Il cardinale Jean-Louis Tauran, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ha
rappresentato il Papa all’inaugurazione del nuovo museo della Shoah a Gerusalemme, avvenuta due giorni fa con gli interventi, tra
gli altri, del presidente israeliano Katzav, del premier Ariel Sharon e del segretario generale dell'ONU, Kofi Annan. A nome di
Giovanni Paolo II, il cardinale Tauran ha testimoniato “la vicinanza spirituale del Papa e la solidarietà della Chiesa
cattolica” sottolineando, nel suo intervento, che “non c’è luogo o ragione per l’odio verso gli Ebrei che in ogni caso
rappresenta un peccato contro Dio e contro l’umanità”. Ricordando “l’immensa sofferenza degli Ebrei” vissuta con l’Olocausto,
il cardinale Tauran ha sottolineato “il dovere di essere vigilanti e la necessità di rifiutare l’indifferenza”.
R. - Quando uno passa attraverso immagini, ricordi personali, divise dei prigionieri,
fotografie dei bambini strappati alle madri, direi che c’è un sentimento di oppressione e poi anche un grande interrogativo:
come l’uomo può arrivare a tale grado di barbarie. È proprio il mistero dell’iniquità.
D. - Eminenza, i dirigenti israeliani hanno pronunciato parole preoccupate. Il presidente
Katzav ha affermato di aver paura dell’attuale antisemitismo. Il primo ministro Sharon ha detto che Israele era l’unico posto
al mondo dove gli ebrei avevano il diritto di difendersi. Come reagisce a queste dichiarazioni?
R. - Se pensiamo alle sinagoghe attaccate, bruciate in Francia, non possiamo non
vedere segnali molto preoccupati, però un museo come quello della Shoa di Gerusalemme ha proprio un valore pedagogico. Come
sosteneva il tema scelto per la cerimonia, occorre “ricordarsi del passato per edificare il futuro”. È dunque una lezione
per le generazioni future. Non dobbiamo mai dimenticare che l’uomo può qualche volta arrivare a questo grado di disumanità. È
quindi anche un’occasione per far riflettere i giovani su queste possibilità di derive.
D. - Il dovere della memoria è dunque sempre importante?
R. - È un dovere quello di ricordarsi per diventare migliore, per evitare di cadere
nella trappola e negli eccessi del passato.
D. - Pensiamo al presente, ai giovani. Riguardo alla Terra Santa si dice che la situazione
attuale è migliorata, addirittura oggi si apprende che Gerico è stata trasferita ai palestinesi. Ci sono bagliori di speranza?
La Santa Sede è fiduciosa?
R. - Io direi che rispetto al mio ultimo soggiorno, ho trovato una clima nuovo. E’ vero
che l’ottimismo è molto misurato, prudente, perché si sa per esperienza, qui in Terra Santa, che qualche volta alla sera c’è
una soluzione, ma domani, con qualche attentato, tutto crolla. Allora si deve essere sempre molto prudenti nel valutare il futuro.
La cosa che personalmente vedo positiva è che c’è la volontà di dialogare, di guardarsi, di incontrarsi e questo è veramente
molto positivo.
D. - In quanto inviato del Papa, come è stata percepita la sua presenza dalle autorità
israeliane?
R. - Sono stato molto commosso. Posso dire che, in tutti gli incontri che ho avuto, tutti mi
hanno chiesto di trasmettere al Santo Padre i loro auguri di buona salute. I rabbini mi hanno detto che nelle sinagoghe si prega
per la salute del Papa. Tutti riconoscono che questo Papa ha fatto nel processo di riavvicinamento con gli ebrei dei passi da
gigante. È anche grazie a lui che il clima lì è cambiato. C’è un grande affetto per il Papa, una grande preoccupazione per
la sua salute, una grande riconoscenza per la sua opera nel dialogo con il mondo ebraico.
D. - L’inaugurazione di questo nuovo Museo coincide con i 40 anni della Costituzione
conciliare sul dialogo con l’ebraismo “Nostra Aetate”. Possiamo concludere con un pensiero su questo?
R. - Io direi che il documento Nostra Aetate ha aperto la strada. Abbiamo percorso
questa strada con un ritmo accelerato grazie al Papa, grazie al legame che Giovanni Paolo II personalmente ha con il giudaismo in
generale.
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