Natale, la pace in Terra Santa, la pace nel mondo

Per il Delegato Apostolico di Gerusalemme, la nascita di Gesù, la fede di cristiani e pellegrini, sono la fonte dell’ottimismo e della pace. Ma anche i segnali di dialogo fra Israele e Palestina, l’attenzione del mondo e della Chiesa, sono di buon auspicio.


Gerusalemme - Il cristiano di fronte al Natale può porsi la domanda “devo essere un ottimista o un pessimista?”. C’è una preghiera della liturgia di questi giorni che ci dà  la risposta: “Signore ci sentiamo servitori indegni di Te, e avvertiamo con tristezza tutto il male che rende vuota la nostra vita. Donaci tuttavia di trovare la  gioia nella nascita del tuo Figlio, che viene per salvarci”. Nella prima parte di questa preghiera, vi sono le ragioni del nostro pessimismo; nella seconda tutte quelle per il nostro ottimismo. Non c’è altro momento dell’anno, non c’è altro luogo come Betlemme, in cui uno possa sentire Dio così vicino alla nostra vita: è nato come me; si è fatto carne come sono io; si è fatto compagno di viaggio della mia vita. 

Quando ci si inginocchia con fede e amore davanti al Bambino di Betlemme, finisce la nostra solitudine. L’Emmanuele, Dio è con noi: chi sarà contro di noi? Finisce il nostro senso di vuoto perché quando siamo con Dio abbiamo tutto: il tempo e l’eternità. Finisce il senso della disperazione perché quando sappiamo che Dio è accanto a noi, ci viene una forza e un coraggio unici. Il mio augurio a tutti i cristiani del mondo, a tutti gli uomini di buon volontà è questo: che sappiano con semplicità e con umiltà riconoscere la presenza di Dio vederne il suo volto e gustare il senso cristiano della vita.

Nel mondo israelo-palestinese, i cambiamenti in corso oscillano fra ottimismo e pessimismo.

Io credo che serva il senso dell’ottimismo. Il pessimismo fa cadere le braccia e rende inattivi, non creativi; l’ottimismo sa come non diventare prigioniero del momento, sa gettare il seme al di là del muro per costruire un domani migliore. Nella situazione della Terra Santa vi sono segni di ottimismo. Si è aperta una nuova pagina tutta da scrivere, ma sul posto vi sono segni di buona volontà e pace. Lo ripeto sempre: la chiave della pace in molte parti del mondo risiede a Gerusalemme; la pace in Terra Santa vuol dire la pace in molte parti del mondo. E insisto sulle parole del Papa: “la pace è possibile”, la pace non è un optional, è un dovere.

I segni di pace non sono ancora numerosi: il muro continua, i morti continuano; occorrono fatti che vadano controcorrente rispetto alla situazione attuale. Ma i primi segni ci sono: da parte delle autorità israeliane, da parte delle autorità palestinesi in questi giorni ascoltiamo ripetute parole di volontà di pace. Dal punto di vista internazionale, leader importanti hanno dichiarato in questi giorni, che metteranno le loro migliori energie per facilitare la pace in Terra Santa. Mi pare che si stia prendendo coscienza che la pace nel mondo, in gran parte, dipende dalla pace in Terra Santa.

In questo conflitto che dura da troppo tempo, i cristiani sono insieme vittime  e segno della riconciliazione. I cristiani in Terra Santa sono pochi, solo il 2% della popolazione. É vero però che la testimonianza non si misura dalla quantità, ma dalla qualità dei segni che si danno e i cristiani qui in Terra Santa sono segno di riconciliazione. Questo segno diventerà più forte nella misura in cui si esprime la solidarietà dei cristiani del mondo con i cristiani della Terra Santa. 

Segno di riconciliazioni sono anche i pellegrini, che passando per le vie di Gerusalemme, di Betlemme, di Nazareth, camminando sui passi di Gesù, camminano in preghiera, senza odio negli occhi, pronti a dare un segno, uno sguardo di amicizia ad ebrei e palestinesi. Camminando nella terra di Gesù, i pellegrini cristiani vanno incontro alla loro personale riconciliazione con Dio; con la loro presenza amica diventano segno di riconciliazione in Terra Santa.

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[Fonte:
AsiaNews 23 dicembre 2004]

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