L'articolo che pubblichiamo è uscito in
inglese nel novembre 2000, sulla rivista “In All things”, dell'Ufficio per gli Affari Sociali ed Internazionali della
Conferenza dei Gesuiti americani. Presenta alcuni nodi del dialogo ebraico-cristiano
divenuti ancor più rilevanti nell'aggravarsi della
questione israeliano-palestinese. L'autore è p. David
Mark Neuhaus, gesuita, cittadino israeliano ormai da moltissimi anni. È
in Israele che p. Neuhaus ha deciso di abbracciare la fede Cattolica
dopo essere cresciuto secondo le leggi della fede Ebraica ed è
profondo conoscitore della società israeliana attuale. Oltre all'ebraico
parla correntemente l'arabo, avendo studiato all'Università del Cairo in
Egitto. Ha conseguito il titolo di Licenza presso il Pontificio Istituto
Biblico di Roma.
Indice:
Introduzione
1. Il dialogo con i cattolici che provengono
da altre nazioni
2. Il dialogo di chi appartiene a quella
terra
3. Il dialogo degli immigrati recenti
4. Elementi mancanti nell'attuale dialogo
________________________
Il dialogo ebraico-cristiano a
Gerusalemme
torna su
Uno dei progetti odierni che suscitano più entusiasmo nella Chiesa
Cattolica è la formulazione di una positiva base teologica per un dialogo
tra Ebrei e Cattolici. Ponendo fine al passato “insegnamento del
disprezzo” nei confronti degli Ebrei e dell'Ebraismo è stato
gradualmente creato un dialogo appassionante tra le due comunità le quali
cercano di fondare tale dialogo su una solida base teologica, che si
vorrebbe arricchente da entrambe le parti. Le dimensioni sociali e
politiche di questo dialogo hanno rappresentato una parte determinante e
costruttiva del dialogo avviato per estirpare il profondo radicamento
degli “insegnamenti del disprezzo” e, in modo più generale, per
eliminare tutte le basi teologiche dell'intolleranza e del razzismo.
Questo articolo non cerca tanto di valutare il dialogo attualmente
esistente tra Ebrei e Cattolici, particolarmente concitato se consideriamo
il contesto dell'America Settentrionale e dell'Europa Occidentale, né di
approfondire le implicazioni di questo dialogo per la teologia cattolica
nella discussione teologica in corso. Questo articolo cerca, piuttosto, di
analizzare come tale dialogo si caratterizzi all'interno del particolare
contesto di Gerusalemme. La domanda che questo articolo si pone è: “Che
tipo di influenza ha la situazione della Gerusalemme odierna nel dialogo
tra Ebrei e Cattolici?”
Esiste tutta una serie di fattori che rendono il dialogo a Gerusalemme
totalmente differente rispetto a qualsiasi altra zona del mondo:
-
La caratteristica più evidente è data dal fatto che in Gerusalemme
gli Ebrei sono la maggioranza dominante. Questa è la prima volta,
nell'arco di 1900 anni, in cui gli Ebrei sono il partner dominante dal
punto di vista socio-politico in una società [1]
.
-
In secondo luogo, i Cattolici sono una minoranza molto esigua in
Gerusalemme. Da un punto di vista culturale i Cattolici, in massima
parte Arabi Palestinesi, marginalizzati nella città, e preoccupati
dalla continua emigrazione, combattono per la sopravvivenza.
-
In terzo luogo, i Cattolici (e tutti i Cristiani) non devono
confrontarsi solamente con la presenza di una dominante maggioranza
Ebrea ma anche, all'interno della società Araba Palestinese, con una
predominante maggioranza Musulmana
-
Infine, i Cattolici nativi di Gerusalemme sono spesso ignorati dai
turisti stranieri. Per molti, la Chiesa presente a Gerusalemme è
semplicemente sinonimo di edifici in pietra costruiti sui luoghi santi
e pochi incontrano la Chiesa di Cristo fatta di testimonianza vivente.
Qualsiasi analisi del dialogo Ebraico-Cattolico a Gerusalemme deve
prendere in considerazione le caratteristiche del contesto locale. Il
dialogo esistente raramente evidenzia questo aspetto. Tende ad essere un
dialogo tra Cattolici stranieri ed Ebrei (spesso immigranti provenienti
dalla Diaspora dell'America Settentrionale e dell'Europa Occidentale). Un
dialogo Ebraico-Cattolico contestualizzato a Gerusalemme ha bisogno di
abbracciare almeno tre prospettive di dialogo, distinte e insieme
strettamente collegate.
1. Il dialogo con i cattolici
che provengono da altre nazioni
torna su
La maggior parte delle istituzioni formalmente dedite al dialogo tra
Ebrei e Cattolici in Israele è frequentata da persone che provengono da
altre nazioni, le quali sono, in particolare, legate alle numerose
istituzioni religiose Cattoliche presenti in Israele. Molti degli ebrei
Israeliani identificano totalmente la presenza dei Cattolici in Israele
con questo gruppo [2] . Il
dialogo tra Cattolici provenienti dall'estero e le loro controparti Ebree
in Israele è plasmato dal dialogo negli Stati Uniti e in Europa
Occidentale e potrebbe essere caratterizzato dalle seguenti tematiche:
- In che misura l'esistenza dello Stato Israeliano ha modificato il
nostro tradizionale rapporto?
- Come interpretiamo differentemente i nostri Testi Sacri? In che modo i
Cristiani possono divenire maggiormente consapevoli delle radici cristiane
nel Giudaismo Biblico e del Secondo Tempio?
- In che modo le nostre teologie hanno promosso atteggiamenti e
comportamenti sociali e politici del tutto inaccettabili?
- Cosa avvenne durante il primo ed il secondo secolo? In che modo il
Cristianesimo ed il Giudaismo Rabbinico si svilupparono come due “vie”
separate?
- Qual è stato e quale potrebbe essere il legame esistente tra religione
e potere politico? I Cristiani sono stati profondamente aiutati dagli
Ebrei nel dialogo per scoprire il prezzo morale che hanno dovuto pagare
per ottenere il potere politico.
2. Il dialogo di chi appartiene
a quella terra
torna su
I palestinesi di fede cattolica, che rappresentano quasi il 90% della
popolazione cattolica in Israele, sono quasi completamente assenti nelle
strutture esistenti di dialogo tra Ebrei e Cattolici. Fattore più
importante della diversità confessionale [3]
è il fatto che i cattolici locali sono parte integrante della
popolazione Palestinese [4] .
La maggioranza di questi cattolici sono cittadini israeliani. La maggior
parte di loro sono di lingua araba (ma generalmente sanno parlare
perfettamente anche l'ebraico), e sono perfettamente integrati in seno
alla minoranza Arabo Palestinese in Israele. Questi Palestinesi di
religione cattolica sperimentano non solamente uno status di minoranza
nella società Araba nella quale i Musulmani sono la maggioranza, ma anche
all'interno dello stesso stato di Israele, dove invece sono gli ebrei ad
essere la maggioranza. Questo è un contesto particolare e deve modificare
il dialogo tra Ebrei e Cattolici [5]
. Le tematiche specifiche potrebbero essere le seguenti:
- Qual è stata ed è l'esperienza di una minoranza “non ebrea”
all'interno dello Stato Ebraico?
- Come la Shoah, il Sionismo e la nascita dello Stato di Israele hanno
modificato il dialogo tra Ebrei e Cattolici all'interno di questo
contesto?
- Qual'è la responsabilità del Cristianesimo occidentale nel
contesto del conflitto tra Israeliani e Palestinesi?
- Il dialogo potrebbe contribuire alla democrazia, al pluralismo, alla
giustizia e alla pace in Israele?
- Qual è il ruolo rivestito dalla Bibbia all'interno del contesto
politico del conflitto Ebraico-Palestinese? [6]
Alcune interpretazioni bibliche hanno incoraggiato a legittimare la
progressiva distruzione della popolazione palestinese?
- In che modo questo dialogo tra Ebrei e Cattolici può far emergere
delle proprie tematiche teologiche? Qual è la corretta interpretazione
della elezione di Israele da parte dei Cristiani? Qual è il collegamento
esistente tra Israele e la Terra di Israele?
3. Il dialogo degli immigrati
recenti
torna su
Un terzo gruppo, la cui identità e le cui proporzioni sono ancora
difficilmente identificabili (le statistiche ufficiali tendono infatti ad
ignorare l'esistenza di questa popolazione), è rappresentato dalla
miriade di Cristiani che sono immigrati in Israele negli ultimi anni,
soprattutto dall'ex blocco Comunista (come anche dall'Etiopia) [7]
. Dato che molti di questi immigranti nell'entrare nel paese si sono
in qualche modo dichiarati come Ebrei, diviene difficilissimo riconoscere
quanti siano i cristiani al loro interno e quale sia la natura della loro
identità religiosa. Alcuni si definiscono cattolici sebbene una vasta
maggioranza di essi sia ortodossa. Evidentemente il governo nutre la
speranza che la maggioranza di questi cristiani (soprattutto coloro che
hanno legami familiari con Ebrei o che non siano apertamente cristiani
credenti e praticanti) si assimilino alla maggioranza ebrea. Comunità
clandestine sono nate fra questi gruppi (sia Protestanti, che Ortodossi
che Cattolici) [8] . Il
dialogo tra ebrei israeliani e questi cristiani immigrati è quasi
inesistente, dato che questi cristiani tendono a vivere la loro fede
clandestinamente [9] . Un
dialogo futuro tra questi Cristiani israeliani ed i loro compatrioti ebrei
sarà chiaramente focalizzato attorno a questioni che riguardano l'insieme
della vita ebraica Israeliana :
- Chi è ebreo? Esiste una confusione generale rispetto all'identità
di questo nuovo gruppo di cristiani israeliani. Alcuni di essi hanno
antenati ebrei [10] . Sono
quindi degli “ebrei cristiani”?
- Chi è israeliano? Israele è una nazione ebrea? Cosa significa
questo in termini di integrazione di questi cristiani?
- I bambini di questi cristiani possono essere educati come cristiani?
Cosa comporta questo tipo di educazione? Può l'ebraico essere usato come
un mezzo della formazione cristiana?
- In che modo può essere combattuta la discriminazione contro i
“non ebrei” in Israele? Esiste il sospetto ed anche la violenza contro
ciò che alcuni Ebrei israeliani percepiscono come “attività
missionaria” cristiana. Sembra aumentare un sentimento anti-cristiano
(ed anti-“non ebrei”).
4. Elementi mancanti
nell'attuale dialogo
torna su
Fino ad oggi il punto di partenza per l'analisi del dialogo
Ebrei-Cattolici a Gerusalemme è stato il riferimento al dialogo portato
avanti negli Stati Uniti ed in Europa Occidentale. Abbiamo invece visto
come il dialogo all'interno del contesto di Gerusalemme modifichi questo
dialogo. Tuttora il dialogo in Occidente trascura numerosi punti emersi
nel particolare contesto di Gerusalemme:
- In Occidente, la religione è stata circoscritta all'ambito privato
della fede personale. I leader religiosi devono combattere per essere
significativi all'interno del contesto socio-politico. A Gerusalemme,
invece, la fede religiosa è ancora considerata come una parte totalmente
indivisibile della sfera sociale e politica. Tutto questo non contribuisce
certo ad un'atmosfera di dialogo pacifico, dal momento che i leader
religiosi rappresentano interessi di parte e sono spesso spinti verso la
promozione dell'intolleranza piuttosto che quella del dialogo. Molti dei
cattolici nati qui ritengono che Gerusalemme abbia ancora bisogno di una
buona dose di laicità e spesso trovano che i partner più vicini per il
dialogo siano proprio gli ebrei ed i musulmani secolarizzati.
- Il dialogo tra Cattolici ed Ebrei, come è stato sviluppato dal
Vaticano, si è incentrato sull'essere gli ebrei una minoranza ed i
cristiani la maggioranza. Ma questa non è la realtà della città di
Gerusalemme. Gli ebrei sono chiaramente la maggioranza dominante. Questa
situazione fa emergere la presenza di un difficile problema, cioè se la
fusione tra giudaismo e potere politico produrrà qualcosa di
sostanzialmente differente rispetto a ciò che ha prodotto la fusione di
cristianesimo e potere nell'Occidente “cristiano”. L'esercizio del
potere, sia da parte dei cristiani, che dei musulmani, che degli ebrei,
raramente è stato glorioso. Gerusalemme è una città che può divenire
un punto di riferimento centrale per un pellegrinaggio congiunto
penitenziale su come noi ci aiutiamo reciprocamente nella ricerca della
verità nelle nostre rispettive storie. Le maggioranze dominanti
(Ebraiche, Cristiane, Musulmane) hanno tentato di opprimere le minoranze
deboli, sfruttando l'ideologia religiosa ed i suoi simboli per
giustificare un simile atteggiamento [11]
. Dalla nostra prospettiva, quella della città di Gerusalemme, è
ormai divenuto un imperativo che gli ebrei esaminino il loro proprio
“insegnamento del disprezzo” verso i “non ebrei”.
- Il dialogo tra Cattolici ed Ebrei in Occidente ha ampiamente
ignorato altri importanti aspetti del dialogo inter-religioso [12]
. Dal punto di vista di chi vive questo dialogo a Gerusalemme, il
dialogo con l'Islam è fondamentale. Una gran parte della popolazione a
Gerusalemme ha le sue radici nel mondo Arabo-islamico. La maggior parte
dei Cristiani di Gerusalemme condividono lo stesso mondo socio-culturale
degli Arabi musulmani, cosa che facilita il dialogo. Vorrei sottolineare
il fatto che questo mondo culturale è lo stesso che condividono anche
quegli Ebrei che provengono dal mondo arabo (e sono una parte
significativa della popolazione ebrea-israeliana) [13]
. Ciò che colpisce maggiormente è che, per molti ebrei a
Gerusalemme, l'eredità della convivenza giudeo-cristiano non è più
importante rispetto all'eredità dei contatti giudeo-islamici. Per molti
di questi ebrei, l'arabo è stata la lingua “franca” per secoli.
L'orientalista Bernard Lewis ha affermato che la simbiosi degli ebrei e
degli arabi “ha prodotto qualcosa che non è solamente una cultura
ebraica in lingua araba. Si è trattato di una cultura arabo-giudaica o,
si potrebbe anche dire, giudeo-islamica” [14]
. Ebrei come Saadya Gaon (Sa'id ibn Yusuf al-Fayyumi) e Maimonides
(Musa bin Maimun) hanno partecipato accanto ai Cristiani ed ai Musulmani
alla formulazione della cultura e della filosofia araba. In questo secolo,
Layla Murad (ebrea egiziana) ha conteso il titolo di diva della canzone
araba a Fayruz (una cristiana libanese) e Umm Kalthum (una musulmana
egiziana). Questo legame culturale che esiste nel Medio Orientale si sta
sviluppando nel mondo della musica, della cinematografia e della
letteratura e, sebbene con difficoltà, sta introducendosi anche
all'interno del dialogo tra religioni.
- Il contesto della città di Gerusalemme rende ancor più essenziale
il fatto che un dialogo possa portare alla decisione di un impegno
congiunto verso la giustizia come elemento fondamentale per la creazione
della pace. La religione è utilizzata, tanto dal nazionalismo ebreo come
anche da quello palestinese, come mezzo ideologico per mobilitare le
persone. La testimonianza cristiana in Israele è lacerata da queste
prospettive ideologiche. Molti dei cattolici stranieri a Gerusalemme sono
simpatizzanti del Sionismo e della politica ebraica. Altri, allo stesso
modo di molti palestinesi cattolici, sono coinvolti nella battaglia per i
diritti dei palestinesi. Alcuni hanno sviluppato una versione di una
“teologia della liberazione” contestualizzata per dare un fondamento
teologico alla lotta della popolazione palestinese. Queste problematiche
politiche non possono certo essere ignorate. Il dialogo tra Ebrei e
Cattolici non deve essere impiegato per creare un supporto per ingiuste
strutture di dominazione e di oppressione.
- Infine, il dialogo tra Cattolici ed Ebrei a Gerusalemme deve
misurarsi sull'“opzione preferenziale per i più poveri”, per non
diventare un club elitario e accademico. Ciò significa che deve aprirsi
alle realtà dei Palestinesi cattolici e dei nuovi Cristiani Israeliani
appena immigrati, i quali stanno vivendo la difficile condizione di
minoranza all'interno di un contesto che risulta spesso intollerante della
diversità culturale o religiosa. Inoltre, il dialogo deve indirizzarsi
alla realtà di una società ebraico-israeliana che si sta sempre più
polarizzando attorno ad una divisione tra ricchi e poveri.
A Gerusalemme, una città tormentata dalla ricerca della sopravvivenza, il
dialogo dovrebbe quindi avvenire non rifuggendo da questa ricerca, ma
cercando di immergersi totalmente nella possibilità di creare incontri
con gli ebrei, con i musulmani ed i cristiani di Gerusalemme, incontri che
sono, nell'ordinario, invece, sfuggenti. Tutti coloro che hanno visitato
la città sanno benissimo che si tratta di una città piena di ferite
piuttosto che di santità, e di ferite sanguinanti, laceranti ed infette
della meno santa delle malattie, il fanatismo religioso, l'intolleranza e
l'odio. La singolarità di Gerusalemme, potrei anche aggiungere, risiede
esattamente nella sua divisione profonda e nella sua lacerazione.
Attualmente, dato che i cristiani qui nati, sono sempre più emarginati,
è in corso la battaglia per conquistare l'appoggio dei Cristiani
stranieri per il potere su Gerusalemme. I cattolici occidentali non
possono rinnegare le loro responsabilità. La nostra storia è
profondamente legata al moderno conflitto tra Israeliani e Palestinesi.
Il dialogo con i musulmani a Gerusalemme ci fa ricordare sia un passato
lontano quando i cristiani iniziarono una guerra per la conquista di
Gerusalemme, la quale era anche una guerra per l'eliminazione dell'Islam
(e allargando il discorso anche contro il giudaismo), ed anche un passato
più recente quando il colonialismo legittimò se stesso sotto il falso
pretesto della protezione “dei luoghi santi” e dell'attività
missionaria dei cristiani. Il dialogo con gli ebrei a Gerusalemme ci fa
ricordare sia un passato lontano, quando l'adozione del Cristianesimo come
religione ufficiale di stato rese la vita degli ebrei progressivamente
impossibile, ma anche un passato più recente quando l'intolleranza
dell'Europa verso gli Ebrei contribuì alla nascita del Sionismo e al
sogno di uno “Stato nazionale ebraico in Palestina”.
Ma, d'altro canto, cerchiamo di non dimenticare che il dialogo con i
cristiani non stranieri ci riporta al fatto che la loro vita di minoranza
sotto una duplice maggioranza, quella ebraica e quella musulmana, può
essere estremamente difficile.
Note
[Nota 1] Gli ebrei in Israele sono
molto eterogenei. Ci sono ebrei credenti e praticanti ed ebrei non
credenti e non praticanti e molte sfumature fra un estremo e l'altro. Ben
conosciute sono le differenze fra gli ultra-ortodossi (haredi), gli
ortodossi (dati), i tradizionalisti, i Conservativi, i Riformati ed i
Ricostruzionisti; ma particolarmente importante per il dialogo è la
diversità delle origini culturali e le principali differenze tra gli
ebrei del Nord America, dell'America Latina, dell'Europa Occidentale
Centrale e Orientale, e del mondo Sephardi e arabo. Israele è una società
altamente politicizzata ed ideologizzata e la diversità delle posizioni
del Giudaismo israeliano sul Sionismo, sul pluralismo e sulla coesistenza
con il mondo circostante ha effetti diretti sull'apertura degli ebrei
verso il dialogo con i non ebrei in generale ed i cristiani in
particolare. Ogni gruppo ha la propria specificità, soprattutto rispetto
al dialogo (o all'assenza di questo) con i “non ebrei”.
[Nota 2] Fino al gennaio 1988, il
capo della Chiesa Cattolica Romana a Gerusalemme, il Patriarca Latino a
Gerusalemme, era uno straniero, sebbene la stragrande maggioranza dei
fedeli fossero Palestinesi locali. L'attuale Patriarca è Sua Beatitudine
Michael Sabbah, un Palestinese nativo della città di Nazareth. Le chiese
protestanti hanno preceduto, di alcuni anni, la chiesa Cattolica nominando
vescovi nativi della Palestina. La Chiesa Greca Ortodossa è ancora
presieduta da stranieri. Le Chiese Cattoliche Orientali sono generalmente
di cultura araba, ma spesso hanno Gerarchie arabe non-palestinesi.
[Nota 3] In Israele ci sono sei
Chiese cattoliche riconosciute, i Greci (Bizantini) cattolici (che sono
presenti soprattutto nella zona settentrionale di Israele), i Cattolici
Latini (soprattutto nelle città di Gerusalemme, Betlemme e Nazareth), i
Maroniti, i Siriani, gli Armeni ed i Caldei.
[Nota 4] La minoranza araba
Palestinese in Israele comprende circa il 18% della popolazione. I
Cristiani rappresentano circa il 20% di questa minoranza mentre i
Cattolici oltre la metà della componente Cristiana (cioè appena l'1%
della popolazione israeliana). Nei territori palestinesi, i cristiani sono
circa il 5% dell'intera popolazione ed i Cattolici sono circa un terzo dei
Cristiani.
[Nota 5] Non esiste una struttura
formale per promuovere questo tipo di dialogo sebbene alcuni gruppi
Palestinesi cristiani abbiano cercato partner ebrei nel dialogo.
Sfortunatamente, molti dei cristiani più istruiti tendono a indirizzarsi
verso un pubblico straniero piuttosto che partecipare al dialogo con gli
ebrei Israeliani.
[Nota 6] All'interno di questo contesto
vedere la lettera del Patriarca Latino, Michel Sabbah, Leggendo la Bibbia
oggi nella Terra della Bibbia (Novembre, 1993).
[Nota 7] La realtà di una comunità
cristiana di immigrati in Israele non è nuova. Fin dal 1948, alcuni
Cristiani, provenienti soprattutto dall'Europa Occidentale (ma anche da
altre zone), hanno trovato la loro via verso Israele in seno alle ondate
della predominante immigrazione Ebraica. In passato, la grande maggioranza
di questi cristiani è arrivata perché aveva legami di parentela molto
stretti con famiglie ebree e si è assimilata all'interno della
popolazione ebraica (nella sua componente più secolarizzata) oppure ha
lasciato Israele per un altro paese.
[Nota 8] Una comunità
non-clandestina è la comunità Cattolica “Opera di S.Giacomo” che ha
parrocchie cattoliche di lingua ebraica nelle principali città
israeliane.
[Nota 9] A questa realtà
particolarmente complicata bisogna aggiungere anche il folto numero di
lavoratori cristiani stranieri (Latino Americani, cittadini dell'Europa
dell'Est, asiatici dell'Estremo Oriente ed africani) che sono giunti in
Israele solo negli ultimi anni. Almeno una parte di questo gruppo spera di
restare in Israele come presenza permanente.
[Nota 10] La Legge del Ritorno che
regola l'immigrazione ebrea verso lo Stato di Israele stabilisce
abbastanza chiaramente (a partire dalla sua riforma nel 1970) che ebreo,
ai fini di questa legge, è chiunque sia nato da una madre ebrea e non
abbia scelto di appartenere ad un'altra religione.
[Nota 11] Il Secondo Colloquio dei
Gesuiti, coinvolti nel dialogo ebraico-cristiano, a Gerusalemme (Giugno
2000), ha scelto come tema “L'importanza dello Stato di Israele per il
Giudaismo contemporaneo e per il Dialogo tra Ebrei e Cristiani”,
trattando ampiamente i problemi della religione in rapporto al potere
statale.
[Nota 12] È interessante
sottolineare che l'Ufficio Vaticano che si occupa del dialogo con gli
Ebrei, non è il Segretariato per il Dialogo con i Non-Cristiani bensì il
Segretariato per l'Unità dei Cristiani.
[Nota 13] Quasi la metà, difatti,
della popolazione Ebrea Israeliana, che ha le proprie radici culturali in
Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Sudan, Yemen, Golfo Persico,
Iraq, Siria, Libano e Palestina, partecipa di un medesimo retroterra
culturale con gli Arabi Musulmani e Cristiani, ancora vivo presso questi
ebrei israeliani (soprattutto nel folclore, nella cultura musicale e
culinaria).
[Nota 14] B.Lewis, The Jews of Islam,
Princeton University Press, 1984, 77.