Negli anni quaranta padre Pancrazio Pfeiffer
si adoperò per salvare molti ebrei e partigiani. Un convegno e una mostra
celebrano i 60 anni dalla morte.
Emissario di
fiducia di Pio XII, lavorò nella rete di assistenza ai perseguitati, salvò
centinaia di famiglie ebraiche, intervenne per fermare la razzia nazista
nel ghetto di Roma, fu decisivo per la liberazione di Giuliano Vassalli,
già condannato a morte dai nazisti.
Si tratta di
padre Pancrazio Pfeiffer, superiore generale dei padri Salvatoriani, un
eroe sconosciuto ai più, il 12 maggio si celebra il sessantesimo
anniversario della morte. Per ricordare quello che è stato chiamato «un
generale senza armi» la Società del Divin Salvatore ha organizzato a
Roma un convegno ed una mostra.
Durante
l'occupazione nazista di Roma, insieme a Carlo Pacelli, nipote del Papa e
a padre Antonio Weber dei padri Pallottini, Pfeiffer svolse il compito di
emissario di fiducia di Pio XII, al fine di realizzare il vasto programma
di aiuto ai perseguitati dai nazisti. Le carte di padre Pancrazio
conservate negli archivi sono incomplete e talvolta difficili da
decifrare, ma quello che è rimasto mostra un lavoro grandioso in favore
dei perseguitati.
Stupisce
soprattutto scoprire quanto la Santa Sede si sia adoperata tramite padre
Pancrazio per salvare uomini politici antifascisti, socialisti e
comunisti. Negli elenchi della Resistenza pubblicati da Enzo Piscitelli
nella Storia della Resistenza romana (1965) risultano i nomi di 45
persone per le quali era intervenuta la Santa Sede, tra cui Bruno Buozzi,
Giacomo Mattei, Leone Ginzburg, Giuseppe Lo Presti, Enzo Malatesta,
Gianfranco Mattei, il generale Angelo Oddone, Mario Sbardelli, Carlo
Scalera, Stefano Siglienti e Antonello Trombadori. Alcuni di questi
sopravvissero, altri furono uccisi.
Circa gli
interventi in favore di ebrei nell'Archivio di padre Pfeiffer sono emersi
appunti da cui si evince l'intervento della Santa Sede il 25 ottobre del
1943 in favore di Alegra Livoli in Di Porto e dei suoi due figli e nella
stessa data per Vittoria Livoli in Sonnino con tre figli, catturati nella
retata del 16 ottobre. Il 28 novembre c'è un appello per Luigi Del Monte
fu Alfredo. Un altro appello senza data è per Rita di Nepi in Terracina
con i figli Leonello e Marco. Uno simile per Cesina Terracina con due
bambini.
Un altro
foglietto senza data riguarda la situazione della famiglia Vitale di
Montecatini, sei persone. Un memorandum in data 25 novembre chiede
poi aiuto per il rabbino Nachmann Freiburg e per sua sorella oltre che per
Ernesto della Riccia. Un altro appunto di padre Pancrazio fa riferimento a
Settimio di Tivoli, arrestato il 24 novembre e segnalato dalla Segreteria
di Stato già il 25 dello stesso mese. Il 29 febbraio c'è un appunto
della Segreteria di Stato che chiede di intervenire a favore di Antonello
Trombadori, dirigente comunista arrestato il 2 febbraio.
Tra le carte
di padre Pancrazio è stato trovato anche un lasciapassare concesso dal
Feldgericht militare tedesco che lo autorizzava a visitare, per Aladino
Govoni a Regina Coeli. In calce vi è aggiunta una nota: «Per
interessamento del Santo Padre». Govoni, figlio del noto poeta, era
comunista. Il 15 aprile 1944 la Segreteria di Stato chiese a padre
Pancrazio di intervenire a favore di Mario Segré, sua moglie e suo figlio
arrestati il 5 aprile. C'è anche una lettera in favore di Segré da parte
di monsignor Angelo Mercati, che lavorava agli Archivi Vaticani.
Uno dei
salvataggi più straordinari fu quello del giovane Giuliano Vassalli,
socialista, che nel dopoguerra ricoprirà il ruolo di ministro di Grazia e
Giustizia nonché giudice alla Corte Costituzionale. Vassalli, che era
allora un comandante partigiano e giovane dirigente del Partito
socialista, venne arrestato il 3 aprile del 1944 e condannato a morte. Fu
liberato per intervento diretto di Pio XII, che operò pressioni tramite
il generale Karl Wolff, comandante delle Ss e della Polizia tedesca in
Italia.
Di come
Vassalli riuscì a evitare la condanna a morte e tornare libero, non si
sapeva nulla fino a quando non fu lui stesso a raccontare la storia. In
una lettera autografa pubblicata da Giorgio Angelozzi Gariboldi nel libro Pio
XII, Hitler, Mussolini. Il Vaticano fra le dittature (Mursia 1988)
Vassalli ha scritto: «Il tre di giugno mi fu detto di prendere le mie
cose. Mi ritrovai faccia a faccia con il capo della polizia nazista in
persona, Herbert Kappler». Con lui c'era un prete con i capelli grigi che
Vassalli non conosceva. Pensò che la sua famiglia gli avesse mandato un
sacerdote per prepararlo a morire. Invece era padre Pancrazio, venuto per
portarlo via. Vassalli non dimenticò mai le parole urlategli da Kappler
mentre veniva portato via da Pfeiffer: «Ha da ringraziare esclusivamente
il Santo Padre se lei nei prossimi giorni non viene messo al muro, come ha
meritato. Non è forse vero che lo ha meritato, signor Vassalli?». Al
termine del colloquio Kappler ingiunse Vassalli ad allontanarsi «in modo
da non dovermi mai più rivedere». Con una macchina che aveva i
contrassegni della Santa Sede, Vassalli venne portato direttamente al
Generalato dei Salvatoriani in via della Conciliazione da dove poté
ritrovare la libertà.
_________________
[Fonte: Avvenire del 10 maggio 2005]