Cari amici,
sono lieto di accogliere tutti voi oggi e ringrazio il rabbino
Arthur Schneier e il signor Alan Solow per i saluti che mi hanno
rivolto a vostro nome. Ricordo bene le varie occasioni, durante la
mia visita negli Stati Uniti lo scorso anno, nelle quali ho potuto
incontrare alcuni di voi
a Washington e a New York. Lei, rabbino Schneier, con cortesia mi ha ricevuto presso la
Park East Synagogue
alcune ore prima della vostra celebrazione della Pasqua. Ora, sono
lieto di avere l'occasione di offrirle ospitalità qui nella mia
casa. Incontri come questo ci permettono di dimostrare il nostro
rispetto reciproco. Voglio che sappiate che voi siete tutti davvero
benvenuti qui oggi nella casa di Pietro, la casa del Papa.
Ricordo con gratitudine le varie occasioni che ho avuto nel corso di
molti anni di trascorrere del tempo in compagnia dei miei amici
ebrei. Le mie visite, seppure brevi, alle vostre comunità a
Washington e a New York, sono state esperienza di stima fraterna e
amicizia sincera. Così è accaduto anche durante la
visita alla
sinagoga a Colonia, la prima di questo tipo del mio pontificato. È
stato per me molto commovente trascorrere alcuni momenti con la
comunità ebraica nella città che conosco così bene, la città che ha
ospitato il più antico insediamento ebraico in Germania e le cui
origini risalgono al tempo dell'impero romano.
Un anno dopo, nel maggio del 2006,
ho visitato il campo di sterminio
di Auschwitz-Birkenau. Quali parole possono esprimere in modo
adeguato quell'esperienza profondamente toccante? Entrando in quel
luogo di orrore, scenario di indicibile sofferenza, ho meditato
sugli innumerevoli prigionieri, così tanti di loro ebrei, che
avevano percorso quello stesso cammino nella prigionia ad Auschwitz
e in tutti gli altri campi di prigionia. Quei figli di Abramo,
colpiti dal lutto e spaventosamente umiliati, avevano ben poco per
sostenersi oltre alla propria fede nel Dio dei loro padri, una fede
che noi cristiani condividiamo con voi, nostri fratelli e nostre
sorelle. Come possiamo cominciare a comprendere l'enormità di ciò
che è accaduto in quelle prigioni infami? L'intero genere umano
prova una profonda vergogna per la brutalità selvaggia mostrata
allora verso il vostro popolo. Permettetemi di ripetere quanto ho
detto in quella triste occasione: "I potentati del Terzo Reich
volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità;
eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra. Allora le parole del
Salmo: "Siamo messi a morte, stimati come pecore al macello" si
verificarono in modo terribile".
Il nostro incontro odierno si svolge nel contesto della vostra
visita in Italia in concomitanza con la vostra annuale Leadership Mission in Israele. Anche io mi sto preparando a visitare Israele,
una terra che è santa per i cristiani e per gli ebrei, poiché le
radici della nostra fede si trovano lì. Infatti, la Chiesa trae
sostentamento dalla radice di quel buon albero di olivo, il popolo
di Israele, su cui sono stati innestati i rami di olivo selvatico
dei Gentili (cfr. Romani, 11, 17-24). Fin dai primi giorni del
cristianesimo, la nostra identità e ogni aspetto della nostra vita e
del nostro culto sono intimamente legati all'antica religione dei
nostri padri nella fede.
La storia bimillenaria del rapporto fra l'ebraismo e la Chiesa ha
attraversato molte diverse fasi, alcune delle quali dolorose da
ricordare. Ora che possiamo incontrarci in spirito di
riconciliazione, non dobbiamo permettere alle difficoltà passate di
trattenerci dal porgerci reciprocamente la mano dell'amicizia.
Infatti, quale famiglia non è mai stata attraversata da tensioni di
un tipo o dell'altro? La Dichiarazione del concilio Vaticano ii
Nostra aetate è stata una pietra miliare lungo il cammino verso la
riconciliazione e ha chiaramente evidenziato i principi che hanno
governato da allora l'atteggiamento della Chiesa nelle relazioni fra
cristiani ed ebrei.
La Chiesa è profondamente e irrevocabilmente impegnata a
rifiutare ogni forma di antisemitismo e a continuare a costruire
relazioni buone e durature fra le nostre due comunità.
Una particolare immagine che esprime questo impegno è quella del
momento in cui il mio amato predecessore
Papa Giovanni Paolo II ha
sostato presso il Muro occidentale di Gerusalemme, implorando il
perdono di Dio dopo tutta l'ingiustizia che il popolo ebraico aveva
dovuto subire. Ora faccio mia la sua preghiera: "Dio dei nostri
padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome
fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il
comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire
questi suoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in
un'autentica fraternità con il popolo dell'alleanza. Per Cristo
nostro Signore" (26 marzo 2000).
L'odio e il disprezzo per uomini, donne e bambini manifestati nella
Shoah sono stati un crimine contro Dio e contro l'umanità. Questo
dovrebbe essere chiaro a tutti, in particolare a quanti appartengono
alla tradizione delle Sacre Scritture, secondo le quali ogni essere
umano è creato a immagine e somiglianza di Dio (Genesi, 1, 26-27). È
ovvio che qualsiasi negazione o minimizzazione di questo terribile
crimine è intollerabile e del tutto inaccettabile. Di recente, in
un'udienza pubblica, ho riaffermato che la Shoah deve essere un
"monito contro l'oblio, contro la negazione o il riduzionismo,
perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza
contro tutti" (8 gennaio 2009).
Questo capitolo terribile della nostra storia non dovrà mai essere
dimenticato.
Il ricordo, come si dice giustamente, è memoria futuri, un
ammonimento a noi per il futuro e un monito a lottare per la
riconciliazione. Ricordare significa fare tutto il possibile per
prevenire qualsiasi recrudescenza di questa catastrofe nella
famiglia umana, edificando ponti di amicizia duratura. Prego con
fervore affinché il ricordo di questo crimine orrendo rafforzi la
nostra determinazione a guarire le ferite che da troppo tempo
affliggono le relazioni fra cristiani ed ebrei. Desidero
sinceramente che la nostra amicizia divenga sempre più forte
affinché l'impegno irrevocabile della Chiesa per relazioni
rispettose e armoniose con il popolo dell'Alleanza portino frutti
abbondanti.
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
(©L'Osservatore Romano - 13 febbraio 2009)