Il racconto della manifestazione e l'appello
finale agli islamici
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Sono stato la prima personalità musulmana d'Italia a intervenire a
un'imponente manifestazione pubblica per difendere il diritto d'Israele
all'esistenza.
Mi rendo conto che ciò avrebbe potuto scatenare valutazioni logiche e
reazioni emotive contrastanti.
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Ebbene, dal momento in cui ho preso la
parola, ero consapevole che proprio il mio discorso avrebbe suscitato
molte attese, sarebbe stato il più esaminato nei suoi contenuti e nello
spirito che lo anima.
Da parte mia l'emozione c'era. Ed era tanta.
È la prima volta che mi
espongo al confronto e al giudizio diretto di migliaia di persone. Ma
dentro ero tranquillo. Una solidità interiore in cui il fondamento etico
del valore della sacralità della vita di tutti trova la sua più profonda
manifestazione nel riconoscimento del diritto di Israele all'esistenza.
Ecco perché ho esordito affermando: «Cari amici, non vi nascondo la mia
emozione da cittadino italiano, musulmano, laico, nel testimoniare la mia
difesa del diritto inequivocabile all'esistenza di Israele. Cari amici
israeliani e ebrei, la vostra battaglia per il diritto di Israele
all'esistenza è anche la mia battaglia per il diritto alla vita di tutti,
compresi i palestinesi che aspirano legittimamente a un proprio Stato
indipendente, compresi i troppi musulmani vittime del barbaro terrorismo
di matrice islamica. Sul terreno del diritto alla vita, tutti noi
giochiamo in casa. Ed è una battaglia di civiltà che vinceremo
insieme».
Non sono un ingenuo. So bene che non è affatto usuale che dei
musulmani partecipino a una manifestazione pubblica a difesa del diritto
di Israele all'esistenza. Mentre osservavo decine di musulmani che
affluivano nei pressi dell'Ambasciata iraniana a Roma, mi sono domandato
se l'avrebbero fatto anche qualora non ci fosse stata l'inammissibile
minaccia di morte dello Stato ebraico proferita dal presidente Ahmadinejad.
Per i musulmani d'Italia è veramente una condivisione del diritto alla
vita di Israele o è più una presa di distanza da un regime teocratico
indifendibile che insegue follie di stampo nazista? Quando detti la mia
adesione all'iniziativa patrocinata dal direttore de Il Foglio Giuliano
Ferrara, insieme a me compariva soltanto un altro musulmano, il giovane
Khalid Chaouki, commentatore del settimanale News. Il giorno dopo riuscii
a raccogliere l'adesione motivata di cinque-sei musulmani, tra cui Souad
Sbai, presidente della Federazione delle associazioni marocchine in
Italia, Ali Younis, medico anestesista di Pescara, Mario Scialoja, ex
ambasciatore d'Italia convertito all'islam.
Escludendo a priori coloro che hanno pubblicamente negato il diritto
all'esistenza di Israele, perlopiù sedicenti imam e musulmani di
professione legati alle moschee, tra gli altri da me contattati prevaleva
la paura. Paura di tradire l'islam e la causa palestinese. Perché Israele
è il tabù per antonomasia tra i musulmani. Molti non stringerebbero la
mano a un israeliano. Viene percepito come l'incarnazione del Male,
dannato da Dio e maledetto dagli uomini.
Eppure ventiquattr'ore dopo sono rimasto sorpreso dal flusso di
telefonate di musulmani che mi chiedevano spontaneamente di aderire alla
manifestazione: «Magdi, noi siamo con te!». Sono esponenti della
società civile, studenti, professionisti, commercianti, giornalisti,
artisti, politici in nuce in seno alle amministrazioni locali. Un mondo
vitale che viene perlopiù ignorato perché fuoriesce dallo stereotipo
dell'homo islamicus, non portano il burqa o la barba lunga, non si
prodigano in citazioni coraniche prima di esprimersi su qualsiasi tema.
Compreso il diritto alla vita degli israeliani, degli americani, degli
ebrei e dei cristiani. Ebbene sono questi musulmani che si percepiscono
persone tra le persone, che credono nel valore della vita di tutti come un
dono naturale e divino, che considerano la religione compatibile con la
ragione, quelli che ieri sera hanno partecipato alla manifestazione per il
diritto all'esistenza di Israele.
Ed è a questa maggioranza silenziosa di musulmani, che ha finalmente
deciso di uscire allo scoperto, che ho dedicato il mio appello finale:
«Oggi più che mai tutti coloro che sinceramente vogliono uno Stato per i
palestinesi devono anzitutto sostenere senza se e senza ma il diritto di
Israele all'esistenza. Oggi tutti coloro che sinceramente vogliono un
mondo arabo e islamico libero e democratico devono anzitutto sostenere
senza se e senza ma il diritto di Israele all'esistenza. Oggi più che mai
tutti coloro che hanno a cuore una comune civiltà dell'uomo, dove trionfi
il valore della sacralità della vita di tutti, devono sostenere senza se
e senza ma il diritto di Israele all'esistenza» .