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Una conoscenza più rispettosa ed adeguata del patrimonio comune a cristiani ed ebrei "può aiutare a comprendere meglio alcuni aspetti della vita della Chiesa". Questa affermazione dei "Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei e dell'ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica" del 1985 (1,3) vale anche per il Giubileo dell'Anno 2000 indetto da Papa Giovanni Paolo II come "Il Grande Giubileo" (Tertio millennio adveniente, 16) per ricordare i duemila anni dalla nascita di Gesù che i Cristiani riconoscono come il loro Signore e Messia. Il giubileo così inteso riguarda solo i cristiani di tradizione romana. Tuttavia esso si innesta sul "giubileo ebraico" di cui testimoniano sia la Torah scritta che la Torah orale, E come la Torah orale, attraverso la tradizione rabbinica, ha sviluppato i dati della Torah scritta, adattandoli alle situazioni nuove, così la pratica cristiana dei giubilei "ha inizio nell'Antico Testamento e ritrova la sua continuazione nella storia della Chiesa" (Tertio Millennio Adveniente, 11). Nel presente documento vengono sottolineati alcuni aspetti del giubileo biblico e, successivamente, il loro sviluppo nella tradizione ebraica e nella tradizione cristiana.
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Ci sono anche altri testi dell'anno sabbatico (ad es. Esodo 23, 10s e Neemia 10, 32) che, di questa istituzione, mettono in luce soprattutto l'aspetto sociale. Di qui il triplice imperativo dell'anno giubilare: la restituzione delle terre, il condono dei debiti e la liberazione degli schiavi; in una parola si doveva tornare a vivere come fratelli. Questa è la condizione per "abitare la terra" (Levitico 25,18). Diversamente le ingiustizie, le divisioni e le lotte la rendono inabitabile, e la sorte dell'uomo è l'esilio Nella teologia dell'anno giubilare si concentra una molteplicità di temi biblici e spirituali che da sempre hanno alimentato e continuano ad alimentare la vita del popolo ebraico. Tra i più importanti di questi aspetti sono da ricordare i seguenti:
IL GIUBILEO NELLA TRADIZIONE EBRAICA Dall'epoca postbiblica in poi, la tradizione rabbinica ha ripreso e discusso le leggi riguardanti l'anno sabbatico e l'anno giubilare ma, ritenendole un tutt'uno, le ha pensate attuabili non fuori bensì solo nella terra d'Israele. Le istanze etiche e sociali sottostanti ad esse sono rimaste però fondamentali per l'ebraismo della diaspora. Nella terra d'Israele si è continuato ad osservare l'anno sabbatico, ma, per la situazione politica e le difficoltà concrete, i rabbini ne hanno semplificato le norme, considerandole di origine non biblica ma talmudica. Nell'ultimo secolo, da quando gli ebrei hanno ripreso a lavorare la terra, si è tornati di nuovo alla pratica dell'anno sabbatico, anche se solo da parte di una piccola minoranza. Per quanto riguarda l'anno giubilare si discute se, dall'epoca del Secondo Tempio in poi, sia stato mai osservato. La tradizione neotestamentaria sembra riconoscere e accogliere la pratica del giubileo ebraico e vede realizzati di suoi contenuti nelle "parole" e nelle "opere" di Gesù che si presenta come Colui che porta a compimento l'antico Giubileo, essendo venuto a predicare l'anno di grazia del Signore (Isaia). Egli, entrando un giorno nella Sinagoga di Nazareth e richiesto di commentare il brano della Torah che era stato appena proclamato, riferisce a sé le parole di Isaia, presentandosi come l'inviato da Dio nel quale l'ideale giubilare comincia a concretizzarsi: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia nel Signore" (Luca 4, 18-19). Nel corso del primo millennio, non ci sono tracce, nella chiesa, di pratica giubilare. Il giubileo così come oggi è celebrato risale a Bonifacio VIII nel 1300 e fu incentrato soprattutto intorno alla pratica del pellegrinaggio con cui i cristiani - i cosiddetti romei - si recavano a Roma per visitare la tomba degli apostoli e invocare il perdono dei peccati. Il pellegrinaggio è metafora del vero "cammino dell'uomo", per sua natura viator, in cerca di se stesso, del suo 'dove', della sua casa, che non sempre è dove egli si trova con il corpo, ma dove il desiderio del suo cuore lo attrae e lo conduce. Possiamo dire che, per analogia, nella Chiesa Cattolica è detto
Giubileo l'Anno Santo istituito da Bonifacio VIII con cadenza secolare. Clemente VI
stabilì che il Giubileo si celebrasse ogni 50 anni a partire dal 1350. Nel 1470 Paolo II
decretò infine che l'Anno Santo ordinario cadesse ogni 25 anni. I Giubilei sinora
celebrati sono stati 120: 25 ordinari e 95 straordinari. Quello del Duemila sarà il
ventiseiesimo ordinario. Dal 1300 il poi questa pratica si è ripetuta con regolarità più o
meno costante, differenziandosi e distanziandosi dalla concezione ebraica e privilegiando
gli aspetti delle "indulgenze" e del pellegrinaggio. Tra tutti quelli del
passato, il "Grande Giubileo" dell'anno 2000 indetto da Giovanni Paolo II
riveste particolare importanza, soprattutto per la volontà di conversione e autocritica
con cui la chiesa cattolica si prepara a celebrarlo: "Essa non può varcare la
soglia del nuovo millennio senza spingere i suoi figli a purificarsi, nel pentimento, da
errori, infedeltà, incoerenze, ritardi" (Tertio Millennio Adveniente, 33). Purtroppo viviamo in una temperie ecclesiale che sembra aver perso le giuste coordinate perché ricorre il refrain della Misericordia sganciata dalla Giustizia. Dichiara Bergoglio (in un'omelia del 15 marzo 2015):
Ma va chiarito. L'amore di Gesù va oltre la giustizia, come assunto è vero. Perché mentre eravamo peccatori, è morto per noi, per salvarci.
Ma dopo averLo incontrato, accolto, accettata in noi la Sua opera di Redenzione, siamo chiamati a camminare nella Giustizia (secondo le dottrine divine). Non sono opposte Misericordia e Giustizia.
C'è dunque un prima e un dopo nella vita del credente. Ma non esiste che Dio non chiederà conto sia ora sia al Giudizio finale del nostro operato. Infatti lo Stesso che oggi è Salvatore, affinché ci ravvediamo, domani, dopo averci concesso un tempo per ravvederci, crescere nella fede, santificarci e portare frutto, sarà Giudice. E avremo sempre bisogno del Suo Amore e della Sua Misericordia senza aver presunzione di salvarci per chissà quali meriti propri, questo rimane vero; ma dobbiamo pur far di tutto con l'aiuto di Grazia, Sacramenti e opera dello Spirito Santo nei cuori per uscire dalla vita vecchia di peccato, e mettere a frutto la misericordia ricevuta con una vita santificata. Piovono bordate fin dal Trono più alto sull’"atteggiamento così diffuso tra i dottori della legge, tra certi uomini di religione. Quelli di duemila anni fa e quelli di oggi", tornano le allusioni ai farisei riferite a chi oggi difende la dottrina a l'aggancio della pressi alla verità. Ma il problema dei farisei non era essere attaccati alle discipline, ma di averne inventate altre diverse da quelle loro comandate: "Invano mi rendono un culto che è un precetto di uomini"; Gesù nei Vangeli cita Isaia, non per condannare la disciplina sacra, ma la falsificazione della dottrina. Ricordo anche due passi che non negano la Misericordia di Dio, ma fanno luce sulla parte più ingannevole del cuore umano che suppone sempre di ricevere Misericordia comunque all'infinito, anche se calpesta il Sacrificio più grande e se si rende colpevole di tradimenti reiterati con leggerezza, e senza impetrare l'assistenza della grazia per esserne preservato.
La Misericordia, insomma, non si dà sempre e comunque, specie se non c'è vero ravvedimento. La Misericordia, inoltre, è in funzione della santificazione, non è liceità a far come ci pare in eterno, convinti che Dio ci perdona all'infinito. Mi auguro che prima o poi nell'età attuale qualcuno ancora abbia gli attributi per farlo presente, ne va della rovina di milioni di anime. Data la comune radice biblica dell'anno giubilare, è auspicabile che,
come cristiani ed ebrei, nonostante le profonde differenze nel modo di intenderlo,
collaboriamo insieme in vista di un mondo più giusto. Pertanto, anche se si tratta di una
iniziativa cristiana della Chiesa romana, la celebrazione del giubileo può essere
arricchita dalla presenza dei fratelli ebrei invitati a parteciparvi come ospiti
privilegiati, insieme ai rappresentanti delle altre religioni. Ci si potrà interrogare e
confrontare su temi di comune interesse per la fede in Dio e la salvezza degli esseri
umani.
A tutte queste domande i cristiani hanno "la risposta":
accogliere la Redenzione già operata al Signore che è l'unico Atto
divino-umano capace di rimuovere le radici di ogni ingiustizia. Inoltre,
recuperando il rapporto autentico col Creatore, tutti gli ambiti del
nostro essere nel mondo si articolano di conseguenza.
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Fonti:
SIDIC (Service
International Documentation Judeo-Chretienne) - Aggiornamenti a cura di Maria Guarini |