I suoi libri sono arrivati in Italia un po' in sordina. Voci di
muto amore, uno fra i testi più belli mai scritti sulla vita dei
vecchi. E poi Rispristinando antichi amori, forse il più noto perché
ha ispirato Amos Gitai che ne ha tratto il film Alila. A seguire,
alla spicciolata, gli altri. Quasi tutti, tranne Infiltrazione, in
ebraico Hitganvut yehidim. Un'assenza chissà quanto casuale per
un'opera considerata una pietra miliare della letteratura israeliana
che ha però il difetto di affrontare un tema scabroso per l'opinione
pubblica occidentale: la Tzavah e i suoi soldati.
In Infiltrazione Yehoshua Kenaz, che sarà ospite d'eccezione al
Festivaletteratura di Mantova, narra di un gruppo di militari
diciottenni. E' un ritratto ambientato negli anni Cinquanta che
affronta temi sempre attuali, dalla perdita dell'innocenza alle
oscurità dell'esercito. Una storia di grande potenza, una sorta di
Platoon in versione israeliana, capace di svelare al lettore
un lato ancora poco noto di quella realtà e di sfatare il luogo
comune che vuole Kenaz autore squisitamente intimista, attento solo
ai moti dell'animo e al trasalire dei sentimenti. Lontano anni luce
da quel tratto epico ed engagé che ha fatto amare, anche nel nostro
Paese, scrittori come Amos Oz, A.B. Yehoshua o David Grossmann.
"Non posso scrivere di temi politici come i miei colleghi e buoni
amici - spiega lui -. Non è un fatto di scelta ma di carattere: non
ne sono capace. Ciò non significa però che non mi esprimo su temi
politici. Sono iscritto a un partito, Meretz (laico e di sinistra
ndr); firmo spesso appelli pubblici e il pubblico sa bene come la
penso". Il punto è, chiarisce con un tratto garbato, accentuato
dall'impeccabile francese con cui sceglie di rispondere alle
domande, che ad attrarre come un polo magnetico la sua scrittura
sono le persone, quell'aroma inconfondibile di voci, dolori,
emozioni che si sprigiona dal vivere insieme: in una casa di riposo
nel caso di Voci di muto amore o in un condominio nella prima
periferia di Tel Aviv in Rispristinando antichi amori.
Yehoshua Kenaz, in quasi tutte le sue opere mette in scena dei
complessi microcosmi da cui si dipanano le diverse storie. Perché
questa scelta?
Credo che la verità dei personaggi passi proprio attraverso
questa complessità e si esprima grazie all'intreccio di più voci.
Per questo ho scelto di utilizzarlo anche in Infiltrazione.
Come mai questo romanzo non ha ancora avuto la diffusione che
merita?
E' un libro che parla dell'esercito israeliano, argomento che
oggi gli europei non apprezzano molto. In questi anni ho sentito
spesso persone di valore, intellettuali, che lo condannavano senza
sapere ciò che realmente accade in Israele, giusto per il piacere di
sentirsi politicamente corretti. Un libro che va al di là di questi
cliché è difficile possa trovare una buona accoglienza, com'è
accaduto d'altronde per Tredici soldati di Ron Leshem. Il romanzo,
da cui è stato tratto il film Beaufort, ha avuto un gran successo in
Israele, ma in Europa è passato quasi inosservato.
I suoi personaggi emanano un senso molto forte di solitudine e
talvolta anche d'isolamento. Una condizione che sembra smentire quel
forte senso di comunità che, secondo l'immaginario collettivo,
pervade Israele.
La loro condizione in Israele è vissuta come del tutto normale.
Si trovano all'incrocio tra la collettività in cui vivono, in un
ricovero o in un condominio, le relazioni che intrattengono con i
vicini o gli amici e la solitudine che tocca inevitabilmente
ciascuno di noi.
I suoi lavori hanno avuto anche una traduzione cinematografica.
Voci di muto amore è stato adattato da Gurevitch, nel 2009 Dover
Kosashvili ha tratto un film da Infiltrazione mentre Ripristinando
antichi amori ha ispirato, nel 2003, Alila di Amos Gitai. Come ha
vissuto l'esperienza di incontrare il suo stesso mondo poetico sul
grande schermo?
Non ho partecipato alle trasposizioni cinematografiche: mi sono
limitato a vendere i diritti d'autore. In linea generale il
risultato è stato terribile. Quei film non hanno niente a che fare
con il mondo raccontato dai miei libri, soprattutto Alila. Ma in un
certo senso me lo aspettavo.
Lei ha tradotto in ebraico molti classici della letteratura
francese, da Stendhal a Flaubert a Gide e ha regalato ai lettori
israeliani la possibilità di leggere Simenon. E' stato difficile
trasportare quel mondo culturale nel suo Paese?
Non in modo particolare. Gli israeliani amano i libri, li
comprano. Simenon è stato molto apprezzato come d'altronde i
classici. Non mancano però le sorprese. Di recente ho tradotto Le
père Goriot di Balzac. Un libro geniale che tratta un argomento di
stringente attualità come il denaro e l'avidità che con mio grande
stupore non ha avuto la risposta che mi attendevo.
Quali sono le principali difficoltà di tradurre in ebraico?
Qualche volta mi sento lacerato tra le due culture: devo riuscire
a rendere il francese in un ebraico bello e buono. E' un equilibrio
che con Simenon si realizza invece facilmente grazie al suo francese
così semplice ed esatto.
Qualcuno sostiene che l'ebraico è privo di molte sfumature che
caratterizzano altre lingue.
Non sento questa difficoltà. Talvolta può essere vero, ma in
ebraico vi sono termini che mancano in altre lingue. Il francese
utilizza ad esempio il verbo jouer per indicare l'atto del recitare,
del giocare o del suonare: in ebraico ognuna di queste azioni ha un
verbo specifico.
La rinascita dell'ebraico, con la fondazione dello Stato
d'Israele, viene spesso rappresentata come un miracolo. E'
d'accordo?
Non conosco un fenomeno simile in altre nazioni. Ma non saprei
dare un giudizio perché sono nato nell'ebraico. I miei genitori lo
parlavano in Eretz Israel ancora prima dello Stato e quando ero
bambino c'era una sorta di fanatismo su questo tema: la lingua
nazionale era molto importante, soprattutto a scapito dell'yiddish,
che rappresentava la lingua dell'esilio. Oggi invece siamo pronti a
torturare il nostro ebraico.
In che senso?
Come tutte le lingue parlate anche l'ebraico è in costante
cambiamento. I giovani parlano uno slang che non sempre gli adulti
capiscono, sono entrate nell'uso molte parole arabe e spesso saltano
le distinzioni fra maschile e femminile nella coniugazione dei verbi
o nella concordanza degli aggettivi. E' un problema legato a carenze
del sistema scolastico. Ma non è un'evoluzione isolata: in Francia i
ragazzi massacrano la loro lingua più o meno nello stesso modo.
Ma c'è anche chi stenta a impadronirsi della lingua. In
Ripristinando antichi amori si riproduce il dialogo di alcuni
anziani incapaci di parlare ebraico se non in modo elementare.
E' un problema ormai in via di esaurimento. Grazie alla scuola e
all'esercito le nuove generazioni parlano tranquillamente l'ebraico.
Le difficoltà sono ormai appannaggio solo dei vecchi o dei nuovi
arrivati.
| home | |
inizio pagina |