LA CHIESA IN CAMPO A SUO MODO
di Gerolamo Fazzini


E se per capire la Roma cattolica, per decifrare la strategia della Chiesa italiana verso la politica dagli ultimi anni ad oggi, si dovesse partire dal Cairo? È una delle suggestioni proposte da Sandro Magister, inviato dell'"Espresso", buon conoscitore dei corridoi vaticani, per spiegare fisionomia e strategie della Chiesa extraparlamentare: etichetta - inedita e provocatoria - che dà il titolo al suo breve e stimolante saggio in uscita da L'Ancora del Mediterraneo, pagine 116, lire 18.000.

Perché Il Cairo è presto detto: il riferimento di Magister è alla vigorosa battaglia intrapresa dalla Santa Sede - e segnatamente da Papa Wojtyla - in occasione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo, promossa dall'Onu nel 1994. Definire e assicurare i «diritti riproduttivi» era l'obiettivo delle Nazioni Unite; ma fu proprio Giovanni Paolo II a smascherare l'eufemismo dietro il quale si nascondeva la volontà di imporre un controllo demografico severo, a qualsiasi costo. Senza scomodare partiti cattolici di sorta, bensì con un pressing diretto che metteva in gioco tutta la sua forza e l'autorità morale conquistata nei lunghi anni di pontificato, Papa Wojtyla - è la tesi di Magister - riuscì allora a scompaginare i piani dei "potenti", incurante delle ricadute diplomatiche. Di fatto la Conferenza si chiuse senza trionfatori: ma alle Chiese - europee e no - sempre più nella morsa della secolarizzazione, Wojtyla aveva additato una formula inedita. Che Magister condensa così: «Diplomazia poca e pulpito al massimo grado. Sì ai cattolici mobilitati, ma solo in subordine a questo esercizio di predicazione diretta. Sì alle mediazioni politiche, purché quest'arte del possibile non imbavagli il continuo proclamare la verità nella sua interezza».

Questa strategia parte in realtà da molto lontano (e Magister destina due dei tre capitoli del libro per motivarlo), ossia dalla seconda metà dell'Ottocento: la Chiesa - secondo lui - non ha mai amato né voluto i partiti e, continua il giornalista, li ha subìti, anche quando, al massimo del loro fulgore e consenso, ostentavano con orgoglio l'aggettivo "cattolico".

Ma torniamo all'Italia. Il 1994 - l'anno del Cairo - è lo stesso della "discesa in campo" di Silvio Berlusconi; l'anno che segna il tracollo del Ppi e l'inizio della diaspora dei democristiani, dopo che il rivoluzionario scenario culturale del post-'89 e le inchieste di Tangentopoli avevano assestato alla Balena bianca colpi mortali. Ebbene, il 1994, sostiene Magister, rappresenta anche uno spartiacque per la Chiesa italiana: se fino ad allora aveva invocato e sostenuto l'unità politica dei cattolici, di lì in poi abbandonerà il rapporto privilegiato con il o i partiti cattolici. Per mettersi in proprio, risalire sul pulpito. In una parola: per diventare «extraparlamentare».

Il convegno di Palermo, nel corso del quale viene lanciato il «Progetto culturale orientato in senso cristiano», si rivelerà il laboratorio della svolta. «È la cultura - annota Magister - il terreno scelto per mobilitare i cattolici: mentre in campo politico ogni loro personale adesione all'uno o all'altro partito e schieramento è data per provvisoria, condizionata, esposta a critica permanente. Con le maggiori riserve puntate sulle intese con i partiti di sinistra».

In effetti, il periodo successivo (che coincide con l'attuale legislatura, dove a capo del governo si sono alternati tre esponenti del centro-sinistra) vede i vertici della Chiesa italiana adottare progressivamente un comportamento che può efficacemente essere riassunto con questa espressione di Papa Wojtyla: «L'attenzione ai princìpi viene prima, per i cattolici, di ogni considerazione di metodo e di schieramento». Si scommette sulla società civile e non è un caso che proprio a questo tema la Cei dedichi la Settimana sociale del '99 a Napoli.

Tutto lineare, dunque? Nient'affatto. Magister si sofferma, talora in modo compiaciuto, a ripercorrere il progressivo "distacco" del cardinale Ruini dalla galassia cattolica in politica, radiografando contemporaneamente il travaglio delle diverse componenti del mondo cattolico organizzato, la maggioranza delle quali non digerì la presenza ingombrante nell'arena politica di Forza Italia e del suo leader, l'imprenditore fatto-da-sé Silvio Berlusconi. Non senza rievocare polemiche a distanza, sfumature non di rado significative tra la disincantata strategia di Ruini e la preoccupata difesa, da parte di Martini, di una cultura politica e di un patrimonio, quello dei «cattolici democratici», ritenuto tutt'altro che superato. Interessante, a questo proposito, è osservare come lo stesso Magister - il quale pure scrive per un settimanale che non esita ad appioppare ai vari uomini di Chiesa etichette ormai logore fino all'insignificanza quali "progressista" o "conservatore" - abbia buon gioco nel mostrare come le mosse dell'uno o dell'altro protagonista, se lette in profondità, si rivelino tutt'altro che incapsulabili in gabbie ideologiche.

Semmai, se un rilievo c'è da muovere alla ricostruzione proposta da Magister - che si conferma come uno dei più acuti e originali osservatori sul mondo cattolico - è che per quanto argomentate e convincenti possano apparire molte delle tesi esposte, il panorama è probabilmente più variegato e insieme più sofisticato di quanto lo dipinga il libro. Il quale, abbandonata in partenza ogni velleità di opera storiografica "alta", nasce «mettendo in bella copia» (come recita l'introduzione) un ciclo di lezioni per studenti universitari. E tuttavia ha il merito di provare a rintracciare un ordito nel succedersi degli eventi degli ultimi anni, rapido e magmatico a tal punto che forse è già tempo di aggiungere un capitolo nuovo.

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Il libro:

Sandro Magister, "Chiesa extraparlamentare", 2001, Napoli, L'Ancora del Mediterraneo, pagine 116, lire 18.000.

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[da “Avvenire” del 26 gennaio 2001]

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