Nel gennaio scorso la lettera del Rabbino Laras a tutte le famiglie: lascio l´incarico dopo
25 anni. - Gli è stata offerta la presidenza del tribunale Comunità
ebraica, il dopo Laras. Il posto di rabbino capo è per Arbib responsabile
del settore ebraico della scuola (elementari e licei).
Da Repubblica - 7 luglio
2005
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Il cordiale ma convinto rifiuto
espresso agli amici che lo invitavano a festeggiare nella pizzeria kashèr
(1) all’indomani
della nomina a rabbino capo, ci dice forse qualcosa sul futuro del
rabbinato a Milano: “Mi dispiace, ma domani sera ho la lezione di Talmud”,
rispondeva un imbarazzato Alfonso Arbib.
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Il rabbino Arbib infatti, oltre agli impegni come responsabile del settore
ebraico (elementari e licei) delle scuole della Comunità di Milano, tiene
almeno cinque lezioni settimanali di Talmud e di pensiero ebraico, alcune
delle quali itineranti in case private. E naturalmente non si sottrae a un
paio di commenti al brano biblico settimanale, ogni sabato. Un’agenda
già densa che riflette il carattere concreto del suo insegnamento:
costante, vicino alla gente, spesso lontano dai riflettori pubblici.
La sua formazione, più che da intellettuale accademico, è quella di
insegnante: formatosi al Collegio rabbinico di Roma - sotto la direzione
dell’allora Rabbino Capo di Roma Elio Toaff - dove era arrivato nel 1967
in fuga da una Tripoli oramai in pieno furore antisemita, viene chiamato
quindi a Milano nei primi anni ottanta, dove inizia a lavorare in una
Comunità dove da molti l’insegnante è visto come un rabbino “minore”.
Eppure questo rabbino sefardita di formazione italiana potrebbe risultare
una scelta fortunata per Milano, dove convivono ebrei non solo di diversa
provenienza ma anche con diversi orientamenti. Milano, infatti, è la
città dalle diciotto sinagoghe dove convivono gli ebrei di rito italiano
a fianco di quelli ashkenaziti, libanesi e persiani a fianco della setta
chassidica Lubavitch, in una miriade di attività e di iniziative non
sempre sotto il cappello della Comunità ebraica formale. Negli ultimi
anni, infatti, questa si è indebolita, formalmente per problemi di
bilancio, ma in sostanza per una leadership in difficoltà.
Per azzardare e tracciare le linee di orientamento ideologico del nuovo
rabbino capo, dobbiamo necessariamente far riferimento alla sua tesi di
laurea rabbinica, tutta incentrata sul movimento ebraico del Mussàr, una
corrente ideologica sviluppatasi nell’Europa orientale dell’ottocento,
che propone come prioritari, nella dottrina ebraica, il rispetto dell’altro
e un profondo comportamento etico. Il Mussàr, infatti, rappresenta una
novità assoluta nei confronti del più conosciuto Chassidismo (corrente
religiosa tradizionalista nata alla fine del XVIII secolo a cavallo tra
Polonia e Russia), ma anche degli studi talmudici, allora spesso fini a
sé stessi.
Le lezioni del rabbino Arbib riflettono quindi questa sensibilità molto
attenta alle molteplici e profonde manifestazioni dell’animo umano. Di
tutti gli umani. Per Arbib dunque (citando un suo intervento sul problema
della traduzione in greco della Torà – la Bibbia ebraica) il rapporto
con l’ambiente circostante dell’ebreo (anche quello più attento ai
precetti) non solo è inevitabile, ma deve essere attivo e fecondo,
mantenendo però la propria coscienza di diversità. In termini pratici
quindi non dovrebbe cambiare molto nell’impostazione dei rapporti con le
altre religioni tracciata dal rabbino Laras nei lunghi anni del rabbinato
precedente, se non una maggiore attenzione alle problematiche interne al
mondo ebraico.
Tra queste la più pressante rimane quella dei matrimoni misti che sono
allo stesso tempo sia la causa, sia l’effetto di un forte indebolimento
dell’identità ebraica. Alfonso Arbib è da sempre un sostenitore della
linea morbida ma decisa, lanciata dallo stesso Laras una decina d’anni
fa e poi accolta da tutte le comunità ebraiche in Italia. Arbib, con la
sua particolare formazione, probabilmente dovrebbe poter riuscire a
dimostrare, se i responsabili della Comunità ebraica milanese saranno in
grado di fornirgli i mezzi necessari, che mai come nel campo dell’educazione
ebraica vale la regola che recita: prevenire è meglio che curare.
ALessia Gallone - da Repubblica - 6 luglio 2005
Era gennaio quando la lettera spedita dal rabbino capo Giuseppe Laras
arrivò nelle case degli iscritti della comunità. Facendo precipitare
nella bufera gli ebrei milanesi. «Carissimi fratelli e sorelle della
comunità, dopo attenta riflessione ho deciso che, nell´estate prossima,
lascerò il mio incarico». Nessun ripensamento. Laras aveva deciso di
andarsene dopo 25 anni. «Anche se oggi manterrà un incarico importante
come presidente del tribunale rabbinico», spiega il presidente della
comunità Roberto Jarach. Tutto sospeso in una lunga e difficile ricerca
di un sostituto che, tra tensioni e polemiche, si è conclude solo ora. A
pochi giorni dalla fine di giugno da quando, ufficialmente, Laras non è
più la guida religiosa di via della Guastalla. Dopo una commissione
incaricata di esprimere un primo giudizio vagliando candidature da Torino
a Roma, tormentate sedute del Consiglio e un parere della consulta
rabbinica presieduta proprio da Laras, la Milano ebraica nomina il suo
nuovo capo religioso.
Alfonso Arbib, 45 anni, è responsabile per l´educazione delle scuole
ebraiche della città. Una figura capace - raccontano in comunità - di
riuscire a tenere insieme le diverse anime degli ebrei milanesi. Il
microcosmo più composito in Italia: askenaziti, libici, laici, iraniani,
hassidim, persiani…
Arbib è di estrazione sefardita (è nato in Libia, ma è arrivato in
Italia dopo l´espulsione degli italiani decisa da Gheddafi) e di
educazione italiana, chiamato a Milano anni fa come insegnante della
scuola: una delle ragioni della scelta. «Dobbiamo guardare alle nuove
generazioni - dice Jarach -.
Non sarà un passaggio facile. Dobbiamo ancora mettere a punto questioni
tecniche e organizzative. Nessuno ha voluto prolungare i tempi: è stata
necessaria un´analisi approfondita per la scelta più condivisa
possibile. A differenza di Roma non avevamo un unico candidato. A questo
si sono sommati elementi politici». Polemiche e divisioni, con lo stesso
presidente che si è astenuto su una prima votazione: «Ma non riguarda
assolutamente la persona», precisa. Un percorso sofferto, con molti che
avrebbero voluto l´elezione di un rappresentante del movimento dei
Lubavitch, molto influente in città con proprie sinagoghe e una scuola.
«Massima soddisfazione - racconta il portavoce Yasha Reibman - per aver
messo le basi per la nomina di un nuovo grande rabbino e per non perdere
il prezioso contributo di rav Laras come presidente del tribunale».
Un travaglio normale, però, per David Piazza, responsabile del sito
ebraico Morashà: «Il ruolo del rabbinato sta cambiando - spiega - basti
pensare al dibattito sulla procreazione assistita e all´importanza delle
opinioni dei rabbini. Oggi, non sono solo funzionari, ma leader. Ecco, lo
scontro è anche tra chi rifugge la figura di un rabbino forte e
carismatico e chi vorrebbe accentuarla».
Il nuovo rabbino - Un´agenda per gli ebrei della città
Davide Romano da
Repubblica - 6 luglio 2005
Nel congedare e ringraziare il dimissionario rabbino capo di Milano
Giuseppe Laras per il quarto di secolo dedicato non solo alla comunità
ebraica ma anche alla nostra città nel suo insieme è opportuno stilare
un´agenda delle sfide che dovrà affrontare il suo sostituto.
Come qualsiasi sacerdote dovrà prima di tutto occuparsi dei propri
fedeli, e nella nostra città la sfida sarà assai impegnativa viste le
diverse provenienze dei membri della comunità.
Sono infatti ormai migliaia gli ebrei milanesi provenienti da Paesi
islamici, spesso fuggiti a causa di persecuzioni. Essi hanno arricchito
culturalmente Milano nel corso degli anni e hanno creato le proprie
sinagoghe (persiane, libanesi, libiche, eccetera). Il nuovo rabbino capo avrà il compito di coinvolgere maggiormente
questi e altri gruppi - come quelli provenienti dall´Europa orientale -
nelle istituzioni comunitarie milanesi. In merito invece ai rapporti tra
il futuro rabbino di Milano e il mondo non ebraico, il pensiero corre al
dialogo interreligioso.
Negli anni passati il rapporto tra il cardinale Carlo Maria Martini e il
rabbino Laras è stato molto fecondo, ma oggi serve andare ancora più
avanti e con diverse modalità. E le chiare condanne dell´antisemitismo
da parte delle gerarchie cattoliche sono certo positive, ma non bastano.
È necessario fare azione preventiva a tutti i livelli.
Una di queste poteva essere quella di inserire nel nuovo Compendio del
catechismo della Chiesta cattolica la condanna esplicita dell´antisemitismo
presente nella Nostra Aetate del 1965 dove si dichiara che ogni elemento
di antigiudaismo è contrario alla dottrina. Una richiesta che peraltro
era stata fatta dall´ambasciatore israeliano presso la Santa Sede allo
stesso - allora - cardinale Ratzinger già due anni fa, e che sembrava
potesse essere accettata. Purtroppo così non è stato, e sarà compito
del nuovo rabbino milanese anche quello di rilanciare - magari insieme al
cardinale Tettamanzi, se lo vorrà - tale proposta.
Se c´è una cosa che la Chiesa può fare contro l´antisemitismo infatti,
è proprio quella di far studiare ai propri fedeli e ai propri sacerdoti i
testi che richiamano all´amore verso quelli che Giovanni Paolo II ebbe
modo di chiamare «fratelli maggiori». Non dovranno poi mancare i
rapporti con l´Islam già ben avviati dal rabbino uscente, anche in
questo campo sarebbero utili proposte più coraggiose da entrambe le
parti: una potrebbe essere quella di incoraggiare incontri periodici
ebraico islamici - anche e soprattutto a livello giovanile - per far sì
che tra le due comunità si possa costruire un dialogo volto a disarmare
pregiudizi reciproci, a prescindere dall´emergenza terroristica.
Certo l´Islam milanese è assai variegato e qualche gruppo sicuramente
non vorrà essere coinvolto, ma intraprendere una collaborazione per
esempio con la sezione milanese dei giovani musulmani italiani, guidata
dall´ottimo Abdallah Kabakebji, potrebbe rappresentare un buon inizio e
fare da traino anche per altri in futuro.
Una mano in tal senso potrebbero darla anche le istituzioni cittadine che
dovrebbero cercare, oltre che di isolare gli estremisti, anche di
riconoscere un ruolo a quei gruppi che si spendono per il dialogo.
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(1)
Quando un determinato prodotto è chiamato kasher -
valido, adatto, buono - vuol dire che corrisponde a precisi requisiti di
idoneità a prescrizioni bibliche.