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L’autrice del "Diario" cercava ansiosamente almeno un
mozzicone di matita per poter scrivere qualcosa su quello che ci stava
succedendo» Dall’austro-italiana 85enne un secondo libro, rivolto ai
giovani
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Non avranno una grande visibilità sui
mass- media, ma i prodigi di chi si batte dalla parte della solidarietà e
della tolleranza sono davvero incredibili, se una minuta ottantacinquenne
come Elisa Springer riesce a percorrere instancabilmente l'Italia
riempiendo le sale con il suo racconto di ebrea sopravvissuta ai campi di
sterminio, per promuovere quei valori che nei lager si è inutilmente
cercato di cancellare dalla faccia della terra: amore, rispetto,
comprensione, perdono.
Dopo aver sepolto in cuore per cinquant'anni l'orribile esperienza vissuta
dal 1943 al '45, Elisa Springer, viennese di nascita ma trapiantata in
Puglia per matrimonio, nel 1997 ha finalmente riversato in un libro, Il
silenzio dei vivi, la mortifera furia dei ricordi che la
imprigionavano in un tunnel di depressione. Il successo del libro ha dato
il via a un'ininterrotta sequela di incontri soprattutto con studenti: da
questa nuova, vivificante esperienza è nato un secondo libro, L'eco
del silenzio, pubblicato da Marsilio per iniziativa e con la
collaborazione di Mario Bernardi.
«È stato mio figlio Silvio a sbloccare il peso nascosto che stava
soffocandomi - ci dice Elisa, venuta a Milano per la presentazione del
libro - Condotto dal suo amore filiale e dalla competenza di medico, ha
capito che avevo bisogno di raccontare anche nei dettagli più orrendi le
atrocità che avevo vissuto, e mi ha spinto a scrivere il primo libro,
assistendomi nella stesura. Questo secondo libro è dedicato a lui, che
non c'è più, fulminato due anni fa da un infarto».
L'eco del silenzio ha come sottotitolo: «La Shoah raccontata ai
giovani», perché proprio ai giovani Elisa Springer predilige rivolgersi,
sperando di indirizzarli con il suo esempio a una scelta di pace e
fratellanza: «Fra le tante lettere che ricevo ogni giorno, ho riportato
in questo libro le più significative, come quella di un giovane naziskin
che è tornato da una visita ad Auschwitz completamente cambiato, tanto
che ha sentito il bisogno di scrivermi chiedendomi scusa per tutte quelle
sofferenze».
Nel primo libro Elisa Springer non aveva potuto inserire il suo personale
ricordo di Anna Frank: «Quando mio figlio a scuola ha letto il Diario
di Anna Frank, mi sono resa conto che lei e sua sorella erano nella mia
stessa baracca a Bergen Belsen: abbiamo spesso parlato insieme, cercava
ansiosamente almeno un mozzicone di matita per poter scrivere qualcosa su
quello che ci stava succedendo; l'editore però volle togliere questo
riferimento, perché non potevo fornire nessuna prova di aver conosciuto
Anna Frank, e questo poteva inficiare la credibilità dell'intero libro.
Ma poi mio figlio ha condotto un'accurata ricerca, ritrovando i documenti
che provano la contemporaneità della nostra presenza nello stesso campo,
anzi si è appurato che fummo trasferite da Auschwitz a Bergen Belsen
sullo stesso convoglio».
Nel libro racconta anche i suoi incontri con i grandi della fede, come
Giovanni Paolo II, insieme al quale ha ripetuto questa sola parola,
Auschwitz, nella sua pronuncia polacca: Oswiecim; e con madre Teresa di
Calcutta, incontrata qualche anno fa all'Arsenale della pace. Le targhe e
i riconoscimenti meritati in questi anni da Elisa Springer saranno
raccolti, insieme ai documenti, alle lettere, ai disegni, ai quadri, in un
Museo della Pace intitolato al suo nome, che sarà inaugurato quest'anno a
Matera.
[Fonte: "Avvenire" del
28 maggio 2003]
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