L’inviato di Giovanni Paolo II alla inaugurazione del nuovo Museo di Storia dell’Olocausto dello
Yad Vashem, a Gerusalemme, ha affermato che questo edificio è un “avvertimento” e un “appello” per il mondo intero.
Il cardinale Jean-Louis Tauran, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ha rappresentato il Papa nelle celebrazioni per
l’inaugurazione di questo Museo, alla quale hanno preso parte più di 40 capi di Stato e di Governo di numerosi Paesi, così
come il Segretario Generale della Nazioni Unite, Kofi Annan. Presenti anche il Presidente di Israele, Moshe Katsav, e Ariel Sharon,
Primo Ministro Israeliano.
“L’edificio che abbiamo inaugurato è per il mondo intero un avvertimento, una testimonianza, un appello”,
ha affermato il porporato francese nel suo intervento pronunciato in inglese.
“Nel riconoscere l’immensità delle sofferenze degli ebrei, arriviamo a confrontarci faccia a faccia con l’obbligo di essere
vigili, con il bisogno di rigettare l’indifferenza e con il terrificante vuoto di un mondo senza Dio”. Nel richiamare le
parole di Giovanni Paolo II il cardinale Tauran ha detto che “quando ricordiamo ‘l’orribile crimine perpetrato contro la
nazione ebraica’, che è stato l’Olocausto, lo facciamo affinché ‘questi terribili eventi siano per gli uomini e le donne
contemporanei un appello alla responsabilità, volta a costruire la nostra storia’”. “La Chiesa cattolica, rispettando l’unicità
dell’ebraismo e rimanendo legata nella fede alla sua eredità, insegna che non c’è spazio o ragione per l’odio degli ebrei.
Questo sarebbe un peccato contro Dio e contro l’umanità”, ha aggiunto.
Il porporato ha quindi pronunciato le parole contenute nel Salmo 103, nella speranza che esse possano risuonare a lungo nella
Terra Santa, parole che “servirono da sostegno nel tormento per molti di coloro che noi stiamo piangendo quest’oggi: ‘Come
un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. Perché egli sa di che siamo plasmati…La
grazia del Signore è da sempre, dura in eterno per quanti lo temono”. “Nonostante il peggio possa sempre sorgere dal cuore
dell’uomo, il bene può essere sempre reso manifesto in pari misura. E’ per questo motivo che noi siamo qui oggi”.
Il Museo la cui realizzazione ha richiesto più di dieci anni di lavoro, conserva nei suoi ambienti oggetti autentici della
Seconda Guerra Mondiale e della vita quotidiana degli ebrei in Europa prima e durante l’Olocausto. Nelle sale del nuovo Museo si
può vedere anche la ricreazione della strada principale del ghetto di Varsavia, simbolo dell’isolamento a cui furono destinati
gli ebrei e della rivolta protagonista della resistenza del 1994. Fra le altre cose, è possibile osservare anche la riproduzione
dell'abitazione di una famiglia ebrea berlinese, o contemplare una gigantografia che mostra i resti del massacro di Babi Yar, in
Ucraina, dove più di 53.000 ebrei furono fucilati fra il 29 e il 30 settembre del 1941. Si trovano esposte inoltre 230 pitture
realizzate da artisti ebrei, molti dei quali descrivono le esperienze da loro vissute nei campi di concentramento.
Il Museo ricorda infine i massacri perpetrati contro omosessuali, gitani, comunisti, o le pratiche eugenetiche utilizzate dai
nazisti contro le persone considerate affette da handicap mentali.
Il cardinal Tauran, in alcune dichiarazioni rilasciate alla “Radio Vaticana”, ha riconosciuto questo giovedì che “attraverso
immagini, ricordi personali, divise dei prigionieri, fotografie dei bambini strappati alle madri" si vive "un sentimento
di oppressione e poi anche un grande interrogativo: come l’uomo può arrivare a tale grado di barbarie. È proprio il mistero
dell’iniquità”. “Se pensiamo alle sinagoghe attaccate, bruciate in Francia, non possiamo non vedere segnali molto
preoccupati, però un Museo come quello della Shoà di Gerusalemme ha proprio un valore pedagogico”, ha aggiunto.
Il cardinal Tauran ha rivelato poi di aver trovato in Terra Santa “un clima nuovo”, sebbene “l’ottimismo è molto
misurato, prudente, perché si sa per esperienza, qui in Terra Santa, che qualche volta alla sera c’è una soluzione, ma domani,
con qualche attentato, tutto crolla”.
“Allora si deve essere sempre molto prudenti nel valutare il futuro. La cosa che personalmente vedo
positiva è che c’è la volontà di dialogare, di guardarsi, di incontrarsi e questo è veramente molto positivo”, ha
riconosciuto. Il Cardinale ha quindi confessato di sentirsi “molto commosso”, poiché in tutti gli incontri che ha avuto a
Gerusalemme “tutti mi hanno chiesto di trasmettere al Santo Padre i loro auguri di buona salute. I rabbini mi hanno detto che
nelle sinagoghe si prega per la salute del Papa”.
“Tutti riconoscono che questo Papa ha fatto nel processo di riavvicinamento con gli ebrei dei passi da gigante. È anche grazie
a lui che il clima lì è cambiato.”
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