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Avvenire Catholica - 29 Dicembre 2000
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IL
TEMA Il presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo e
il dialogo
rilegge la «radice ebraica» del Duemila
«Fratelli maggiori», compagni di strada
Chiaretti: più dei momenti difficili resterà il
gesto del Papa al Muro del pianto
Il primo appuntamento dopo l'Anno Santo sarà
la Giornata del 17 gennaio
che avrà per tema la fede di Abramo
Maria Rita
Valli
Le radici bibliche del Giubileo, anno di
grazia e di liberazione, non sono mai state tanto
proposte, commentate e predicate, come in questo
Giubileo del Duemila. Le radici ebraiche dell'Anno Santo
sono per i cattolici un'idea assodata, frutto anche di
anni di dialogo con i «fratelli maggiori» e di
un'esegesi biblica che ha fatto della ebraicità di Gesù
una via per comprenderne più in profondità la vita, le
parole e le opere.
Un approccio che è entrato nella tradizione della
Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani alla
quale, in Italia, è stata "premessa" una
giornata, il 17 gennaio, dedicata all'ebraismo «per
indicare che il mondo ebraico è la nostra "santa
radice", come dice san Paolo, dalla quale dobbiamo
partire per aprirci alla fede». A ricordarlo è
l'arcivescovo di Perugia Giuseppe Chiaretti, presidente
della Commissione episcopale per l'ecumenismo ed il
dialogo interreligioso, con il quale abbiamo tentato un
riepilogo di questo anno Giubilare dal «punto di vista»
della radice ebraica. Una ricognizione che guarda già
al dopo, alla prossima giornata per la quale quest'anno
è stato scelto il tema «Abramo ebbe fede in Dio» (il
versetto di Gn 15, 5-6 sul quale qui sotto ospitiamo i
commenti del rabbino Abramo Alberto Piattelli e di padre
Innocenzo Gargano).
«Lo scorso anno il tema fu la conversione, in sintonia
con il Giubileo che stava iniziando» ricorda monsignor
Chiaretti, sottolineando il fatto significativo che a
suggerire il tema sia un rabbino. Una scelta fatta fin
dall'inizio dalla Cei alla quale ha sempre positivamente
risposto il rabbinato italiano. Quello scelto per il 17
gennaio 2001 è un tema che fa incontrare ebrei e
cristiani nel nome di «Abramo nostro padre nella fede»,
parole che i cattolici pronunciano nel canone della Messa.
La fede che unisce è quella nel Dio che ad Abramo
promette una discendenza ed una terra.
«Non è solo il partire, il lasciare per andare verso
l'ignoto, che caratterizza la fede di Abramo» commenta
Chiaretti puntando l'attenzione sulla «grande drammatica
notte di Abramo, spesso accostata alla notte di Gesù sul
Getsemani, la notte in cui Dio chiede ad Abramo di
immolare il figlio, e qui quest'uomo vive la dura prova
della propria fede perché deve scegliere tra il Dio della
promessa e la promessa di Dio, ovvero il figlio». Abramo
sceglie di ascoltare Dio perché sa che manterrà la sua
promessa qualunque cosa gli stia chiedendo ora.
Con questa scelta, sottolinea Chiaretti, Abramo ha evitato
di trasformare il figlio promesso da Dio in un idolo. «Ma
Dio - aggiunge l'arcivescovo - promise anche la terra».
un tema che riporta inevitabilmente alla realtà della
ripresa degli scontri, proprio là dove quest'anno il Papa
si è recato pellegrino, lasciando impressi nella memoria
«gesti che dicono più di tante parole». Così, il fatto
che sia stata annullata la Giornata dell'amicizia
programmata con gli ebrei nel calendario del Giubileo,
seppure doloroso, non cancella l'immagine di questo
vecchio Papa che proprio all'inizio della Quaresima «senza
paludamenti solenni, con passo incerto, sostenuto da un
bastone, si è recato ad infilare la sua richiesta di
perdono per i peccati dei cristiani nelle fessure del Muro
del pianto. Una immagine indelebile - commenta Chiaretti -
più eloquente di tante parole ed incomprensioni».
Le proteste per la beatificazione di Pio IX e le reazioni,
negative, alla dichiarazione Dominus Iesus, non
eliminano il fatto che cattolici ed ebrei si guardano
oramai «con occhio diverso». Chiaretti cita il recente
documento «Dabru Emet (Ditevi la verità)» di
alcuni intellettuali ebrei statunitensi, in cui si legge:
«Crediamo che sia tempo che gli ebrei conoscano gli
sforzi dei cristiani di far onore all'ebraismo. Crediamo
sia tempo che gli ebrei riflettano su ciò che l'ebraismo
ha da dire a proposito del cristianesimo».
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