Gian Maria Vian, su "Avvenire"
del 13 febbraio 2004
La vita: Israel
Zoller (poi Zolli) nacque a Brody nel 1881 da famiglia ebrea
polacca. Dopo la Grande Guerra divenne rabbino capo a Trieste,
insegnando all'università di Padova. Nel 1938 fu nominato rabbino
capo di Roma. Battezzato nel 1945, insegnò alla Sapienza e
all'Istituto Biblico. Morì nel 1956.
Esce la sua autobiografia: il libro arriva in Italia
dopo 50 anni dalla pubblicazione in Usa e fa chiarezza su una vicenda
storica che ha alimentato polemiche
Chi era Eugenio Zolli? Rabbino capo di Roma dalla fine del 1938, sei
anni dopo - nel primo autunno dopo la liberazione di Roma
dall'occupazione tedesca - si convertì al cattolicesimo, e il 13
febbraio 1945 fu battezzato con il nome di Eugenio, quello del papa
allora regnante (Pio XII, Eugenio Pacelli). L'episodio fu clamoroso:
esecrata dagli ebrei, la figura di Zolli divenne in qualche modo un
simbolo controverso e polemico, certamente non per sua volontà, anche
per gli eventi tragici che avevano colpito la comunità ebraica romana.
Polemiche rinfocolate dall'autobiografia di Zolli, che uscì nel 1954
negli Stati Uniti, in un periodo in cui numerose erano le conversioni di
protestanti ed ebrei alla Chiesa cattolica.
Qui l'anno prima era stato invitato per una serie di conferenze
bibliche, con evidenti intenzioni apologetiche. In questo contesto
uscì, con l'autorevole prefazione del delegato apostolico a Washington
Amleto Giovanni Cicognani, il suo lungo e sofferto racconto
autobiografico, intitolato Before the dawn, mai pubblicato in Italia, e
che esattamente mezzo secolo dopo, con lo stesso titolo (Prima
dell'alba, San Paolo, 284 pagine, 16 euro), è finalmente da oggi in
libreria.
L'interesse per la controversa figura del rabbino convertito si è ogni
tanto riacceso, soprattutto per strumentali polemiche. Generalmente
rimosso in ambito ebraico, Zolli quasi scomparve anche tra i cattolici
dopo gli anni del concilio Vaticano II e durante la stagione del dialogo
con l'ebraismo, evidentemente perché la complessa figura del convertito
imbarazzava. Ma proprio il recente intensificarsi delle relazioni tra
cattolici ed ebrei ha posto le premesse per un interesse nuovo nei
confronti di Israel Zoller (questo il suo nome originario). Sintomatico
fu così tre anni fa il successo in Francia di un libretto, appassionato
quanto modesto, di un'ebrea divenuta cattolica: tradotto nel 2002 in
italiano, con un titolo per la verità infelice (Judith Cabaud, Il
rabbino che si arrese a Cristo, San Paolo), il racconto della vita di
Zolli ha venduto moltissimo nonostante il silenzio della grande stampa.
Solo ora però, grazie a questo bellissimo libro, la figura del rabbino
divenuto cattolico - al di là di ingiuste polemiche da parte ebraica e
di devote enfasi da parte cristiana - si delinea nella sua affascinante
(e dolorosa) complessità per essere restituita alla storia. Fin dal
recupero del testo originale italiano, finora inedito, e che è stato
curato molto bene sul dattiloscritto originale da Alberto Latorre, con
due brevi scritti del nipote di Zolli, Enrico de Bernart, che si
sofferma soprattutto su due punti scottanti del racconto: il
comportamento del nonno durante i tragici mesi dell'occupazione nazista
e il rapporto del rabbino divenuto cattolico con Pio XII.
Zolli non doveva essere una persona che attirasse simpatie, come
traspare da un cenno riferito alla nomina a rabbino capo di Trieste:
«Io so meglio amare che farmi amare». Colpito precocemente da dolori
familiari, il giovane ebreo polacco era uno studioso riservato e
tormentato, non facile ai rapporti umani, benché sensibilissimo e
attento alla psicologia (e persino alla nuova scienza psicanalitica). Di
temperamento riflessivo e mistico - splendide ed emozionanti sono alcune
pagine - il rabbino capo di Roma fu tuttavia molto più consapevole dei
maggiori esponenti laici della comunità romana dell'imminente disastro,
che tentò invano di evitare. Proprio le incomprensioni con questi
(Dante Almansi e Ugo Foà) spiegano le ingiuste accuse di abbandono che
furono rivolte a Zolli e tuttora pesano sulla sua memoria.
Israel volle essere battezzato con il nome di Eugenio, ma non si
convertì - scrive lo stesso Zolli - «in segno di riconoscenza per gli
innumerevoli atti di carità da parte di Pio XII». Premettendo però,
con parole calibratissime, che «nessun eroe della storia ha mai
comandato un esercito più combattivo, più combattuto e più eroico di
quello che fu guidato nella battaglia condotta da Pio XII in nome della
carità cristiana».
Scritto fin dal 1947, il racconto di Eugenio Zolli è soprattutto il
racconto di una passione per Dio, in Cristo, ricevuto - scrisse in un
capitolo conclusivo che compare solo nel testo inglese e dov'è riferita
una visione mistica di poco precedente la conversione - «con il
medesimo sentimento con cui si riceve un membro della propria famiglia o
una persona amata in quanto in stretta confidenza».