Gesù è risorto. L’annuncio, pieno di
gioia, si diffonde in ogni angolo della Terra. La sconfitta della morte riporta
la speranza nel cuore di ogni uomo. Con un percorso segnato dalla gioia
pasquale, scopriamo come si vive questa Festa nel mondo. Prima tappa il Medio
Oriente, la Terra Santa teatro della passione, della morte e della risurrezione
di Gesù Cristo. Celebrando la Messa nella Basilica del Santo Sepolocro, il
patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, ha lanciato un appello per la
pace in tutta la regione. La Pasqua di quest’anno sembra assumere, infatti,
uno spirito nuovo dopo il riavviato dialogo tra israeliani e palestinesi. In
questo clima di rinnovata speranza, moltissimi cristiani hanno ottenuto,
inoltre, il visto per entrare a Gerusalemme dove hanno partecipato ai riti
pasquali. Ascoltiamo al microfono di Benedetta Capelli padre Pierbattista
Pizzaballa, custode di Terra Santa:
R. – La Pasqua qui a Gerusalemme è una
Pasqua particolare, unica, per i riti e le celebrazioni che sono legate
sicuramente al mistero, ma anche al luogo. Qui a Gerusalemme ci sono dei riti
unici. Si vedono riti diversi, tantissimi riti contemporaneamente: il rito
cattolico, il rito ortodosso e quello armeno. Tutte le Chiese sono presenti con
le loro tradizioni. Io ricordo sempre della Pasqua di Gerusalemme i profumi
particolari che ci sono nella Basilica del Santo Sepolcro. Il profumo deve
essere il simbolo della risurrezione di Cristo, della bellezza di Cristo.
D. – La risurrezione di Gesù cosa
porterà in questa terra, dopo gli spiragli di pace aperti grazie al dialogo tra
palestinesi e israeliani nel vertice di Sharm-el- Sheik?
R. – La risurrezione di Gesù è il
fondamento della nostra speranza, della speranza di ogni cristiano. Con la Sua
risurrezione, Gesù ha abbattuto il muro di inimicizia - come dice San Paolo -
che divideva i popoli. In modo particolare qui in Terra Santa, dove i popoli
sono ancora lacerati e le ferite sono ancora aperte, la risurrezione di Gesù
diventa la festa della riconciliazione. La Pasqua diventa il desiderio della
riconciliazione e dell’abbattimento di tutto ciò che divide. Ci sono segni
concreti di speranza. La pacificazione richiederà molto tempo, come è giusto
che sia, perché le ferite – come dicevo – sono ancora molto aperte. Ci
vorrà una generazione. Bisogna preparare, formare una generazione che creda
nella pace e che voglia costruire una società rappacificata e riconciliata e
questo richiederà sicuramente tempo. Ma sicuramente i segni posti da Abu Mazen,
da Sharon, i segni anche di dialogo politico, che è ricominciato, sono la
premessa fondamentale perché questo si attui.
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