A Bologna si legge in ebraico moderno.
Pubblichiamo le informazioni sull'evento e una interessante intervista a David Grossman, che ha donato alla più
importante biblioteca di Bologna, tutti i suoi libri in lingua originale.
Da ottobre 2003 nella più importante biblioteca di Bologna, la
Sala Borsa, si possono leggere i romanzi di Amos Oz, Edgar Keret, A.B.
Yehoshua, Meir Shalev direttamente in lingua originale.
Il merito di questa prestigiosa iniziativa, che ha l’obiettivo di
rendere più completo il panorama delle culture presenti nella
biblioteca, è dell’Ambasciata d’Israele. Il fondo è costituito da
una cinquantina di volumi di prosa e poesia in lingua originale fra i
quali spiccano le opere dei poeti Yehuda Amichai e Natan Zach.
Nell’ambito di questo programma, che ha visto anche la partecipazione
dell’Università degli Studi di Bologna, si colloca un secondo evento
molto importante: lunedì 20 ottobre è giunto a Bologna - ospite della
Sala Borsa - uno fra i più grandi scrittori israeliani, David Grossman,
che ha donato alla biblioteca tutti i suoi libri in lingua
originale, compreso l’ultimo “Col corpo capisco”. Di quest’ultimo romanzo l’autore ha dialogato con Liza
Ginzburg, nipote di Natalia ed autrice del romanzo “Sognavo la
bufera”, dando vita ad una interessante conferenza che partendo
da temi letterari si è estesa alle problematiche di carattere
politico sul conflitto israelo-palestinese.
“Rispetto ad altri scrittori israeliani – dice Liza Ginzburg
– Grossman è quello che ha portato più avanti il lavoro
letterario. Nei suoi romanzi si può trascendere dal contesto in
cui sono ambientati, legato ad Israele, perché hanno una portata
più vasta, universale.”
Grossman riesce a rendere i rapporti umani in modo mirabile e sa
trovare quel particolare punto di osservazione che consente di
narrare le vicende con un giusto distacco.
Di tutti i suoi romanzi – continua Liza Ginzburg – “Col
corpo capisco” è quello più maturo, quello che ha raggiunto la
maggior completezza anche dal punto di vista stilistico.
Si compone di due racconti sui quali si possono fare alcune
riflessioni; la prima è che fra le due storie si ravvisa una
analogia: entrambe si svolgono infatti in un contesto
claustrofobico. Il primo racconto è ambientato nell’abitacolo
di un’automobile, il secondo in una stanza di ospedale dove una
madre sta morendo e la figlia è venuta a trovarla in Israele per
assisterla negli ultimi giorni di vita.
Un altro elemento che si evidenzia è la grandissima sofferenza
umana che coinvolge i protagonisti, un dolore che trova spesso
espressione nelle storie narrate da Grossman.
Per la Ginzburg però né la claustrofobia né il dolore sono gli
elementi dominanti, bensì l’attenzione si concentra sul
rapporto fra l’anima ed il corpo, un rapporto che nella
letteratura di Grossman è sempre stato presente, una ricerca che
lui come scrittore ha sempre portato avanti ma che in
quest’ultimo libro ha trovato una via di uscita, una chiave di
interpretazione più leggera. E’ come se lo scrittore in questa
ricerca lunga e approfondita fra i dialoghi che si possono
intessere fra anima e corpo avesse trovato una soluzione che
comunica a noi lettori.
Una volta poi trovato un elemento di armonia fra anima e corpo si
può affrontare meglio la vita; infatti nel primo racconto il
protagonista Shaul, un marito che pensa ossessivamente al
tradimento della moglie e la immagina in casa dell’amante, ad un
certo punto riesce a liberarsi da questa ossessione grazie alla
cognata che diventa la depositaria del racconto.
Nel seconda storia questa sorta di liberazione avviene attraverso
l’immaginazione a distanza.
La figlia immagina la vita di sua madre, una grande insegnante di
yoga, ed in particolare “vede” l’incontro della madre e del
suo giovanissimo allievo, un incontro di anime con una grande
affinità, un incontro che non è solo fisico ma anche spirituale.
Nella figlia il senso di liberazione nasce dall’ accettazione di
essere figlia e dal prendersi cura di questa madre morente.
Si tratta quindi di due storie in cui da una meticolosa
ricognizione della fisicità si giunge ad una soluzione personale.
E questa liberazione arriva anche ai lettori.
L’altra riflessione che ho fatto leggendo il libro – continua
Liza Ginzburg – è il fatto che si tratta di storie sulla
distanza. C’è un “altrove” che è l’immaginazione: il
marito del primo racconto deve immaginare il tradimento e quindi
visitare con gli occhi dell’immaginazione una casa dove non è
mai stato, la casa dove la moglie incontra il suo amante; la
figlia deve immaginare la scuola dove sua madre ha insegnato e
deve anche figurarsi il ragazzo per il quale la madre ha provato
questo forte sentimento. C’è quindi il tentativo di spostarsi
in un altro luogo, una sorta di presa di distanza che si ravvisa
anche nei suoi romanzi precedenti, con una differenza però: nel
romanzo “Che tu sia per me il coltello” a partire dal titolo
c’è l’idea che una persona debba servire come coltello, come
sonda per aiutare l’altro a leggersi dentro.
Tutto questo nel libro “Col corpo capisco” avviene in un altro
modo: non c’è più un elemento che viene da dentro, bensì c’è
una sorta di sguardo più distaccato, nel senso positivo del
termine, uno sguardo che rivela un maggior equilibrio e mette in
evidenza una grande compassione dello scrittore nei confronti dei
suoi personaggi per le ferite, i dolori di cui si trova a narrare.
In questo libro troviamo anche una grande lezione di laicismo,
l’idea che cioè la chiave per comprendere i misteri della vita
sia in ognuno di noi e la protezione, il rifugio è qualcosa che
ognuno deve trovare dentro di sé; quindi una lezione di laicismo
nel senso che nulla ci viene da fuori.
Ad un certo punto del romanzo si legge: “A volte ci si sente
orfani anche di se stessi”, questo stato d’animo però cessa
se si riesce a trovare un conforto vero e spesso quel conforto ci
viene dalla scrittura.
Il rapporto fra anima e corpo fa parte di una ricerca che Grossman
ha condotto nel corso della sua evoluzione letteraria ma in
quest’ultimo romanzo ha trovato una soluzione più armoniosa.
Grossman riprende il concetto affermando che benché questo
rapporto si ritrovi in tutte le sue opere, nei libri precedenti
queste identità spesso si contraddicono e sono ostili. Nel
romanzo “Il libro della grammatica interiore” si narra di un
bambino che crescendo percepisce il suo corpo in modo ostile, come
se fosse un nemico; ed anche in “Che tu sia per me il
coltello” il protagonista odia il suo corpo e solo attraverso il
personaggio femminile impara ad accettarsi e a guardarsi
diversamente.
In quest’ultimo romanzo invece – dice Grossman – c’è una
maggiore armonia che ho avvertito proprio mentre scrivevo. Lo yoga
mi ha insegnato in questi anni la capacità di mescolare corpo e
anima, di rendere il corpo quasi spirituale, di trovare quel punto
o luogo in cui il corpo e l’anima si incontrano.
Uno dei sentimenti dominanti di questo romanzo – sottolinea la
Ginzburg – è quello della gelosia: la gelosia del marito per la
moglie, la gelosia di una figlia che vede la madre abbandonarsi e
perdere la testa per un ragazzo senza riuscire ad imporsi alcun
autocontrollo su quella passione.
C‘è quindi una gelosia per qualcosa dell’altro che sfugge.
Per Grossman la gelosia è uno dei sentimenti più terribili ma è
anche un sentimento creativo. Infatti quando siamo gelosi
diventiamo quasi degli artisti, perché siamo in grado di
immaginare un mondo quasi inesistente ed è per questo che è così
difficile liberarsi da questo sentimento.
Ad esempio Shaul che è un personaggio non particolarmente
interessante diventa una persona creativa e la gelosia nei
confronti della moglie lo rende capace di creare mondi dal nulla e
di dare sfogo a tutta la sua fantasia.
A questo punto le tematiche più squisitamente letterarie lasciano
il posto ad una attenta analisi politica sulla difficile
situazione israelo-palestinese.
Proprio in questi giorni abbiamo letto che Grossman insieme ad
Amos Oz e ad altri scrittori è stato firmatario di un accordo
concepito in Giordania e che verrà siglato definitivamente a
Ginevra.
Cosa ne pensa Grossman di questo accordo?
“È stato il primo accordo firmato in questi ultimi tre anni
che tocca tutti i punti più scottanti del conflitto israelo
palestinese. È un accordo molto doloroso per entrambe le parti,
ma in questa situazione non è facile trovare una soluzione
semplice. Fra l’altro è la prima volta che la sinistra
israeliana che era rimasta paralizzata dall’uccisione di Rabin,
ha un nuovo programma politico che dà una nuova speranza e forse
una soluzione al conflitto.
Questo accordo – continua Grossman – è stato attaccato
immediatamente sia da Sharon che da Hamas; in qualche modo ce lo
aspettavamo ma il 50% degli israeliani sostiene il programma perché
sono stanchi di vivere in questo modo e si rendono conto che solo
la pace porterà nuove possibilità e darà un nuovo senso alle
loro vite.
Con la pace ci sarà un’opportunità unica non solo per gli
israeliani di adesso ma anche per quelli che hanno vissuto in
Israele fin dalla nascita dello Stato e cioè cominciare a vivere
una vita normale e non soltanto sopravvivere alle catastrofi che
si sono succedute in tutti questi anni.
La pace è l’unica soluzione che permetterà di vivere senza
doversi fronteggiare continuamente con un nemico e per ogni
israeliano sarebbe davvero un privilegio poter esplorare tutte le
dimensioni dell’esistenza in una situazione di normalità, ciò
che peraltro è concesso agli altri popoli “.
Cosa prevede Grossman per il futuro del suo paese e cosa potrebbe
fare l’Europa?
“Prevedere il futuro è molto difficile: Sharon ed Arafat sono
intrappolati nella loro storia personale e nella loro mentalità:
purtroppo le buone intenzioni di entrambi non trovano riscontro
nella pratica.
Ma sia gli israeliani che i palestinesi hanno bisogno di leader
che siano forti e che abbiano il sostegno dei propri popoli e per
questo non sono molto ottimista per il prossimo futuro.
Il ruolo
dell’Europa è molto importante, tuttavia gli europei parlano
molto ma fanno poco, quasi nulla.
Hanno molti interessi in Medio Oriente, non solo di tipo economico
ma anche culturale e sentimentale, eppure non fanno altro che
dichiarazioni di neutralità senza vere proposte costruttive. A
mio parere dovrebbero prendere una posizione più decisa ed
aiutare i palestinesi e gli israeliani a fermare questa situazione
disastrosa”. Anche sulla costruzione del “muro” che ha
suscitato tante polemiche Grossman ha una sua opinione: “Israele
e la Palestina hanno bisogno di confini come tutti gli altri
popoli ma questo confine deve nascere da un accordo perché in
caso contrario la situazione di conflittualità può solo
peggiorare”.