Identità, cittadinanza, famiglia i temi del
confronto tra il cardinale Walter Kasper e Amos Luzzatto già presidente
delle Comunità ebraiche in Italia, che ieri ha caratterizzato la tappa
aretina verso il convegno di ottobre. In comune l’impegno «ad
alimentare quella pace fondata sulla giustizia»
Sale fino a Camaldoli la città. Nel monastero del
Casentino, dove sessant'anni fa, in un'ora buia della storia, i cattolici
ponevano le premesse per una società nuova. Nel percorso sulla
cittadinanza che vede questa settimana la diocesi di
Arezzo-Cortona-Sansepolcro e l'associazione «Rondine Cittadella della
pace» preparare la strada al Convegno ecclesiale di Verona, Camaldoli era
in qualche modo una tappa obbligata. Ma è stata soprattutto una tappa
all'insegna di un altro filo importante che questo luogo ha contribuito in
questi anni a riannodare: quello dell'amicizia tra ebrei e cristiani. A
testimoniarlo al monastero sono giunti ieri il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, e il
professor Amos Luzzatto, fino a pochi mesi fa presidente dell'Unione delle
comunità ebraiche italiane. Insieme a parlare non con discorsi
preconfezionati, ma in un dialogo dove l'uno stimola l'altro. Immagine di
una cittadinanza comune ritrovata dopo una storia dolorosa di rapporti
difficili e persecuzioni.
«La speranza su cui si fondano entrambe le nostre tradizioni religiose -
esordisce il cardinale Kasper - è una merce rara oggi. Dobbiamo
testimoniarla insieme. Dobbiamo vivere uno accanto all'altro, facendo
nostro quel detto ebraico secondo cui salvare un solo uomo vuol dire
salvare il mondo intero. È il miglior antidoto alle ideologie che
pretendono di salvare tutti e poi alla fine cancellano l'altro». «Ormai
ci incontriamo tra amici - aggiunge Luzzatto -. Però ci sono due punti su
cui dobbiamo ancora concentrarci. Non possiamo limitarci a un dialogo fine
a se stesso: abbiamo davanti un mondo pericoloso e difficile di cui
dobbiamo occuparci insieme. Ma dobbiamo sviluppare anche un linguaggio
davvero comune. Perché a volte quando parliamo di umanità, salvezza,
fraternità, rischiamo di parlare di cose diverse».
«Il mondo di oggi è segnato dall'ingiustizia - affonda il dito nella
piaga il presidente del Pontificio consiglio per l'unità dei cristiani -.
Non può avere futuro se i due terzi dei suoi abitanti non hanno di che
vivere e un terzo invece è nell'abbondanza. La pace non è solo il
silenzio delle armi. La pace deve essere fondata sulla giustizia».
«Chi governa il mondo oggi non sembra avere le capacità per affrontare
queste situazioni - gli fa eco senza mezzi termini l'autorevole voce
ebraica -. E allora è un compito che spetta alle religioni. Perché di
fronte a Dio non c'è distinzione tra gli uomini. Mi viene in mente quel
brano del profeta Amos quando Dio dice che ha guidato i passi anche dei
filistei. Sta parlando di quelli che già allora erano gli acerrimi nemici
degli ebrei. Avevano persino rubato l'Arca sacra. Eppure nella parola
rivelata al profeta viene posta la premessa per un atteggiamento di
solidarietà».
Ma c'è anche un altro ambito che il cardinale Kasper ci tiene a porre al
centro. Non si può parlare di cittadinanza oggi senza preoccuparsi per la
crisi della famiglia. «Senza famiglie non c'è una società sana -
argomenta il porporato -. E noi sappiamo bene che oggi questa crisi ci
coinvolge tutti: ebrei e cristiani, praticanti e non praticanti. Dobbiamo
chiederci anche su questo che cosa possiamo fare insieme». Affermare il
valore della famiglia è una questione che tocca la dimensione della vita
pubblica. Ma è anche un problema della coscienza e della volontà.
Luzzatto risponde citando la definizione dell'ebreo come «figlio di
Abramo nostro padre». Il concetto di famiglia - dice - «è talmente
cruciale per la nostra tradizione da allargarsi a definire la nostra
identità». Che fare dunque per rilanciare questa ricchezza? «È un
problema di educazione - continua Luzzatto -. I valori non si propagano da
sé». Forse è davvero questa oggi la sfida più impegnativa per una
cittadinanza davvero condivisa.