Cattolici ed Ebrei: impegno reciproco
per la giustizia e la carità

Buenos Aires 8 luglio 2004. Conclusione dell'incontro dell’ International Catholic-Jewish Liaison Committee (ILC) sul tema: “Giustizia e Carità. Affrontare le sfide del futuro: i rapporti ebraico-cattolici nel 21° secolo”


A conclusione della 18ª Riunione del Comitato Internazionale di Contatto tra Cattolici ed Ebrei, che si è tenuta a Buenos Aires dal 5 all’8 luglio, i rappresentanti cattolici ed ebraici presenti si sono impegnati a lavorare insieme per la giustizia e per la carità.

“Considerando la dimensione globale della povertà, dell’ingiustizia e della discriminazione, abbiamo un chiaro dovere religioso di preoccuparci per i poveri e per coloro che sono stati privati dei loro diritti politici, sociali e culturali”, afferma una dichiarazione congiunta conclusiva.

Dopo aver constatato i “grandi cambiamenti” nei rapporti tra Cattolici ed Ebrei a partire dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II “Nostra Aetate” del 1965, il testo rende omaggio a Giovanni XXIII, per “aver iniziato questo cammino fondamentale nei rapporti ebraico-cattolici”.

“Questo dialogo fraterno - si aggiunge, riconoscendo anche l’impulso dato da Giovanni Paolo II - ha generato un’intesa e un rispetto reciproci. Speriamo di arrivare a circoli sempre più ampi e di toccare le menti e i cuori di Cattolici ed Ebrei e di tutta la comunità”.

In questo modo Cattolici ed Ebrei sottolineano “il nostro reciproco impegno per la giustizia e la carità”, che è “la cooperazione dell’uomo con il piano divino di costruire un mondo migliore”.

Alla luce di questo, “riconosciamo la necessità di trovare una soluzione per queste grandi sfide: la crescente disuguaglianza economica tra i popoli, la grande devastazione ecologica, gli aspetti negativi della globalizzazione e l’urgente bisogno di lavorare per la pace e per la riconciliazione”.

La dichiarazione sottolinea il “rifiuto totale dell’antisemitismo in tutte le sue manifestazioni” e deplora “il fenomeno dell’anticattolicesimo in tutte le forme in cui si manifesta nella società”.

Allo stesso modo gli autori della dichiarazione conclusiva si sono assunti l’impegno di lottare contro il terrorismo, che “è un peccato contro l’uomo e contro Dio”, ricordando gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti e “le due tragiche esperienze del terrorismo qui a Buenos Aires” dieci anni fa contro obiettivi ebraici.

“Ci vogliamo impegnare - conclude la nota - a realizzare e a diffondere le promesse che ci siamo fatti a Buenos Aires nelle nostre comunità, di modo che il lavoro per la giustizia e la carità ci permetta di raggiungere il dono più grande: la pace”.

La dichiarazione è stata presentata dal cardinal Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, dal cardinal William Keeler, arcivescovo di Baltimora e moderatore episcopale per i rapporti ebraico-cattolici negli Stati Uniti, da Israel Singer, Presidente del Comitato Internazionale di Raccordo tra Cattolici ed Ebrei, e Joel Meyers, vicepresidente dell’organismo.

In una conferenza stampa successiva alla dichiarazione, si è sottolineato il lavoro che Cattolici ed Ebrei realizzano insieme sul terreno sociale, come nel Centro San José di Buenos Aires, secondo quanto afferma l’agenzia cattolica argentina “AICA”.

Questa esperienza, ha sottolineato il cardinal Kasper, sarà presa come esempio per dare il via ad altre iniziative simili.

Anche se “c’è una lunga tradizione di lavori congiunti - ha riconosciuto il porporato -, questo mi ha sorpreso”.

Il prelato ha sottolineato anche le iniziative che entrambe le religioni portano avanti in Africa, contro l’AIDS, e in Palestina.

Singer, dal canto suo, ha riportato altri esempi, come quello della ristrutturazione, ad opera di Ebrei e Cattolici, di una chiesa in Kosovo, ricordando anche l’azione contro la fame a Sarajevo e alcune esperienze congiunte negli Stati Uniti, alle quali ha partecipato anche il cardinal Keeler.

Riguardo alla crisi sociale argentina, il cardinal Kasper ha affermato: “Ho visto molti poveri, molti senzatetto, ma ci sono molte mani che aiutano, come la Caritas e gruppi ebraici che accudiscono le fasce più bisognose, come i bambini e gli anziani”.

“Non sono cittadino argentino né un esperto di questi temi, ma noto una grande differenza con l’Argentina che ho conosciuto 15 anni fa. Bisogna lavorare per correre ai ripari e l’opera svolta dalla Caritas è un ottimo esempio”, ha infine concluso.

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[Fonte: Ag. ZENIT 9 luglio 2004]


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