Il Caso Santus, Università di Torino
Israel replica ai rettori: 
“Invitate docenti israeliani nelle università”  

Gravi notizie di episodi di antisemitismo si ricorrono dalle università europee, e ora anche italiane. Registriamo il fenomeno, nella speranza che guardare in faccia alla realtà ci aiuti a "prender parte" e a non rimanere indifferenti. Vi invitiamo a leggere la toccante ma anche inquietante lettera della Prof.ssa Daniela Ruth Santus, una dolorosa resa che sentiamo anche nostra...

Roma. “Le reazioni dei miei colleghi mi hanno stupito: sono di un’ambiguità sconcertante”. Giorgio Israel, docente di Storia delle matematiche all’Università la Sapienza di Roma, avrebbe sperato che insegnanti e rettori commentassero diversamente l’ultimo episodio di antisemitismo studentesco avvenuto all’Università di Torino (dove la professoressa Santus è stata minacciata, usata come bersaglio per le uova, invitata a esplodere su un autobus “come i bambini ebrei”, e gli stessi studenti hanno contestato a furia di “assassino” il diritto di parola del viceambasciatore di Israele Elazar Cohen, intervenuto alla lezione della professoressa per parlare di medio oriente”.

Israel aveva denunciato sabato, con un’intervista al Corriere della Sera, il clima di “acquiescenza, se non di compiacenza” negli atenei italiani verso manifestazioni squadriste che violano la libertà d’insegnamento, spesso ridimensionate dagli stessi docenti in contestazioni un po’ vivaci da condannare blandamente. “Il rettore dell’Università di Pisa Marco Pasquini ha reagito definendoli ‘fermenti sociali, una delle ricchezze dell’Università’: ma quale ricchezza? Sono la manifestazione del degrado più profondo”.

I docenti assicurano comunque che si tratta di episodi isolati, da loro immediatamente condannati. “Nemmeno io ritengo che si tratti di un virus dilagante, ovviamente: ho già detto che nella mia Università non è mai accaduto niente del genere, e che in Italia la situazione è certo migliore rispetto a quella francese, ma sono eventi di una gravità estrema, che dovrebbero ricevere in risposta un segnale chiaro, e invece non vengono nemmeno sanzionati, ma condannati a parole, con le solite manifestazioni di solidarietà. 

Cosa se ne fa della solidarietà Shai Cohen, consigliere per gli affari politici dell’ambasciata di Israele, al quale nella facoltà di Scienze politiche di Pisa è stata impedita la parola da una trentina di studenti con la kefiah che gridavano ‘Israele boia, Cohen boia’? 

Il preside ha preferito interrompere la lezione e non chiamare le forze dell’ordine, ma avrebbe dovuto reiterare l’invito e garantire a Cohen il diritto di parola: invece ha preferito soprassedere e parlare di intollerabile atto di violenza”. 

Israel ritiene che si tratti di “casi isolati”, come dicono i suoi colleghi, soltanto perché “si evita di chiamare nelle Università italiane rappresentanti israeliani: si invitano palestinesi e islamici a parlare di Palestina e il diritto di parola viene giustamente sempre garantito, invece quelle pochissime volte che si cerca un dialogo, un approfondimento, anche con gli israeliani, va sempre a finire malissimo”. 

A Pisa, dove Shai Cohen è potuto uscire dall’aula magna senza essere toccato dietro la promessa del preside agli studenti di non chiamare la polizia.

A Firenze, dove l’ambasciatore israeliano Ehud Gol è stato contestato prima ancora che cominciasse a parlare al grido di “fascisti”, “assassini”, “Palestina rossa”, e il rettore ha spiegato che però i facinorosi ce l’avevano con “la politica di Israele” e non con gli ebrei.

A Bologna, dove un incontro è stato annullato dopo i fatti di Firenze, “vista la situazione nella nostra facoltà”. 

A Torino il consigliere Elazar Cohen è riuscito a parlare solo perché la professoressa Santus aveva preventivamente chiamato la polizia, “ed è stata assai criticata per questo”, spiega al Foglio Israel. “Non voglio entrare nei complicati rapporti della docente con i suoi superiori, ma è evidente che è terrorizzata: il preside non avrebbe dovuto certo metterla a confronto con quei giovanotti che già le avevano tirato uova e persino lanciato un razzo. 

Ed è inaccettabile che vicende del genere vengano derubricate con leggerezza a contestazioni, perché esiste una simpatia politica di base per queste persone, e perché ancora si pagano i guasti che arrivano dal ’68, quando le minacce fisiche erano considerate in fondo normali”.

Il rettore Decleva, della Statale di Milano, ha detto: “Nessun allarme. Se Israel ha elementi per sostenerlo, lo dica: ma non sono cose che si possono affermare così”. Israel ribatte che gli elementi sono sotto gli occhi di tutti, e nessuno afferma niente di diverso da quel che succede, “è strano che il rettore Decleva non li veda, e anzi la cosa mi inquieta: in ogni caso un’autorità accademica deve garantire la libertà di insegnamento e la libera espressione del pensiero, e impedire che l’Università venga sfregiata da eventi del genere. Bisognava intervenire e riparare. Non è successo”. 
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[Fonte: Il Foglio 10-5-2005]

La lettera della professoressa Santus “mai inviata al Foglio”            torna su

Gent.le Dott.
questa mattina ho svolto regolarmente la lezione, nonostante la bacheca centrale dell'Università fosse decorata da proteste contro la "Santus sionista".

Tuttavia la protesta è scaturita subito all'uscita del Palazzo Universitario dove gli studenti dei collettivi autonomi mi hanno fermata.

La Digos e la Polizia erano fuori dal Palazzo e intorno a me, nel momento del contatto ravvicinato con gli autonomi.

Questa volta non c'è stato il lancio di fumogeni né di uova come la settimana prima, ma uno di questi studenti mi ha fatto presente che il Vice Ambasciatore d'Israele non aveva diritto di parola perchè "l'esercito israeliano uccide i bimbi palestinesi" e loro avevano diritto di contestarlo. A nulla è valso un tentativo di dialogo. Quando ho fatto presente che i bambini ebrei muoiono sugli autobus a causa del terrorismo palestinese, mi è stato risposto che è giusto così e che io stessa dovrei fare la stessa fine, perchè quella è la legittima lotta del popolo palestinese. Ovviamente, secondo una "studentessa", quando gli ebrei scelgono di andare a vivere in Israele devono sopportarne le conseguenze.

Ciò che li ha irritati ancor più è stato il fatto che io, a quel punto, abbia dato loro degli antisemiti.

Siamo finiti in presidenza. Infatti, non sentendomi tutelata nella mia incolumità (lo "studente" che mi ha detto che sarei dovuta saltare per aria su un autobus, mi ha anche intimato di "stare molto attenta d'ora innanzi" e un altro mi ha assicurato che il prossimo anno verrà a tutte le mie lezioni per contestarmi), ho dichiarato che - poiché le ore del mio corso sono terminate - non mi sarei più presentata in aula sino al giorno dell'esame che avrei svolto per intero e non spezzettato in esoneri come precedentemente previsto. Questo fatto li ha indisposti e hanno voluto rivolgersi al Preside affinché mi chiedesse di tenere ugualmente gli esoneri per gli studenti.
Il Preside ci ha ricevuti: c'erano gli autonomi, un gruppetto di miei studenti, uno studente israeliano (rimasto sconvolto dal clima di violenza che si respirava) e il mio collaboratore marocchino (islamico!).

In presenza del Preside gli autonomi hanno dichiarato che io ho commesso dei "gravi errori" e che l'Università di Torino dovrà allinearsi a quelle inglesi nel NON permettere più ad alcun rappresentante israeliano di parlare. Hanno dichiarato che sono di parte e, quando il mio collaboratore ha fatto presente che ogni mercoledì lavoriamo con testi scritti in arabo, giunti da Gaza, per tutta risposta si è sentito dire che la comunità maghrebina dovrebbe perseguitarlo. Peccato non abbiano detto per quale motivo: forse perchè collabora con una docente ebrea?

A questi studenti non piace ciò che insegno perchè parlo d'Israele, ma di fatto non sono obbligati a inserire il mio corso: ve n'è uno parallelo nel quale si parla soltanto di Palestina, dal punto di vista palestinese. E il libro che io ho fatto adottare D. Santus, G. Cusimano, Israele e Palestina, due paesi un solo problema, Torino, Tirrenia Stampatori, 2005 presenta anche il punto di vista palestinese (pur se non quello fondamentalista!).
Il Preside ha fatto quanto ha potuto per calmare gli animi, soprattutto ha cercato di strappare loro la promessa circa la mia incolumità fisica (ma lo "studente" che mi ha minacciata non è salito in Presidenza! e una mia laureanda l'ha sentito dire che lui i sionisti li brucerebbe tutti).

Ora che posso fare?

È vero che la storia di Purim ci insegna che anche una sola persona può cambiare le sorti della storia, ma io non sono la regina Esther e sono drammaticamente sola.
Non uno, tra i miei colleghi, era in aula o in presidenza a dire che la libertà d'insegnamento è fuori discussione, che la libertà di parola è un bene assoluto da non potersi neanche mettere in discussione. Non uno tra i miei colleghi mi ha teso la mano, non uno tra i miei colleghi ha strappato uno dei manifesti con sopra il mio nome.
Lo so che dovrei continuare a lottare, ma ho due figli e uno è troppo piccolo. Hanno vinto gli autonomi, io lascio. Non ho più parlato con la stampa e non lo farò più. Ho paura? Sì, certo. Ho paura.

Il prossimo anno modificherò il mio programma e parlerò di geografia postmoderna e teorie astratte. Israele uscirà dall'Università di Torino e io mi attiverò per cercare "asilo politico" in un'altra università.

Cordialmente shalom,
Daniela Ruth Santus.

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