È un “richiamo
molto alto” alla responsabilità di coloro che sono
coinvolti nel conflitto in Terra Santa, ed avrà
effetti anche sulla formazione delle persone.
Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra
Santa, descrive così l’appello lanciato ieri da
Benedetto XVI per chiedere a israeliani,
palestinesi e “alle nazioni che hanno una
particolare responsabilità nella Regione” perché
“si adoperino per far cessare lo spargimento di
sangue, moltiplicare le iniziative di soccorso
umanitario e favorire la ripresa immediata di un
negoziato diretto, serio e concreto”. A giudizio
di padre Pizzaballa, l’impegno della Santa Sede,
anche se non avrà immediato e concreto effetto sul
mondo politico, da un lato tiene desto il problema
della pace nella regione e dall’altro pesa sul
piano della formazione delle persone.
“Il Papa – padre Pizzaballa ha detto ad
AsiaNews - fa bene a richiamare la responsabilità di israeliani,
palestinesi e degli altri Stati che hanno influenza nella regione, il suo è un
messaggio di alto carattere morale, spirituale, non politico. Avrà una grande
influenza nel processo di formazione delle persone, ma non credo che il mondo
politico, mediorientale e non, gli darà grande ascolto. In altri termini, a
mio avviso non avrà, né pretendeva di avere, una grande e immediata influenza
diretta nei fattori politici. Ma l’insistenza della Santa Sede sulla pace e
sulle responsabilità internazionali nella sua ricerca è un richiamo molto
alto, che serve, quanto meno, anche a tenere desta l’attenzione sul problema”.
Stanotte, Hamas e Fatah hanno annunciato
di aver raggiunto un accordo di principio per la formazione di un governo di
unità nazionale, da più parti ritenuto necessario per far partire una
trattativa con Israele. Non le sembra un segno di speranza?
Bisogna sempre conservare la speranza. Sul
piano concreto, però, sarei molto prudente nel valutare questi annunci:
proclami e affermazioni di principio ce ne sono già stati tanti anche nel
passato e non hanno dato risultati concreti. A mio modesto punto di vista, è
ancora presto per dare speranze….
Si ha l’impressione che sia Israele che i
palestinesi, almeno in maggioranza, vogliano uscire da questo empasse di
violenze e rappresaglie.
Credo che tutti ne vogliano uscire, ma che al
tempo stesso tutti sono schiavi dei propri schemi, dei propri pregiudizi ed
anche dell’esigenza, diciamo così, di salvare la faccia. Ora, specialmente per
quello che riguarda la situazione nella Striscia di Gaza, bisogna prima di
tutto fermare la spirale della violenza e poi vedere come risalire la china
per tornare a negoziare.
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[Fonte: Asia News 6 novembre 2006]