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Da "Avvenire del 15
gennaio 2005
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Il Rabbino che attraverso Paolo ricongiunse ebraismo e crsitianesimo |
A lungo ignorato oggi si rivaluta la sua lettura del «messianismo» |
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La contraddizione fu la cifra distintiva del pensiero e della vita di Jacob Taubes, il pensatore ebreo conosciuto per i suoi studi sull'apocalittica e la teologia politica. La densa biografia intellettuale che Elettra Stimilli dedica al rabbino nato a Vienna nel 1923 ne mette in luce l'irrequietezza filosofica, carattere peculiare del pensiero teologico della seconda metà del Novecento. Per circa un quarantennio - dal 1947, quando pubblicò l'Escatologia occidentale, al 1987 quando morì a New York - Taubes fu tra i protagonisti del dibattito teologico e conobbe personalmente Karl Barth, Hans Urs von Balthasar, Gershom Scholem, Wilhem Weischedel. Come ha ben intuito la Stimilli la riscoperta di Taubes non può perciò prescindere dal ruolo da lui svolto nel dibattito culturale dell'epoca e in particolare dalle relazioni intrattenute con Gershom Scholem e Carl Schmitt. Gli incontri con i due filosofi costituirono i confini estremi della carriera intellettuale di Taubes: quello del 1949 con Scholem ne rappresentò l'esordio accademico, mentre quello con Schmitt del 1978 costituì il coronamento di un itinerario intellettuale all'insegna della libertà di pensiero, tale da permettergli di intrattenere cordiali rapporti con il principale ideologo del nazismo. Un unico filo rosso collega questi due incontri che segnarono la vita di Taubes: la riflessione sul messianesimo, che prende l'avvio dall'interpretazione delle lettere di San Paolo. La rottura con Scholem si consumò su questo tema, poiché Taubes considerava la teologia di Paolo come il punto di congiunzione tra il messianesimo cristiano e quello ebraico, mentre Scholem era convinto che proprio la concezione paolina della salvezza segnasse il punto definitivo di rottura tra le due religioni. D'altro canto l'avvicinamento a Schmitt - sempre all'interno di quello che Taubes stesso definì "un divergente accordo"- fu determinato dalla condivisone dell'interpretazione teologico - politica delle Lettere, e fu ancora una volta funzionale al riavvicinamento tra la religione ebraica e quella cristiana. Ma il recupero dei legami tra le due religioni monoteistiche ribadì ancora una volta l'essenza dialettica del pensiero di Taubes: ebraismo e cristianesimo- come evidenzia la Stimilli- non venivano accomunati per il loro anelito alla trascendenza ma per la loro positiva valutazione del tempo storico e contingente insita nella stessa radice messianica. |
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Elettra Stimilli |
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