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Da
sempre Chaim Potok, uno dei più grandi scrittori viventi, ha affrontato
nei suoi romanzi il nodo dell'ebraismo nella contingenza della sua
contemporaneità, soprattutto alla luce della memoria e degli insegnamenti
familiari. Gli elementi biblici che pian piano ha conosciuto lo hanno
portato a consolidarsi nella fede, proprio attraverso lo studio e la
conoscenza approfondita. |
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Egli
scrive: «Era una storia piena di idee,
santificata dai martiri, caratterizzata da un'intima familiarità con Dio
e dalla volontà di tenere gli occhi tenacemente rivolti alla promessa
futura». E l'uso dei metodi di ricerca scientifica, applicati agli
scritti antichi gli hanno permesso di «tenere a bada i suoi elementi di
fondamentalismo».
Chaim Potok è sostanzialmente un narratore, prodigioso e profondo, che
mette in scena le contraddizioni di un mondo culturale e religioso,
sentendosene profondamente partecipe. Quando riceve l'invito a scrivere
una storia degli ebrei, un libro dall'impianto più saggistico, pur
avendone la competenza avendo studiato storia con i grandi maestri del
Seminario teologico ebraico in America, ma non solo, ha qualche esitazione
«nel passare dal mondo dell'immaginario all'arduo campo dei fatti».
Accetta però il compito.
Ora il libro è stato tradotto da Garzanti e non è un semplice saggio, ma
un complesso racconto storico, documentatissimo, che la scrittura di Potok
sa rendere assolutamente avvincente, nella progressione delle tesi
sostenute. Ed è affascinante l'ottica che l'autore sceglie per raccontare
questa sua storia, quella dei rapporti tra gli ebrei, gli altri popoli e
le altre religioni. È la chiave di lettura di questa "storia"
che ci presenta lo scontro tra Israele e il paganesimo antico, quello
delle tribù e dei regni del Medio Oriente, fino a misurarsi con la civiltà
greca e con quella romana. Si prosegue poi con l'impatto con il
cristianesimo e con il mondo islamico, una sezione quest'ultima utilissima
per capire le ragioni storiche degli attuali conflitti. Negli ultimi due
secoli racconta l'incontro con "il nuovo paganesimo" di un mondo
secolarizzato. Del resto così Potok riassume in poche righe il senso di
questo percorso: «La storia ebraica iniziò in un mondo di pagani; il mio
ebraismo fu trasformato in un altro mondo, anch'esso pagano».
Potok è anche certo che nella storia ebraica si nasconda qualcosa di «misterioso
e sconcertante» e sa benissimo che con questo libro non può giungere a
rivelazioni inaspettate. L'unica sua "speranza" è quella di
contribuire a risolvere un nodo ricorrente, che sintetizza in una domanda:
«Come mai, dopo quattromila anni di confronto culturale teso, fecondo e
spesso violento gli ebrei esistono ancora e - come sto facendo io - ancora
cercano di capire e interpretare la propria storia?».
Il capitolo finale riserva una meditata e quanto mai lucida analisi
dell'ebraismo come viene vissuto oggi, una circonstanziata memoria tutta
aperta al dialogo e alla speranza: «Essere ebreo oggi - dice Potok -
significa comprendere appieno la possibilità della fine dell'umanità,
credendo allo stesso tempo con fede sicura che sopravviveremo». |