Intervento di David Rosen "la civiltà del convivere"
XIX Incontro internazionale e interreligioso di preghiera per la pace
“Il coraggio di un umanesimo di pace”
Lione, 13 settembre 2005

Intervento di David Rosen, Gran Rabbino, Presidente di IJCIC, Israele alla Tavola rotonda su "La civiltà del convivere"


L’opera principale del filosofo ebreo dell’undicesimo secolo Yehudah Halevi è il libro noto come il Kuzari, ovvero Il Re dei Kazari, significativamente sottotitolato “un’ apologia per un popolo disprezzato”. Questo libro è basato sul fatto storico della conversione al Giudaismo del popolo dei Kazari nella regione della Crimea, e prende la forma di un dialogo tra un rabbino ed il Re dei Kazari.

<--David Rosen, Gran Rabbino, Presidente di IJCIC, Israele

 Al termine dell’opera il Re e tutto il suo popolo si convincono che il Giudaismo è una condotta di vita di vera ispirazione divina e si convertono al Giudaismo.

Nel libro ci sono due occasioni in cui il rabbino rimane senza parole. In una di queste il rabbino critica il Cristianesimo e l’Islam affermando che, mentre queste religioni predicano l’amore e la giustizia, nella pratica opprimono e saccheggiano, causando morte e distruzione. Gli Ebrei invece non fanno queste cose. È ovvio che non le fate, risponde il Re, perchè non ne avete il potere. Se gli Ebrei avessero il potere di comportarsi male come i Cristiani ed i Musulmani, agirebbero nello stesso modo!

La critica di Halevi è essenzialmente uguale a quella che Lord Acton espresse diversi secoli dopo, quando disse che “il potere corrompe ed il potere assoluto corrompe assolutamente”. Oggi tuttavia possiamo leggere le parole di Halevi non solo come una critica del potere che corrompe lo spirito profetico, ma anche come un aiuto a comprendere in profondità le condizioni necessarie per sviluppare una cultura ed una civiltà della coesistenza. La coesistenza è messa in pericolo da ogni applicazione del potere assoluto; per questo una delle benedizioni della società moderna è stata la perdita del potere temporale da parte delle istituzioni religiose che un tempo esercitavano un controllo assoluto e che sono state purificate da questa perdita.

Questo non significa che tutte le strutture ed i valori che hanno sostituito le istituzioni religiose siano necessariamente buoni e desiderabili; tuttavia, il carattere civile, anche se secolarizzato, della società moderna ed il suo carattere sempre più multiculturale, rendono difficile, se non impossibile, per qualsivoglia ideologia di imporsi sul resto della società. È possibile che questo sia davvero il prerequisito essenziale per la tolleranza e la coesistenza nel nostro mondo, e che sia necessario un comune denominatore di carattere laico per proteggersi efficacemente dagli abusi delle istituzioni corrotte, includendovi anche le istituzioni religiose corrotte. Ritengo che questo fondamento di carattere laico sia paradossalmente salutare per la religione, dal momento che essa non può più semplicemente affermare un’autorità istituzionale, ma deve dimostrare che il suo valore per la società e per una civiltà di coesistenza, è persino più grande che un tempo.

La religione fornisce qualcosa di molto più potente e produttivo del semplice controllo ed equilibrio per proteggere la società dagli abusi. Essa offre precisamente ciò che manca alla società secolarizzata, e cioè un fine ed un significato.

In un precedente incontro della Comunità di Sant’Egidio, ho avuto l’opportunità di riferirmi ad Abramo, il Padre comune di Ebrei, Cristiani e Musulmani, come ad un modello per la condotta umana. In tutte le nostre Tradizioni Abramo è il simbolo dell’ospitalità. Secondo la tradizione ebraica, tutte e quattro le falde della sua tenda erano arrotolate in alto in modo che nessuno potesse passarvi accanto senza essere notato e senza che gli venisse offerta ospitalità.

Il Capitolo 18 della Genesi narra di come Abramo abbia ricevuto la visita di tre angeli. Nel versetto 2 si afferma che Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. È interessante notare che, quando nel capitolo successivo si racconta che due di essi continuarono la loro missione per ammonire gli abitanti di Sodoma e per salvare Lot e la sua famiglia dalla distruzione, è scritto che “i due angeli arrivarono a Sodoma”. Perché qui ci si riferisce a loro come ad angeli, mentre vengono indicati come uomini quando appaiono ad Abramo? Un maestro Hassidico ha spiegato che non c’era alcun bisogno che si rivelassero come angeli ad Abramo, dal momento che Abramo vedeva un angelo in ogni persona!

Abramo in primo luogo non controllava le origini delle persone che aveva davanti, il loro background o le loro opinioni: egli non faceva alcuna richiesta a priori. Egli offriva ospitalità, che significa rispetto per l’altro, semplicemente perché l’altro è un essere umano. Questa semplice verità rappresenta il fondamento non solo di una civiltà della coesistenza – che potrebbe essere vista come il semplice tollerare l’altro – ma per una civiltà di interazioni positive e di sviluppo.

Naturalmente il credente abramitico vede il fondamentale imperativo del rispetto umano come radicato nello stesso carattere di Dio. È notevole a questo proposito il parere di Maimonide, basato sul Talmud (Gittin (59b), secondo il quale siamo obbligati a provvedere ai bisognosi, anche se idolatri, come se fossero i nostri bisognosi, a visitare i malati idolatri come faremmo con i nostri, ed a seppellire i loro morti nello stesso modo dei nostri: tutto questo per ricercare le vie della pace; come è scritto nel libro dei Proverbi (3,19): le vie della Torah sono vie piacevoli e tutti i suoi sentieri sono sentieri di pace.

Fino a questo punto Maimonide sta citando il Talmud alla lettera, e dichiara che l’intero scopo della Divina rivelazione è promuovere la pace nel mondo. Tuttavia Maimonide aggiunge poi un altro verso dai Salmi (Salmo 145,9): “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”

Perché aggiunge questo versetto? La risposta è che Maimonide desidera sottolineare che comportarsi con rispetto verso gli altri esseri umani – anche se questi non sono né morali né giusti – non è solamente la teleologia della Torah, del dovere religioso (come indica il Talmud): in effetti questo modo di comportarsi è parte del più profondo ideale religioso della Imitatio Dei, l’ imitazione di Dio – come è espressa nelle parole del saggio Talmudico Abba Shaul: “poiché Egli è compassionevole e misericordioso, anche voi dovete essere compassionevoli e misericordiosi.”

Stabilire una civiltà della coesistenza è essenziale per impedire che la società si autodistrugga, così come per impedire a chiunque di fare il male a qualcun altro. Tuttavia, l’imperativo religioso delle nostre rispettive Tradizioni ci richiede di andare oltre, di creare una civiltà del mutuo rispetto, che scaturisce dal riconoscere che ogni persona è creata ad immagine di Dio, cioè è di inestimabile valore, e che gli individui e le collettività sono doni divini che se rispettati possono arricchire e fare sviluppare l’intera società.

Papa Giovanni Paolo II dichiarò che “seguendo l’esempio della fede di Abramo, siamo chiamati ad essere una benedizione per il mondo (cfr. Gen XII, 2). È quindi necessario per noi ... essere prima di tutto una benedizione gli uni per gli altri”. (Castelgandolfo 29 settembre 1994) .

È questo ideale Abramitico che ci rende in grado di generare una civiltà che non sia solo di coesistenza, ma un beneficio ed una benedizione per tutti.  

 

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