Uno dei punti di riferimento più importanti nel dialogo interreligioso
tra Chiesa cattolica e Comunità ebraica è costituito dalla centralità
nelle due fedi della figura del patriarca Abramo.
Senza dubbio ciò è dovuto in primo luogo al fatto che nella Scrittura
Abramo viene considerato come padre di una moltitudine di gente colui cioè
che sentì su di sé e sulla propria discendenza il significato di un
certo messaggio e la missione di condurre con amore e benevolenza tutte le
genti verso la protezione delle ali della divina Provvidenza.
Questa propensione al significato universale della figura di Abramo, è
messa in evidenza da un'ulteriore considerazione. Secondo il testo
biblico, Abramo ebbe tre mogli: Sara, Hagar e Kenturà, da ognuna delle
quali ebbe dei figli. Gli esegeti del Midrash mettono in evidenza
l'origine diversa di ciascuna delle mogli: Sara sarebbe discendente di
Sem, Hagar, l'egiziana, di Cam, mentre Kenturà di Jafet, da cui
discenderebbe la stirpe indoeuropea. Dato che secondo la Bibbia, i figli
di Noè costituirebbero i capostipiti del genere umano, Abramo sarebbe,
dal punto di vista genealogico, capostipite di una discendenza universale.
Ma per ebrei Abramo costituisce innanzi tutto il patriarca del popolo
ebraico, colui che lascia la proprio patria per poter portare avanti in
maniera autonoma e senza influenze spurie l'intuizione di un Dio unico,
trascendente e provvidenziale, creatore di ogni realtà. In risposta a
questa obbedienza Dio gli promise che da lui sarebbe discesa una nuova
nazione, la quale avrebbe recato una qualità spirituale al mondo del
tutto speciale. La promessa di Dio ad Abramo appartiene all'intera umanità.
Nella Scrittura interviene, però, un patto tra Dio e Abramo, che serve a
definire la relazione particolare esistente tra Dio e la sua discendenza.
Dio dovrà essere considerato come divinità specifica del popolo ebraico,
mentre la discendenza dovrà tenere fede al patto particolare stipulato
con Dio. In questa occasione, momento cruciale del futuro popolo
d'Israele, la terra d'Israele viene promessa ai discendenti del Patriarca.
Nelle figura di Abramo, così come viene presentata nel libro della
Genesi, si fondono insieme due valenze: il carattere universale da una
parte e quello nazionale dall'altra. Nella teologia ebraica la stretta
correlazione tra queste due valenze è la prospettiva fondamentale della
storia dell'umanità.
Caratteristica della figura di Abramo, è quella di essere, a differenza
di Isacco e di Giacobbe, il simbolo della virtù del hesed, dell'amore e
dell'altruismo verso il proprio prossimo.
Dall'esame delle storie bibliche riguardanti Abramo, i Maestri ebrei con
perspicacia midrascica hanno trovato diversi esempi di hesed da parte di
Abramo, che viene intesa addirittura come forma di imitatio dei. Per
esempio, la Scrittura racconta che la divinità apparve ad Abramo presso i
querceti di Mamrè senza spiegare il motivo di tale apparizione. Rabbì
Ammà bar Hanina insegna che Dio apparve ad Abramo allo scopo di fare
visita al malato. Da poco, infatti, Abramo si era sottoposto alla
circoncisione. Ad un certo punto però, continua la Scrittura, Abramo
interruppe la comunione con la divinità per andare incontro a tre
viandanti sconosciuti che provenivano dal deserto. Proprio come Dio eseguì
un atto di amore nel visitare "il malato" Abramo, così questi
interruppe la comunione con Dio e corse, nonostante la sua convalescenza,
incontro ai viandanti, per offrire a loro ospitalità. Abramo preferì
offrire agli essere umani un atto di amore piuttosto che riceverne uno da
parte di Dio.
La lezione che emerge da questa esegesi midrascica è chiara: la imitatio
dei deve avere l'assoluta precedenza, addirittura sul godimento della
rivelazione divina. Insomma l'etica viene prima del misticismo e - come
afferma il Talmud - il sentimento di ospitalità ha la precedenza
sull'accoglimento della Presenza divina.
La vera religiosità trova espressione in atti di benevolenza e di
altruismo che costituiscono l'espressione più alta della conoscenza di
Dio da parte dell'uomo.
Non soltanto Abramo ha compiuto atti di hesed, ma ha impegnato i suoi
discendenti a compiere tali atti, come afferma la Scrittura: "Io lo
prediligo affinché raccomandi ai suoi figli ed alla sua progenie a
venire, di osservare la via del Signore operando carità e
giustizia".
Abramo è presentato nella scrittura come il prototipo dell'uomo di fede,
tanto che il testo afferma: "Ebbe fede nell'Eterno e questo gli fu
ascritto come merito". Tale sentimento trova la sua applicazione più
alta nel momento del sacrificio del figlio Isacco, come pure in tanti
altri episodi in cui prevale la sottomissione e la fiducia nel volere
dell'Eterno. Ma come va intesa questa fede? "Nell'ebraismo la fede
non è altro che la vivente coscienza dell'Eterno, il senso della
vicinanza di Dio, della sua rivelazione e della sua potenza creatrice che
si manifesta in tutte le cose. È la capacità dell'anima di percepire il
permanente nel transitorio, il Segreto del Creato. La parola biblica che
indica fede designa l'intima saldezza e l'interiore pace, la forza e la
costanza dell'anima umana" (Baeck).
Ma l'Ebraismo non ammette che la fede da sola sia garanzia di salvezza; ad
essa vanno accompagnate le opere, le azioni concrete che Dio indica nella
sua Legge morale.
L'azione deve essere conseguenza della fede, così come affermano i
Maestri ebrei "la cosa essenziale non è la teoria, bensì
l'azione".
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