Comunicato finale Commissione bilaterale
della delegazione della Commissione della Santa Sede per le Relazioni
Religiose con l'Ebraismo e della delegazione del Gran Rabbinato d'Israele
per le Relazioni con la Chiesa Cattolica
1.
Nel VI incontro della commissione bilaterale tenuto in Roma, abbiamo
affrontato l’argomento delle relazioni tra vita umana e tecnologia,
consapevoli dei grandi progressi raggiunti nella scienza medica, e delle
sfide così come delle opportunità che questi rappresentano.
2.
Noi affermiamo i principi delle nostre rispettive tradizioni religiose
secondo le quali Dio è il Creatore e Signore di ogni vita, e la vita
umana è sacra perché, proprio come insegna la Bibbia, la persona umana
è creata secondo l’immagine divina (cf. Gen 1,26-27). Per il fatto che
la vita è un dono divino da rispettare e preservare, noi ripudiamo
decisamente l’idea di un dominio umano sulla vita, e del diritto di
decidere del suo valore o della sua durata da parte di qualsiasi persona o
gruppo umano. Conseguentemente ripudiamo il concetto di eutanasia attiva
(il cosiddetto mercy killing) in quanto illegittima pretesa dell’uomo
sull’esclusiva autorità divina nel determinare il momento della morte
della persona umana.
3.
Rendiamo grazie al Creatore per la capacità che ha donato all’umanità
nel guarire e conservare la vita, e per i notevoli progressi resi
possibili a questo riguardo dalla scienza, dalla medicina e dalla
tecnologia contemporanee. Nondimeno, riconosciamo che questi progressi
benefici comportano maggiori responsabilità, profonde sfide etiche e
potenziali pericoli.
4.
A questo proposito ribadiamo gli insegnamenti del nostro patrimonio
tradizionale, secondo i quali ogni conoscenza e capacità umana deve
servire a promuovere la vita e la dignità dell’uomo, e perciò dev’essere
in accordo con i valori morali che derivano dai principi sopra menzionati.
Di conseguenza bisogna che ci siano dei limiti nell’applicazione
scientifica e tecnologica, riconoscendo il fatto che non tutto ciò che è
tecnicamente possibile è anche eticamente accettabile.
5.
Il rispetto e la cura per la vita umana dev’essere un imperativo morale
universale, garantito da ogni società civile e dalle sue leggi,
promovendo in tal modo una cultura della vita.
6.
Pur rigettando la presunzione umana di assumere la prerogativa divina nel
determinare il tempo della morte, affermiamo l’obbligo di fare ogni
possibile sforzo per alleviare le sofferenze umane.
7.
Ci appelliamo vivamente al personale medico e agli scienziati, perché s’impegnino
e si lascino guidati dalla saggezza della religione in tutte le questioni
di vita e di morte. Perciò raccomandiamo che in tali questioni, una
debita consultazione, oltre che con le rispettive famiglie, sia fatta
anche con le autorità religiose qualificate.
8.
La convinzione che condividiamo, che la vita su questa terra è in realtà
una parte dell’umana esistenza, deve al contrario condurci al più
grande rispetto verso la forma esterna – la forma umana – nella quale
in questo mondo si realizza la persona. Di conseguenza noi rigettiamo del
tutto l’idea che la natura transitoria dell’esistenza umana terrena ci
possa permettere di strumentalizzarla. A questo proposito condanniamo con
forza qualunque tipo di violenza sull’uomo al fine di promuovere
qualsivoglia ideologia – specialmente quando è attuata in nome di una
religione. Un tale modo di agire non è altro che dissacrare il Nome
Divino.
9.
Perciò cerchiamo di far progredire il bene comune dell’umanità
mediante la promozione del rispetto per Dio, per la religione e i suoi
simboli, per i luoghi santi e i luoghi di preghiera. Qualunque violazione
di essi deve essere rigettata e condannata.
10.
Nel medesimo tempo tali violazioni, e le tensioni attuali tra le
civilizzazioni, richiedono che ci proiettiamo oltre il nostro dialogo
bilaterale, al quale ci obbliga un particolare vincolo. Perciò crediamo
che sia nostro dovere cercare di coinvolgere il mondo musulmano e le sue
autorità in un dialogo e in una collaborazione rispettosi. Inoltre
rivolgiamo un appello alle autorità civili perché sappiano apprezzare la
potenzialità positiva che la dimensione religiosa ha nell’aiutare a
risolvere conflitti e tensioni, e a tal fine diano il loro sostegno al
dialogo interreligioso.
Roma,
28 febbraio 2006 – 30 Shevat 5766
Rabbino Capo Shear Yashuv Cohen (Presidente della Delegazione ebraica)
Rabbino Capo Ratson Arussi
Rabbino Capo Yossef Azran
Rabbino Capo David Brodman
Rabbino Capo David Rosen
Sig. Oded Wiener
Ambasciatore Shmuel Hadas
Cardinale Jorge Mejía (Presidente della Delegazione cattolica )
Cardinale Georges Cottier O.P.
S.E. Vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo
Mons. Pier Francesco Fumagalli
P. Norbert Hofmann S.D.B.