Piero
Stefani, biblista, docente di «dialogo con l’ebraismo» all’Istituto
di Studi Ecumenici di Venezia, autore di volumi come «Le radici bibliche
della cultura occidentale» – edito nel 2004 da Bruno Mondadori –,
segue da anni il pensiero di Joseph Ratzinger nei confronti del mondo
ebraico.
«Il
legame che unisce Papa Benedetto XVI al mondo ebraico è fortissimo e
intenso, come si può ricavare fin dai suoi primi discorsi da Pontefice.
È un legame che Joseph Ratzinger ha sempre coltivato, paragonandolo a
quello che si ha verso la propria madre. Dell’ebraismo, infatti,
Ratzinger ha sempre sottolineato il rapporto con l’origine della Chiesa.
Questo fa del dialogo con l’ebraismo qualcosa di speciale, di
completamente diverso dal dialogo con le altre religioni».
«Il legame fra Antico e Nuovo Testamento è per Benedetto XVI qualcosa
che unisce i cristiani agli ebrei in maniera particolare e assolutamente
unica rispetto a qualunque altra religione», afferma. «Ratzinger ha
sempre riconosciuto ai "fratelli ebrei" il compito di popolo
eletto di testimoniare Dio unico e vero al mondo e alle genti. C’è
insomma un tributo di riconoscenza all’ebraismo, che emerge anche nei
suoi scritti».
Come Nuovo e Antico Testamento sono uniti fra loro, così anche la
Chiesa e gli ebrei sono legati da un vincolo particolare.
«Questo è l’impianto teologico di fondo che emerge dagli
scritti di Joseph Ratzinger sull’ebraismo. È come un riconoscimento
della permanenza della vocazione di Israele, che fa del popolo ebraico
qualcosa di distinto dagli altri popoli, una vocazione che non viene
negata dall’accettazione o meno di Cristo. Per Ratzinger, quindi, il
rapporto fra Chiesa ed ebraismo non è tanto una questione di richiesta di
perdono nei confronti degli ebrei, quanto il riconoscimento che l’eredità
di Abramo è una benedizione promessa al popolo ebraico. E l’eredità
degli ebrei continua in Gesù Cristo e nella Chiesa poi».
Questo vuol dire che per Papa Ratzinger il rapporto con gli Ebrei
si pone in maniera del tutto diversa rispetto alle altre religioni?
«È proprio così. È vero che anche l’islam ha la sua radice
in Abramo, ma l’ebraismo per la Chiesa richiama il legame e l’immagine
della madre. Per questo Papa Benedetto nei confronti dell’Islam parla di
dialogo con le altre civiltà. Lo status particolare degli ebrei è legato
alla Rivelazione, che per l’islam non c’è, anche se pure loro in
parte si richiamano. Peraltro va detto che parlare di dialogo con le altre
civiltà rispetto all’islam, è un concetto importante, antitetico a
quello di scontro di civiltà propugnato da studiosi come Samuel
Huntington».
L’attenzione manifestata da Papa Benedetto nei confronti degli
ebrei fin dai suoi primi discorsi da vescovo di Roma ha colpito le stesse
comunità ebraiche.
«Certamente. Pensare solo cinquant’anni fa, o anche con lo
stesso Papa Paolo VI, che nel discorso di inaugurazione del pontificato si
facesse riferimento così esplicito e così lungo ad Israele, sarebbe
stato impossibile. La stessa Nostra Aetate, il documento del
Concilio sugli ebrei, non fa cenno alla parola Israele. Ci fu
infatti dura opposizione da parte dei patriarchi orientali, quasi si
trattasse di un appoggio allo Stato di Israele».
Dopo i gesti clamorosi di Papa Giovanni Paolo II nei confronti
degli ebrei, ritiene che anche sotto il Pontificato di Papa Benedetto
assisteremo a qualche gesto particolare in questo senso?
«Papa Benedetto ha una personalità diversa. Ai gesti preferisce
far precedere le ragioni teologiche. Ma questa attenzione preferenziale
che ha verso il mondo ebraico sicuramente aiuterà a far avvicinare ancora
di più i cristiani agli ebrei».
C’è in particolare qualcosa che le comunità ebraiche si
aspettano?
«L’apertura degli archivi vaticani sarebbe un gesto molto
apprezzato dalle comunità ebraiche. Non mi sorprenderei se Benedetto XVI
fosse il Papa che apre gli archivi su tutto il periodo del Pontificato di
Pio XII. La consapevolezza dell’importanza nella storia sacra degli
ebrei rende questo Papa particolarmente sensibile a tale rapporto».
Ci sono altri punti aperti?
«Già con il pontificato di Giovanni Paolo II il cammino fatto
è stato enorme, con gesti clamorosi. Il riconoscimento dello Stato di
Israele, che era un punto aperto, è stato fatto. Forse c’è da
approfondire ancora il rapporto fra antigiudaismo ed antisemitismo. Ma
molta strada, indubbiamente è stata percorsa».
Papa Ratzinger è molto sensibile anche al tema dell’ecumenismo
nei confronti delle altre Chiese e comunità cristiane.
«Per Benedetto XVI l’ecumenismo è, come dire, l’altra
faccia dell’Europa cristiana. L’anima profonda della civiltà europea
sta nell’incontro tra il Vangelo e il logos; questa matrice,
per essere pienamente feconda esige di essere proposta in modo unitario.
Sia la preghiera di Gesù, ut unum sint, sia la ragione aperta
alla fede esigono che le Chiese e le comunità ecclesiali pervengono a
dare una testimonianza comune».
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[Fonte: Avvenire del 30 aprile 2005]