Lo Schlinder di Roma
Antonio Gaspari, su Avvenire del 10 maggio 2005

Negli anni quaranta padre Pancrazio Pfeiffer si adoperò per salvare molti ebrei e partigiani. Un convegno e una mostra celebrano i 60 anni dalla morte.

Emissario di fiducia di Pio XII, lavorò nella rete di assistenza ai perseguitati, salvò centinaia di famiglie ebraiche, intervenne per fermare la razzia nazista nel ghetto di Roma, fu decisivo per la liberazione di Giuliano Vassalli, già condannato a morte dai nazisti. 

Si tratta di padre Pancrazio Pfeiffer, superiore generale dei padri Salvatoriani, un eroe sconosciuto ai più, il 12 maggio si celebra il sessantesimo anniversario della morte. Per ricordare quello che è stato chiamato «un generale senza armi» la Società del Divin Salvatore ha organizzato a Roma un convegno ed una mostra. 

Durante l'occupazione nazista di Roma, insieme a Carlo Pacelli, nipote del Papa e a padre Antonio Weber dei padri Pallottini, Pfeiffer svolse il compito di emissario di fiducia di Pio XII, al fine di realizzare il vasto programma di aiuto ai perseguitati dai nazisti. Le carte di padre Pancrazio conservate negli archivi sono incomplete e talvolta difficili da decifrare, ma quello che è rimasto mostra un lavoro grandioso in favore dei perseguitati.

Stupisce soprattutto scoprire quanto la Santa Sede si sia adoperata tramite padre Pancrazio per salvare uomini politici antifascisti, socialisti e comunisti. Negli elenchi della Resistenza pubblicati da Enzo Piscitelli nella Storia della Resistenza romana (1965) risultano i nomi di 45 persone per le quali era intervenuta la Santa Sede, tra cui Bruno Buozzi, Giacomo Mattei, Leone Ginzburg, Giuseppe Lo Presti, Enzo Malatesta, Gianfranco Mattei, il generale Angelo Oddone, Mario Sbardelli, Carlo Scalera, Stefano Siglienti e Antonello Trombadori. Alcuni di questi sopravvissero, altri furono uccisi. 

Circa gli interventi in favore di ebrei nell'Archivio di padre Pfeiffer sono emersi appunti da cui si evince l'intervento della Santa Sede il 25 ottobre del 1943 in favore di Alegra Livoli in Di Porto e dei suoi due figli e nella stessa data per Vittoria Livoli in Sonnino con tre figli, catturati nella retata del 16 ottobre. Il 28 novembre c'è un appello per Luigi Del Monte fu Alfredo. Un altro appello senza data è per Rita di Nepi in Terracina con i figli Leonello e Marco. Uno simile per Cesina Terracina con due bambini. 

Un altro foglietto senza data riguarda la situazione della famiglia Vitale di Montecatini, sei persone. Un memorandum in data 25 novembre chiede poi aiuto per il rabbino Nachmann Freiburg e per sua sorella oltre che per Ernesto della Riccia. Un altro appunto di padre Pancrazio fa riferimento a Settimio di Tivoli, arrestato il 24 novembre e segnalato dalla Segreteria di Stato già il 25 dello stesso mese. Il 29 febbraio c'è un appunto della Segreteria di Stato che chiede di intervenire a favore di Antonello Trombadori, dirigente comunista arrestato il 2 febbraio. 

Tra le carte di padre Pancrazio è stato trovato anche un lasciapassare concesso dal Feldgericht militare tedesco che lo autorizzava a visitare, per Aladino Govoni a Regina Coeli. In calce vi è aggiunta una nota: «Per interessamento del Santo Padre». Govoni, figlio del noto poeta, era comunista. Il 15 aprile 1944 la Segreteria di Stato chiese a padre Pancrazio di intervenire a favore di Mario Segré, sua moglie e suo figlio arrestati il 5 aprile. C'è anche una lettera in favore di Segré da parte di monsignor Angelo Mercati, che lavorava agli Archivi Vaticani. 

Uno dei salvataggi più straordinari fu quello del giovane Giuliano Vassalli, socialista, che nel dopoguerra ricoprirà il ruolo di ministro di Grazia e Giustizia nonché giudice alla Corte Costituzionale. Vassalli, che era allora un comandante partigiano e giovane dirigente del Partito socialista, venne arrestato il 3 aprile del 1944 e condannato a morte. Fu liberato per intervento diretto di Pio XII, che operò pressioni tramite il generale Karl Wolff, comandante delle Ss e della Polizia tedesca in Italia. 

Di come Vassalli riuscì a evitare la condanna a morte e tornare libero, non si sapeva nulla fino a quando non fu lui stesso a raccontare la storia. In una lettera autografa pubblicata da Giorgio Angelozzi Gariboldi nel libro Pio XII, Hitler, Mussolini. Il Vaticano fra le dittature (Mursia 1988) Vassalli ha scritto: «Il tre di giugno mi fu detto di prendere le mie cose. Mi ritrovai faccia a faccia con il capo della polizia nazista in persona, Herbert Kappler». Con lui c'era un prete con i capelli grigi che Vassalli non conosceva. Pensò che la sua famiglia gli avesse mandato un sacerdote per prepararlo a morire. Invece era padre Pancrazio, venuto per portarlo via. Vassalli non dimenticò mai le parole urlategli da Kappler mentre veniva portato via da Pfeiffer: «Ha da ringraziare esclusivamente il Santo Padre se lei nei prossimi giorni non viene messo al muro, come ha meritato. Non è forse vero che lo ha meritato, signor Vassalli?». Al termine del colloquio Kappler ingiunse Vassalli ad allontanarsi «in modo da non dovermi mai più rivedere». Con una macchina che aveva i contrassegni della Santa Sede, Vassalli venne portato direttamente al Generalato dei Salvatoriani in via della Conciliazione da dove poté ritrovare la libertà.
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[Fonte: Avvenire del 10 maggio 2005]

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