Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Lamentazioni, Daniele
Khelm Città della Polonia nella
quale gli ebrei ashkenaziti hanno vissuto per più di mille anni. Nella
tradizione ebraica occidentale a Khelm si incarna il pantheon
dell’imbecillità; è la città dei Khelmer Narunim, gli sciocchi che si
ritenevano dei saggi. Kibbud av: L’onorare il
padre. Kibbutz (Raggruppamento) Si tratta
dell’insediamento collettivo degli ebrei in Israele. Nei Kibbutz non
esiste la proprietà privata, la vita si svolge in forma comunitaria,
tutti godono gli stessi diritti e vivono dei prodotti del lavoro comune,
generalmente prodotti agricoli. I primi Kibbutz risalgono al 1909.Più
tardi si riunirono secondo le loro ideologie, formando delle
federazioni. Ancora oggi i Kibbutz rappresentano il ramo più importante
dell’economia agricola israeliana. Kiddush - Benedizione
sul vino Kippà (yiddish, yarmulka): Zucchetto.
Copricapo tipico degli ebrei, portato in sinagoga e in altri luoghi
sacri, come un cimitero, e costantemente indossato dagli
osservanti. Kippur: “Espiazione”. Vedi Yom
Kippur. Kislew: Nono mese del calendario ebraico
corrispondente al periodo lunare novembre-dicembre. Kol nidrè
(aramaico, in ebraico kol nedarim, lett. “tutti i voti”): Formula
di annullamento dei voti cantata in apertura dello Yom
Kippur. Krepl (yiddish, pl. kreplach) Sorta di
ravioli ripieni di carne, serviti in brodo. Kuti - Kutit
samaritano. Appartenente a uno di quei popoli introdotti in Eretz
Israel dagli Assiri per popolare quelle regioni restate disabitate dopo
la deportazione delle Dieci Tribù. La loro successiva conversione
all'ebraismo fu considerata dubbia, la loro osservanza dei precetti
restò parziale mentre molti usi pagani furono da loro
conservati.
Ladino: Una varietà dello spagnolo
castigliano del XV secolo con molte parole ebraiche e arabe, parlato
dagli ebrei espulsi dalla Spagna nel 1492 e tuttora usato soprattutto
nei paesi del Mediterraneo orientale. Latkes (yiddish):
Frittelle di patate che gli ebrei ashkenaziti consumano in occasione
della festa di Chanukkà. Le-chayyim (più comune
le-chaim): “Alla vita!” È il brindisi che si pronuncia mentre si
alza il bicchiere prima di bere del vino o un alcolico, l’equivalente di
“Alla salute!”. Luchòt Haberìt Le tavole della Legge, di
pietra in forma cubica. Le parole erano incise in modo tale da perforare
le tavole in tutto il loro spessore; il che rendeva possibile la lettura
delle frasi da ogni lato. Lulav: Fronda di palma
(lulav). Durante la festa di Sukkot indica l’intero mazzo
composto anche dal mirto (chadas), dal salice (‘aravà) e
dal frutto del cedro (etrog).
Magèn David - Scudo o Stella di Davide. Questo
esagramma o stella a sei punte, è formato da due triangoli equilateri,
aventi lo stesso centro, ma che sono posti in direzioni opposte.
Durante il triste periodo del regime nazista la stella di Davide fu il
segno di riconoscimento imposto agli ebrei. Appare sulla bandiera
d'Israele, come anche su molti prodotti e simboli in relazione con la
nazione d'Israele. Maftir (lett. “colui che conclude”):
Designa il lettore che conclude la lettura sinagogale della Torà
ripetendo gli ultimi tre versetti della parashà e leggendo la
relativa haftarà. Magghid Predicatore itinerante che
aveva un ruolo assai importante nel mantenimento dei legami culturali e
religiosi delle comunità ebraiche dell’Europa dell’Est. A piedi o su un
carretto, andava di shtetl in shtetl per insegnare,
predicare, raccontare, confortare; si dedicava anzitutto ai più poveri
della comunità. I sermoni del magghid erano spesso inframmezzati
da racconti e storielle improvvisate. Il magghid più celebre è il
Grande Magghid Dov Baer, discendente del Baal Shem. Mame
(yiddish , “mamma, madre”): Padrona dell’universo, appena dopo Dio
padre. “Una madre ebraica è anzitutto cento tonnellate al secondo
d’amore zuccherato, infornate a forza nella gola dell’adorato bambino”
(A. Sénik). Mameloshen (dall’ebraico lashon “lingua”):
Indica la lingua madre o lo yiddish stesso. Marrano (in
spagnolo “maiale”): È il termine spregiativo con cui i cattolici
spagnoli del XVI secolo designavano gli ebrei convertiti forzatamente
sotto l’Inquisizione e costretti al battesimo, ma che continuavano a
praticare in segreto il loro ebraismo. Spesso costoro fuggirono in altri
paesi più tolleranti, come il Nord Africa, l’Italia, il Nord America, i
Paesi Bassi, la Turchia. Mashìach: Consacrato, unto.
All’origine, nell’Antico Testamento, designava i re (gli “Unti dal
Signore”) e i sacerdoti. In seguito il termine indicò il Messia in senso
proprio, la cui apparizione sarebbe la diretta anticipazione del “mondo
a venire”. La traduzione greca è Christòs, da cui Cristo, “colui
che è unto”. Masorah Più noto nella nostra cultura con
"Masoreti". La parola significa trasmettere o tradizione.
Si tratta del nome dato ai dottori della legge, sia durante il
periodo babilonese, come più tardi anche in Palestina. Furono essi che
per regolare definitivamente la lettura della Bibbia, negli ultimi
secoli del primo millennio fissarono in forma definitiva il testo
biblico. Massèket (lett. “trama, tessuto”): In generale,
trattato, della Mishnà o del Talmud. Mazal tov
(lett. “buona stella”): Espressione di augurio. Mazzà (pl.
mazzot; yiddish, matze) È il pane azzimo, mangiato dagli
ebrei nel periodo di Pèsach, la Pasqua ebraica. Infatti, durante
questa festa non si deve consumare alcun cibo lievitato in ricordo del
pane che gli ebrei, in fuga dall’Egitto nel XIII secolo a.e.v.,
mangiarono non potendo attendere che la pasta
lievitasse. Meghillà (pl. meghillot): Rotolo. Trattato
della Mishnà che si occupa della lettura del libro di Ester
durante Purim, varie letture sinagogali per lo shabbat o
per altre festività e digiuni, e norme per la cura della sinagoga e
degli oggetti rituali. Al plurale designa i cinque libri biblici del
Cantico dei cantici, di Rut, delle Lamentazioni, di Qohelet e di Ester.
Nel linguaggio popolare, “Non farne una meghillà” significa “Risparmiami
i dettagli, vieni al sodo”. Con l’espressione Meghillot o
Megillot sono definiti in ebraico i seguenti cinque libri della Bibbia:
il libro di Ruth, il Cantico dei Cantici, il Qohèleth, le
Lamentazioni, ed il libro di Ester. Si trattava di rotoli,
quindi il loro nome deriva dalla funzione che essi prendevano nelle
feste. Essi infatti venivano presi in considerazione separati dagli
altri libri, e venivano recitati durante le grandi feste della
sinagoga.
- Nel Shavuòth (festa delle settimane) viene letto il libro
di Ruth
- Per il Pessach (la Pasqua), si legge il Cantico dei Cantici
- Per il Sukkòth, la festa delle Capanne, è di turno il
Qohèleth
- Durante il digiuno del 9 Av, si leggono le Lamentazioni (v.
Tish‘à be-av)
- Per la festa del Purim, il libro di Ester
Meil (Meilim) Tessuto con cui si avvolgono i
rotoli della Torah. Menorà: Lucerna. Si tratta del candelabro
a sette braccia, presente nel cortile del tempio, che è divenuto emblema
tradizionale dell’ebraismo e dello stato di Israele. Il candelabro fu
costruito dagl’israeliti dopo la fuga dall’Egitto, durante i primi anni
di pellegrinaggio trascorsi nel deserto. Esso era fatto d’oro massiccio
ed aveva sette bracci. Fu posto prima nel tabernacolo e poi trovò sede
nel tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone. Secondo 1. Re 7:49,
nel tempio di Salomone vi erano altri nove candelabri, che venivano
accesi ogni sera. Però nel tempio ricostruito dopo l’esilio babilonese,
vi ritroviamo un solo candelabro. Ritroviamo il candelabro anche s Roma,
scolpito sull’arco di trionfo di Tito, che aveva distrutto il tempio e
fatto preda dei suoi tesori. Meshugghe (yiddish): Matto da
legare, folle. Mezuzà: Piccolo astuccio metallico contenente
un pezzo di pergamena con passi biblici (Deuteronomio 6,4-9;
11,13-21) che, secondo l’applicazione letterale di Deuteronomio 6,9, è
fissata allo stipite destro della porta di casa, come per consacrarla e
indicare che è sotto la protezione di Dio. Con la parola Mezuzà
si indicava lo stipite della porta. Ma poi col passare degli anni,
l'espressione prese ad indicare la detta scatoletta Midot -
(Misure) Stando alla tradizione rabbinica, l'agire di Dio è regolato da
due leggi, modi o misure (midot). Esse sono la giustizia e la
misericordia. Nella sua sovranità, Dio agisce di volta in volta seguendo
questi due principi, ma essendo Egli un Dio di misericordia,
quest'ultima prevale spesso, poiché è conforme alla natura stessa di
Dio, Colui che la Bibbia definisce "il
Misericordioso". Midrash (da darash “cercare”,
“domandare”): Genere letterario che caratterizza l’instancabile attività
di indagine della parola rivelata - risultato di una ricerca, da cui poi
deriva il senso di storia. È codificata nel Tanak, e
indica sia il metodo esegetico che la produzione letteraria relativa. I
testi midrashici sono stati composti tra il II e il XV secolo e.v. e
possono essere di carattere normativo (Halachà) volto a definire
la legge e il comportamento od omiletico (haggadà) che cerca il
senso della storia attualizzandola nella narrazione. Milà:
circoncisione Vedi Berit milà Minchà La preghiera che
si recita nel pomeriggio, in corrispondenza del sacrificio pomeridiano
che si celebrava nel tempio. Miniyan: Secondo l’ebraismo
ortodosso, numero minimo di dieci maschi ebrei circoncisi e maggiorenni
(dai tredici anni d’età) perché un servizio in sinagoga abbia carattere
comunitario e non di semplice studio e commento delle Scritture.
L’eventuale presenza di donne non contribuisce al raggiungimento del
minyan. Nell’ebraismo riformato o progressista è richiesta la
presenza di almeno dieci persone (maschi o femmine non importa, anche il
rabbino può essere maschio o femmina) ebree
maggiorenni. Miqwè: Raccolta d’acqua naturale corrente
contenente al meno quaranta sea (misura di volume in uso ai tempi
della Mishna). Il bagno rituale che ogni fidanzata ebrea deve fare prima
del matrimonio, e che le donne religiose fanno al termine del periodo
mestruale e dopo aver partorito. Il miqwè è prescritto in
numerose altre occasioni, come il rito di conversione all’ebraismo, e
coinvolge anche gli uomini. Miqwè indica anche il locale in cui
si adempie al precetto. Chiamato usualmente bagno rituale in quanto
l'immersione in esso di cose e persone conferisce la purità rituale,
tahara (v. tahor, tahara) Una vasca o una piscina ripiena di
acqua attinta non costituisce un mikve. Mishnà: Dal
verbo ebraico che significa “recitare le lezioni”, “ripassare”. La
Mishnà, che è il codice della tradizione orale, è divenuta una
delle due parti del Talmud (la seconda, è la Ghemarà). La
redazione finale della Mishnà risale alla fine del II secolo e.v.
e comprende 63 trattati divisi in 6 ordini riguardanti la normativa
cultuale, i rapporti sociali, il diritto civile e penale, il matrimonio
ecc. Mishpàt giudizio. Mishpatìm comandi per i quali è
possibile trovare una spiegazione razionale. Mitnagghed (lett.
“oppositore”): Ebrei razionalisti, oppositori dei mistici e dei
chassidim. Mizwà (pl. mitzwot; lett.
“comandamento”): Precetto contenuto nella Torà, indica anche la
buona azione. Sono 613 i precetti della Tora, di cui 248 precetti
positivi, 'ase, e 365 precetti negativi, lo
ta'ase. Modè anì: “Io Ti ringrazio”, prime parole
della preghiera del mattino. Mohel: Circoncisore. Vedi
Berit milà. Moshè rabbenu (lett. “Mosè, nostro
Maestro”): Modo abituale di menzionare Mosè. Musaf: Preghiera
aggiuntiva del Sabato e delle festività. Originariamente era il
sacrificio festivo aggiunto, offerto nel Santuario secondo la
prescrizione di Numeri 28,9-15.
Nar(dal tedesco narr): Idiota,
buffone. Navì (profeta) - colui che parla a nome di un altro -
veniva anche chiamato: uomo di Dio o veggente. Nella Bibbia questo
incarico non è stato rivestito solo da uomini, infatti, nella storia
biblica troviamo Mosè, Elia, Isaia, ma leggiamo anche di Debora, Huldà
ed altre donne che furono rivestite di Spirito Santo. I profeti erano
uomini e donne di Dio, che esprimevano il loro messaggio attraverso
comunicazioni personali, predicazioni o azioni simboliche. Essi erano
alla guida del popolo d'Israele, e spinti da Dio intervenivano in ogni
questione morale, politica, religiosa, sociale o pubblica. Nazir
La parola nazir, mazireato, significa letteralmente:
consacrarsi oppure astenersi. È l'espressione che veniva usata da coloro
che volevano consacrarsi a Dio, attraverso un voto temporaneo oppure
eterno. La decisione poteva essere presa dalla persona stessa, come
anche da uno dei coniugi, oppure dai genitori stessi Le condizioni del
voto sono chiaramente definite nella Torà, e coinvolgono principalmente
l'astensione da ogni sorta di contaminazione, dal frutto della vite e
dal tagliarsi i capelli. Un esempio pratico del nazireato lo troviamo
nella vita di Sansone. Nebekh (dal cèco neboky):
Poveraccio, simile a shlemil (vedi). Nefèsh - È l'anima
più vicina al copro e lo nutre e il corpo le è unito
strettamente Ner Tamid - Luce eterna; si trova davanti
all'Aron Neshamà: Il terzo livello dell'anima. L'anima
superiore. Nevi’im: Seconda parte della Bibbia ebraica che
raccoglie i libri dei Profeti: anteriori (Giosuè, Giudici, 1 e 2
Samuele, 1 e 2 Re); posteriori (Isaia, Geremia, Ezechiele e i dodici
profeti minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc,
Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia). niglè - nistàr i due
aspetti, rivelato l'uno e segreto l'altro della Torah, che sono
complementari. Nisan: Settimo mese del calendario ebraico
corrispondente al periodo lunare marzo-aprile. Dovrebbe essere il primo mese secondo un versetto della Torah;
tuttavia nel computo tradizionale il primo mese è
tishré Nu: Intercalare yiddish,
corrispondente circa al nostro “allora...”, “andiamo
avanti...”
'Olàm mondo. Ha la stessa radice di 'elèm
occultamento Or En Sof Luce senza fine. È la
rivelazione infinita di D-o. La Luce, nella letteratura cabalistica e
chassidica è una metafora per la manifestazione dell'essenza di D-o
Oy: Una delle interiezioni preferite degli ebrei originari
dell’Europa dell’Est. Si contano non meno di trenta espressioni di
sentimenti esprimibili con lo oy: tra cui la sorpresa, la paura,
la tristezza, la gioia, l’euforia, il sollievo, l’incertezza
ecc.
Parashà (“sezione”): È la porzione
settimanale del testo della Torà letto in sinagoga durante la
celebrazione dello shabbat. Se ne completa il ciclo in un
anno. Pardès acronimo di Peshàt, Rèmez, Derush, Sod i quattro
livelli di interpretazione della Torah (letterale, allegorico, morale,
anagogico) Pe’ot (lett.
“riccioli”): Si tratta dei boccoli portati dagli ebrei ultraortodossi
secondo le istruzioni di Levitico 19,27: “Non vi taglierete in tondo i
capelli ai lati del capo, e non ti raderai i lati della
barba”. Perishaia - Farisei (aramaico) vuol dire forse:
separati, o interpreti della Toràh. Si tratta del gruppo religioso del
popolo ebraico, che impresse il suo carattere e la sua cultura sociale e
religiosa sul giudaismo ufficiale. A quanto sembra, questo gruppo
religioso che sorse probabilmente durante il periodo dei Maccabei, aveva
uno stretto legame con il gruppo dei chassidim. I farisei credevano
negli angeli, alla resurrezione dei morti e ad una futura retribuzione,
ma erano molto più ricettivi dei sadducei, nei riguardi delle idee
religiose non ebraiche, come quelle elleniche o persiane. Essi erano
caratterizzati attraverso dallo zelo per la conservazione dell’ebraismo,
attraverso l’osservanza meticolosa delle leggi
religiose. Pèsach (pronuncia yiddish Peysech): Pasqua,
la più amata fra le feste ebraiche, che commemora la liberazione di
Israele dalla schiavitù in Egitto, il cui racconto si trova nel libro
dell’Esodo. Si celebra dal 15 al 21 (22) di nisan e prevede la
consumazione di cibi non lievitati e la cena rituale del
sèder. Pilpul (da pilpel, pepe): Dibattito,
argomentazione dialettica. Si tratta di una forma assai sofisticata di
analisi e di discussione utilizzata nello studio del Talmud,
spesso così esasperata da venire osteggiata da alcuni
studiosi. Pirqè Avot: Capitoli dei padri. Trattato etico della
Mishnà contenente insegnamenti di maestri a partire dalla
rivelazione sul monte Sinai fino al ii secolo e.v. Pogrom:
termine russo che significa "distruzione"; indica le sollevazioni
popolari, con massacri e saccheggi, compiute tra il 1881 e il 1921 nella
Russia zarista contro gli ebrei; di qui il significato più generale di
"persecuzione sanguinosa di una minoranza" che la parola ha poi
assunto. Purim: Sorti, la festa che commemora la liberazione
degli ebrei di Persia dal complotto ordito contro di loro da Haman, il
primo ministro del re Assuero di Persia, nel v secolo a.e.v. ed è
narrata nel libro di Ester. Si celebra il 14 di adar. È la festa
più allegra del calendario ebraico, molto simile come spirito al
carnevale cristiano.
Qabbalà (o Cabbala): Ricezione. Designa in
particolare la tradizione mistica orale, e in seguito codificata in
forma scritta, che, a partire dal secolo XII secolo e.v. sviluppa le
tradizioni mistiche precedenti in un complesso sistema che sta anche
alla base del chassidismo. Qabbalat shabbat (pronuncia
yiddish, Kabbolas Shobbos; lett. “accoglienza del sabato”):
Cerimonia del venerdì sera che celebra l’inizio dello
shabbat. Qaddish (in aramaico “santo”): È una preghiera
che glorifica il nome di Dio, recitata alla fine dell’ufficio
sinagogale. È la più solenne e una delle più antiche preghiere ebraiche,
probabile fonte del Padre nostro. Si recita in occasione di
funerali e anniversari. Qedushà (lett. “santificazione”):
Secondo la Mishnà è la terza delle Diciotto benedizioni
quotidiane. Formula liturgica, derivata da Isaia 6,3, pronunciata
durante il culto pubblico dello shabbat e delle feste. Il
Sanctus della tradizione cristiana. Qeriat Shema‘: La
recita dello Shema‘. Qiddush (lett. “consacrazione”):
Benedizione sul vino recitata la sera del venerdì per l’inizio dello
shabbat e in altre occasioni festive. Qiddush ha-Shem:
Santificazione del nome di Dio, originariamente identificata con il
martirio accettato in alternativa all’uso della violenza o
all’apostasia, cioè alla profanazione del nome divino (chillul
ha-Shem).
Rabbi o Rav: Maestro,
rabbino. Rabbi Nachman di Brazlav (1772 - 1811): Pronipote del
Ba‘al Shem Tov (vedi), fondatore del chassidismo, e fondatore
egli stesso della dinastia chassidica che porta il suo nome. Autore di
racconti che s’iscrivono nella tradizione mistica dell’ebraismo, è
considerato uno dei massimi maestri del chassidismo. Ramban:
Acrostico di Moshè Ben Nachman (1194 - 1270) conosciuto anche come
Nachmanide. Insieme a Rashì e a Avraham Ibn Ezra (1089 - 1164) completa
il quadro dei grandi commentatori ebrei medievali. rashi Acrostico di
Rabbi Shelomò Izchaqì (1040 ca - 1105), il più autorevole commentatore
medievale della Bibbia e del Talmud. Rebbe (pronuncia
ashkenazita dell’ebraico rabbi): Il capo di una comunità
chassidica. Rèmez Il significato intimo e allusivo della
Torah. È uno dei quattro livelli di interpretazione, noti
collettivamente come Pardès Rosh ha-Shanà: Capodanno
ebraico, celebrato il primo giorno del mese di tishrì in Israele,
i primi due nella diaspora. Festa di carattere penitenziale, è
caratterizzata dal suono dello shofar. Ruach lett.
spirito. È il secondo tra i cinque livelli dell'anima: la facoltà
spirituale che vivifica gli attributi emozionali dell'uomo.
Shnorrer (yiddish): Accattone,
scroccone. Sèder (lett. “ordine”): L’ordine delle cerimonie e
delle azioni che si svolgono durante la cena pasquale (per estensione
indica anche la cena stessa nel suo insieme) celebrata la prima sera di
Pèsach in Israele, nella diaspora anche la seconda. Significa
„ordine" ed è la cena particolare con la quale si dà inizio alle
festività della "Pèssach", la Pasqua ebraica. Scopo di tutti i riti del
sèder è quello di mantenere vivo nel cuore degli ebrei l'Esodo
dall'Egitto. Sefardita (da Sefarad, “Spagna”):
Spagnolo. Designa gli ebrei spagnoli e portoghesi e i loro discendenti
presenti in molti paesi della diaspora. Sefer Yetzirà Libro
della Formazione. Forse il più antico dei testi di Cabalà. Si tratta di
una serie di paragrafi molto concisi, riguardanti le corrispondenze tra
le varieSefirot (non ancora menzionate coi loro nomi), le lettere
dell'Alef Beit ebraico, e i vari settori della creazione, sia fisici che
spirituali. Il suo studio è alla base degli insegnamenti forniti dalla
nostra scuola. Sèfer Torà (pronuncia yiddish, Seyfer
Torà): Libro della Torà. Sefirà - Sefiròt
Attibuti Divini, emanazioni o manifestazioni. Ci sono dieci sefiròt
divise in due categorie: sèchel, intelletto e middot,
emozioni. Esse sono la fonte e il parallelo dei dieci poteri dell'anima
umana. Proprio come l'uomo rivela se stesso, il suo carattere, la sua
natura, attraverso i suoi attributi o meglio tramite ciò che li riveste
- pensieri, parole e atti - ugualmente D-o rivela se stesso attraverso i
suoi attributi, che sono le Sefiròt. Ketèr Corona. Si
tratta del livello che trascende i mondi ed è Corona delle
Sefirot Si ideintifica con il Volere Supremo ed è ciò che
unisce e collega e D-o. Chochmà saggezza, la prima tra le
Sefirot. Chessed misericordia. Indica la
Sefirà che si applica con amore e consente di dare al
prossimo Binà intelletto. Uno dei poteri intellettuali
primari. Ghevurà forza. Indica la Sefirà che si
applica con la forza del severo giudizio. Tifèret
Bellezza. Attributo cui si perviene tramite l'armonia e la
verità Nètzach Eternità. Collegata direttamente con il
Fondamento, indica la Sefirà a cui si uniscono, come
attributi la vittoria e il dominio. Hod Gloria
Collegata direttamente con il Fondamento, indica la
Sefirà dello splendore e dell'empatia. Yessòd
Fondamento la Sefirà più prossima a Malchùt. È come
un canale che le precedenti devono passare per approssimarsi alla
Presenza Divina. È il principio che include ogni cosa congiungendo cieli
e terra e rendendo possibile il manifestarsi di tutte le
emanazioni delle Sefirot: è il fondamento del creato. Malchùt
Regno, sovranità. È la decima tra le Sefirot o
Attributi Divini. Viene anche chiamata la "Parola di D-o" che crea e
vivifica ogni esistenza. È lo strumento attraverso il quale il piano
creativo originario di tramutò da potenza in atto in realtà manifesta. È
la fonte della luce dell'En Sof che si espande ed illumina ogni
entità individuale nel mondo e che finisce per identificarsi, dunque,
con la Shechinà, la Presenza Divina. Semikhà (lett.
“imposizione [delle mani]”): Rito di ordinazione rabbinica a conclusione
del ciclo di studi. Shabbat (yiddish, shobbos,
shabbos, shabbes): Sabato. Giorno di riposo in memoria del
settimo giorno della creazione, in cui Dio stesso si riposò. Inizia il
venerdì sera appena prima del tramonto del sole e termina il sabato
sera, con l’apparizione della prima stella nel cielo. Durante questo
intervallo di tempo l’ebreo praticante deve abbandonare tutte le sue
occupazioni abituali per non pensare che a Dio. Tra i divieti dello
shabbat (la legislazione rabbinica ne indica 39) si contano la
cucina, il lavoro manuale, i viaggi, la scrittura, la transazione di
denaro, il trasporto di oggetti all’esterno ecc. Parte della
celebrazione è il Qiddush, la benedizione recitata sul vino e sul pane,
all'inizio dei primi due dei tre pranzi festivi del
Shabbat. Shabbat Bereshit (lett. “sabato del Genesi”): Il
sabato successivo a Simchat Torà in cui riprende il ciclo di
lettura annuale della Torà. Shacharit: Preghiera
mattutina che comprende, tra le altre preghiere, la recita dello
Shema‘. Shadday: Convenzionalmente “Onnipotente”, uno
dei nomi di Dio. Shadkhan (yiddish shadkhen): Mediatore
matrimoniale. Dato che i matrimoni ebraici tradizionali erano, nella
maggioranza dei casi, mediati dai capofamiglia, lo shadkhan aveva
un ruolo fondamentale come intermediario nella vita ebraica tradizionale
di un tempo. Shalom ‘Alekhem: “La pace su di voi”. Saluto
tradizionale ebraico. Nella pronuncia yiddish (Sholem Aleichem) è
il nome d’arte di Shalom Rabinovitch (Perejaslav, Ucraina, 1859 - New
York 1916), il più celebre autore in lingua yiddish. Shalom
bayt: Pace della casa, pace domestica. Shammash (pronuncia
yiddish shames; “servitore”): Lo scaccino, il tuttofare della
sinagoga. Shavu‘ot: “Settimane”. Festività primaverile che in
origine celebrava le primizie e la mietitura. Cade sette settimane dopo
Pèsach (il 6 di siwan, anche il 7 nella diaspora) e
commemora il giorno in cui venne data la Torà al popolo
ebraico. Shechità: Macellazione rituale secondo le norme
previste dalla kasherut (vedi kasher). Shekhinà:
La Gloria divina nel suo aspetto immanente, la Divina presenza che ai
tempi del primo Santuario risiedeva nel Santo dei Santi e che poi
segue Israele ovunque, anche nell’esilio. Nella mistica ebraica indica
anche il lato femminile di Dio. Sheloshim: I primi trenta
giorni di lutto che fanno seguito ai primi sette di lutto stretto,
Shiv‘à, durante i quali ci si astiene dal taglio dei capelli e
della barba, dall’indossare abiti nuovi ecc. Shema‘ Yisra’el.
adonay elohenu, adonay echad: La prime parole dell'espressione di
fede ebraica formata da tre sezioni bibliche (Deuteronomio 6,4-9;
11,13-21; Numeri 15,37-41) e che inizia con le parole: “Shema‘
Yisra’el... Ascolta Israele. Il Signore Dio nostro, il Signore è
uno”. Si recita due volte al giorno, mentre il primo versetto
rappresenta l’ultima preghiera prima di addormentarsi e in punto di
morte. Continua poi con le seguenti parole in Deutoronomio 6,4:
"...il Signore è il nostro Dio, il Signore è l'Unico..." Questo
verso, insieme ad altri in (Deutoronomio 6:5-9), sono diventati la
preghiera per eccellenza del popolo ebraico, attraverso la quale viene
messa in rilievo l'esortazione di dedicarsi a Dio e di consacrare a Lui
la vita quotidiana. Un popolo di sacerdoti... Sheminì
‘azèret: Festa dell’adunanza a chiusura delle celebrazioni
autunnali, celebrata il 22 di tishrì. Nella diaspora rappresenta
l’ottavo giorno di Sukkot. Shevat: Undicesimo mese del
calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
gennaio-febbraio. Shiksa: Ragazza non ebrea. Shiv‘à:
Il periodo di sette giorni di lutto stretto che si osserva in casa del
defunto, durante il quale gli amici vanno a trovare e confortano i
parenti, i quali siedono scalzi su bassi sgabelli. Shlemiel
(yiddish). “Uno shlemiel”, dice la tradizione orale, “è uno che
cade di schiena e si graffia il naso”. È lo sciocco, l’idiota del
villaggio, lo stupido tradizionale. Shmaltz (yiddish, dal
tedesco schmalz, “grasso”, “materia grassa”): Presso gli ebrei
dell’Europa dell’Est lo shmaltz, fatto con il grasso d’oca,
sostituiva il burro sulle tartine. Ma, su un altro registro,
shmaltz è soprattutto l’espressione consacrata del pathos,
di una sentimentalità esagerata, di un discorso lacrimoso, un’emozione
facile, una banalità insulsa che appesta ormai anche il mondo non
ebraico. Shoà: Termine di origine biblica che indica
annientamento, una catastrofe improvvisa, individuale o collettiva,
causata dall’ira di Dio o dalla ferocia di un nemico. Con esso si
designa oggi la persecuzione e lo sterminio degli ebrei scatenata in
Europa soprattutto dai nazisti di Hitler dalla fine degli anni Trenta e
per tutto il periodo della seconda guerra mondiale, e culminata con
l’annientamento di circa sei milioni di persone nei numerosi campi di
sterminio situati principalmente in Germania e in Polonia. Nel mondo di
lingua inglese si utilizza di preferenza il termine
Holocaust. Shochèt: Macellaio rituale che esegue la
macellazione degli animali secondo le norme della shechità, che
consistono essenzialmente nell’evitare la sofferenza all’animale e nel
dissanguarlo completamente. Shofar: Corno di montone o
stambecco. Secondo la tradizione il suono dello shofar ricorda il
sacrificio di Abramo (chiamato da Dio a immolare il figlio Isacco,
sostituito all’ultimo istante da un ariete - Genesi 22,1-18) e annuncerà
l’arrivo del Messia. Usato in alcune festività religiose (Rosh
Ha-Shanà, Kippur) viene oggi impiegato in Israele anche per
avvenimenti particolarmente solenni della vita
civile. Shofetìm (Giudici) Con il nome "giudici"
la Bibbia cita le persone che durante il periodo che va da Giosuè ai Re
(dal 1200 al 1025 a.C.), si opposero all’idolatria che dilagava tra il
popolo, incoraggiandolo a servire solo Dio. Shofetìm è anche il
titolo dell’omonimo libro dei Giudici, nel quale essi sono citati in
ordine cronologico. L’ultimo giudice fu il profeta
Samuele Shul (yiddish, lett. “scuola”):
Sinagoga. Shulchan ‘arukh (lett. “tavola apparecchiata”):
Codificazione di tutto il giure ebraico nei suoi più svariati aspetti.
Opera del talmudista Joseph Caro (Toledo 1485 - Safed
1575). Shtetl (yiddish, pl. shtetlakh): Diminutivo dal
tedesco stadt, “città”. Cittadina, villaggio, specificamente
delle comunità ebraiche dell’Europa orientale. Siddur
(“ordine”): Nel mondo di tradizione ashkenazita è il libro di preghiere
che contiene la liturgia quotidiana e quella dello shabbat. Nel
mondo sefardita tale formulario è detto tefillà. Sidrah
(lett. “ordine”, “sezione”, pl. sedarot): Sezione della
Torà per la lettura liturgica settimanale (sinonimo di
parashà). La Torà è suddivisa in 54
sedarot. Simchat Torà (lett. “gioia della
Torà”): Festa a conclusione del ciclo annuale di lettura della
Torà, celebrata il 22 di tishrì (il 23 nella diaspora).
Durante la celebrazione in sinagoga i fedeli portano in processione i
rotoli della Torà girando sette volte intorno alla
bimà. Sionismo: il movimento politico-religioso inteso
a ricostituire in Palestina una sede nazionale ebraica che offrisse agli
ebrei dispersi nel mondo una patria comune (praticamente esauritosi con
la proclamazione dello Stato di Israele, avvenuta il 15 maggio
1948). Sitrà achrà (aramaico): L’Altra Parte (di Dio), la
parte sinistra, cioè il potere demoniaco, satanico. Siwan
Terzo mese del calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
maggio-giugno. Soferim (scribi) Prima dell'esilio, con la
parola „scriba" era inteso una specie di funzionario di corte,
che sbrigava la corrispondenza e la contabilità reale. Più tardi, gli
„soferim" si specializzarono nella trascrizione della Torà, che
effettuavano in maniera molto peculiare. Conoscevano tanto bene gli
scritti sacri, che più tardi fu loro dato il nome di "dottori della
legge". Ad essi risalgono alcune scuole, nelle quali si apprendevano a
memoria la Torà ed altre parti delle Sacre Scritture. Sukkà
(pl. sukkot): Capanna. Indica anche il trattato della
Mishnà che riguarda la festa di Sukkot. Sukkot
(lett. “capanne”): Festa che segue di cinque giorni lo Yom
Kippur, dura dal 15 al 22 di tishrì, e si conclude con
Simchat Torà. È prescritta la costruzione all’aperto di una
capanna di frasche in cui consumare i pasti e pregare in memoria della
permanenza del popolo di Israele nel deserto durante l’esodo
dall’Egitto. Festa originariamente agricola, per la vendemmia e la
raccolta dei frutti. In questa circostanza si utilizza il lulav,
mazzo di frasche diverse, durante il culto e si legge Qohelet.
Tahor, Tahara - L'halacha stabilisce dei criteri
di purità rituale. Chi risponde a questi criteri viene definito
tahor, lo stato di purità rituale è detto tahara. Chi non
risponde a questi criteri viene definito tame, in stato di
tuma. Tallit (pronuncia italiana, talled): Manto
bianco spesso orlato di strisce nere o blu e con le frange rituali ai
quattro angoli secondo il dettato di Numeri 15,37-41, indossato dagli
uomini durante la preghiera del mattino. Gli osservanti ne portano
costantemente uno più piccolo (tallit qatan) sotto gli
abiti.
Ai quattro
angoli del Tallit ci sono le frange o Tzitzit (vedi) Talmid chakham Discepolo di un saggio o, nella
tradizione rabbinica, il saggio stesso. Il talmid chakham
rappresenta l’uomo ideale dell’ebraismo, colui che si situa alla sommità
della scala gerarchica ebraica della stima. Talmud (lett.
“studio”): Riunisce la Mishnà e la Ghemarà e raccoglie
l’insieme delle discussioni rabbiniche risalenti al periodo tra il IV e
il VI secolo e.v. Ne esistono due redazioni: una più ampia e autorevole,
Babilonese (che raccoglie oltre a materiale giuridico e normativo, anche
leggende, vite di maestri, preghiere, detti, midrash ecc.); e una
più breve, Palestinese o di Gerusalemme. Tammuz: Quarto mese
del calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
giugno-luglio. Tanakh: Acrostico che indica l’insieme delle
tre parti (i 24 libri sacri) della Bibbia ebraica. Ta.Nà.Kh, è la
parola composta dalle iniziali di queste tre parti. La Bibbia, o
Scrittura, (Mikrà) si divide in tre parti principali: il
Pentateuco (Torà), i Profeti (Neviìm), gli Agiografi
(Ketuvìm). La Torah è formata da 5 libri e per questo essa è
anche chiamata Pentateuco. Fu scritta da Mosè su ispirazione divina e
contiene le leggi del popolo ebraico e la sua storia fino alla morte di
Mosè. I 5 libri sono: Genesi (Bereshìth); Esodo (Shemòth);
Levitico (Vaikrà); Numeri (Bemidbàr); Deuteronomio
(Devarìm). Tanna - Tannaim: I Tannaim sono gli
studiosi della Mishna, come gli Amoraim sono gli studiosi del
Talmud. Targum lett. Traduzione, Il termine si riferisce alla
traduzione ufficiale e autorizzata del Chumàsh dall'ebraico
all'aramaico che fu completata tra il I e il II secolo e.v. Viene anche
chiamata Targum Onqelos, dal nome del proselita romano a cui
viene attribuita l'opera. Taref: Indica tutto ciò che non è
kasher. Tate, tatele, tatechi (yiddish): Papà, babbo. Cfr.
Mame. Tefillàh: Vedi siddur. Nella tefillàh
(preghiera) gli ebrei (e non solo loro) si rivolgono a Dio, comunicano
con Lui parlando ad alta voce, comunicandogli i bisogni le gioie ed i
dolori. Nella cultura religiosa ebraica ci sono dei momenti particolari
della giornata, nei quali il popolo deve rivolgersi a Dio in preghiera:
la mattina, il pomeriggio e la sera. Per la preghiera gli uomini
facevano e fanno ancora oggi uso dei tefillin Tefillin:
Filatteri. Piccoli astucci di cuoio contenenti quattro brani biblici
(Esodo 13,1-10 e 13,11-16; Deuteronomio 6,4-9 e 6,13-21) scritti su
pergamena, che vengono legate sul braccio sinistro e sulla fronte
dell’ebreo maschio adulto (dai tredici anni) durante la preghiera dei
giorni feriali, secondo un’interpretazione letterale di Deuteronomio
6,8. I teffilim sono usati durante i periodi di preghiera. La pelle deve
assolutamente provenire da animali ritualmente puri Tehillìm
(lett. lodi): Salmi Il testo raccoglie 150 canti liturgici,
composti in epoche diverse da dieci autori. Teshuvà
(pentimento e ritorno a D-o) costituisce il tema principale del
libro di Giona e quello del digiuno di Kippùr (il giorno
dell’espiazione). Per questa ragione la storia di Giona viene letta come
haftarà nella funzione pomeridiana di Minchà. La parola è
generalmente tradotta « pentimento » ma « ritorno » è preferibile,
dipingendo l'anima che torna indietro al D-o accogliente dal quale aveva
deviato. Tevà: Vedi bimà. Tevet Quarto
mese del calendario ebraico corrispondente al periodo lunare
dicembre-gennaio. Tikkùn - tikkunìm Lett: riparazione,
correzione. Concetto mistico
che indica la restaurazione dell’originario ordine cosmico. Rituali
che si leggono in particolari ricorrenze, quali Shavu'ot, il
settimo giorno di Péssach e il settimo di Sukkòt. Il
termine designa anche alcune parti dello Zohar Tish‘à
be-av (lett. “nove di av”): Giorno di digiuno in commemorazione
delle distruzioni del primo e del secondo tempio di Gerusalemme,
avvenute l’una nel 587-586 a.e.v. e l’altra nel 70 e.v., Esso ricorre
nel nono giorno del mese di AV. Questo è un giorno di particolare
digiuno. Si comincia a digiunare già al tramonto dell'otto di Av (la
vigilia), e nella sinagoga viene letto il testo del libro delle
"Lamentazioni". Questo particolare evento viene ricordato regolarmente
dagli ebrei. Durante gli ultimi decenni gli ebrei si recano a pregare
presso il muro del pianto. Tishrì: Primo mese del calendario
ebraico corrispondente al periodo lunare settembre-ottobre. Secondo la
tradizione rabbinica il primo giorno di questo mese fu creato
Adàm, il primo uomo. Torah (lett. “insegnamento”,
“legge”): È la legge data da Dio a Mosè sul monte Sinai. La Torà
scritta consiste nei primi cinque libri della Bibbia (Pentateuco):
Bereshìt (in principio) Genesi; Shemòt lett.
Nomi Esodo; Vayikrà e [D-o] chiamò Levitico;
Bemidbar lett. nel deserto Numeri; Debarim lett.
parole Deuteronomio. La Torà orale è la tradizione dei
maestri raccolta nelle opere della letteratura rabbinica e mai conclusa.
Si può studiare la torah a quattro livelli, detti collettivamente
Pardès. Secondo il significato letterale: Peshàt; secondo
il significato intimo e allusivo: Rèmez; secondo le spiegazioni
allegoriche, omiletiche o esegetiche: derùsh; penetrando il
significato più profondo e nascosto: Sod. Tosafot
(pronuncia yiddish, tosefos; lett. “aggiunte”) Glosse marginali
di commento al testo talmudico di Rashì a opera dei suoi
discepoli. Tzaddiq (lett. “giusto”, pl. tzaddiqim):
Nella tradizione chassidica indica il maestro, la guida spirituale di
una cerchia di chassidim di un determinato luogo, per esempio il Gerer,
cioè il rabbi di Ger; il Lubavitcher, cioè il rabbi di
Lubavitch. Tzitzit: Fiocco o frangia che, secondo il comando
di Numeri 15,37-41, si porta attaccato ai quattro angoli del
tallit o a uno scapolare (tallit qatan). Queste lunghe frange sono fatte con la seta, con il lino o la
lana se il Tallit è di lino o di lana. Sono quattro fili doppi e
annodati, uno è azzurro o viola; ricordano le quattro lettere del Nome
Santo di Dio, il sacro tetragramma:
Ukatzìn impurità dei vegetali
Vayikrà e [D-o] chiamò Levitico. Il
libro del Pentateuco dal contenuto prettamente legislativo
Yah Ribbon ‘Olam (pronuncia yiddish Yoh
Ribbon Olom) “Signore, padrone dell’universo”; inizio di un inno
sabbatico composto da Isra’el ben Mosheh Najara. Yarmulka Vedi
kippà. Yechidà Il quinto e più alto livello dell'anima,
che si eleva unico rispetto agli altri Yeshivà: Scuola di
studi talmudici; accademia rabbinica. Yeshivot - centri spirituali per
la formazione teologica di maestri e rabbini. La storia ebraica ha
sempre avuto simili scuole o centri, ed il loro numero è stato sempre
rilevante. Attualmente esistono yeshivot (plurale) in tutte le
grandi città del mondo, che ospitano comunità ebraiche. Anche
Gerusalemme attraversa ancora oggi fasi, nelle quali viene molto
discusso sull'apertura di nuove yeshivot, cosa non molto gradita
agli abitanti di altre confessioni. Yid (yiddish): Ebreo. Un
uomo, è sottinteso, nel vero senso del termine. Yiddish:
Lingua parlata dalla maggioranza degli ebrei ashkenaziti (di origine
tedesca). Nel suo stadio più antico è una varietà del Mittelhochdeutsch,
con elementi lessicali ebraici, slavi e neolatini e viene scritto in
caratteri ebraici. Yiddishkeit: Lo spirito yiddish.
Tutto ciò che ha a che fare con lo yiddish (cfr. il suffisso tedesco
-keit che designa i sostantivi astratti, in italiano yiddishità,
se così si può dire), che ne deriva, che ne fa parte
integrante. Yom ha-‘Atzma’ut: Festa celebrata il giorno 5 del
mese di iyyar che commemora l’indipendenza dello stato d’Israele
proclamata il 14 maggio 1948 e definita dal rabbinato festa
religiosa. Yom Kippur (lett. “giorno dell’espiazione”): Giorno
di digiuno e di preghiera per la espiazione e il perdono delle colpe,
celebrato il 10 del mese di tishrì. In questa sola occasione il
sommo sacerdote nel tempio pronunciava il nome di Dio all’interno del
Santo dei santi. Attualmente in sinagoga la celebrazione prevede una
solenne confessione dei peccati e il suono dello
shofar. Yom tov: Giorno di festa.
Zaftig (yiddish): Detto di donna dalla
corporatura formosa. Zemirà (pl. zemirot): Inni, canti,
che si recitano durante i pasti dello shabbat. Ziòn Una
delle colline di Gerusalemme e, per estensione, Gerusalemme intera e la
terra promessa. Zòhar: Splendore. Opera principale della
Qabbalà, scritta in aramaico. Considerata dai mistici ebrei un
libro sacro e attribuita tradizionalmente a rabbi Shimon Ben Jochay (II
secolo e.v.), è probabilmente opera di Moshè de Leon (XIII secolo).
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