[Tratto da un intervento presso l'Amicizia Ebraico Cristiana di Torino, 28 maggio 1997]
Ringrazio l'Amicizia Ebraico-Cristiana di Torino che ha voluto premere un po' per questo invito che, alla fine, ho accettato. Come diceva la Presidente, il titolo assegnato a questo intervento è piuttosto lungo e pesante, perché mette insieme due cose, di cui una dipende dall'altra; la seconda deriva dalla prima, però ha avuto sviluppi abbastanza diversi. Dividerò perciò questa conversazione in due parti, quella che si interessa più di Gesù cresciuto ebreo, più esattamente dell'ebraicità di Gesù secondo i Vangeli Sinottici (spiegherò perché ho preferito i Vangeli Sinottici); la seconda invece riguarderà quello che è successo in seguito, e cioè come l'ebraismo nel corso dei secoli ha visto la figura di Gesù, come l' ha colta e, inevitabilmente, l'ha anche mal sopportata, per poi ritornare invece a una sua comprensione più chiara. Io che amo i paradossi, dico che probabilmente questo viene dal fatto che Gesù è ebreo ed è stato "convertito al cristianesimo", perché, forse, il primo vero cristiano non è Gesù, ma è Paolo: sarebbe Paolo che ha convertito Gesù al cristianesimo. Naturalmente questo ve lo dice un'ebrea. Probabilmente questo può essere accettato o no, non importa, ma è una cosa messa lì per far pensare e discutere. Fatto questo chiarimento, passiamo a vedere se veramente la predicazione di Gesù è "ebraica" o no.
Viene da domandarsi immediatamente come è successo che negli ambienti ebraici in questi ultimi anni sia sorto questo interesse su Gesù ebreo, sulla ebraicità di questo Gesù. Sono già stata invitata a parlarne molte volte e in diversi ambienti. Viene da domandarsi da dove venga questo interesse improvviso. Vorrei partire da una risposta molto semplice. Nel 1985 è uscito il Sussidio per una corretta interpretazione dell'ebraismo in vista delle relazioni religiose della Chiesa Cattolica con l'ebraismo. In questo sussidio leggiamo: "Gesù è ebreo e lo è per sempre". È un'affermazione ufficiale uscita dal Vaticano; la firma di questo documento è del cardinale Willebrands presidente, di mons. Duprey vicepresidente e di mons. Mettia segretario. Viene allora da domandarsi un'altra cosa (e questa può essere una prima risposta): ormai la Chiesa Cattolica insiste sulla ebraicità di Gesù. Se si afferma che "Gesù è ebreo e lo è per sempre", può nascere la curiosità di sapere perché - ecco la seconda domanda - perché in Vaticano hanno sentito la necessità di scrivere questa frase. La risposta sta nelle parole di Clemens Thomas, Teologia cristiana dell'ebraismo. L'Autore è un cristiano di cui non abbiamo dubbi su quello che scrive e che sente. Gesù è stato degiudaizzato, estraniato, grecizzato, europeizzato, destoricizzato e quindi, - egli afferma - bisognava ad un certo punto farlo ritornare alle sue origini, cioè quello che è stato veramente. Questa è la risposta cristiana: è una risposta intelligente, e, d'altra parte, è di un teologo tra i più attenti in questo periodo. Passiamo ora al fatto se veramente la predicazione di Gesù, a parte la nascita ebraica, è così ebraica o no. A questo punto occorre un chiarimento. Affrontiamo prima la vita e poi l'opera. Noi considereremo solamente la vita di Gesù, non quello che è successo dopo la sua vita. Se vogliamo parlare di Gesù ebreo, dobbiamo limitarci a quella parte che risponde all'ebraismo, non a quello che succede con la sua morte, con la sua risurrezione; questo non entrerà nella nostra conversazione. 1.2. La vita di Gesù Limitiamo le nostre osservazioni alla sua predicazione, come è raccontata dai Vangeli Sinottici cioè Matteo, Marco, Luca, lasciando da parte Giovanni. In Giovanni noi abbiamo non più l'ebreo Gesù, ma Gesù il Cristo, già fuori di quello che può essere Gesù l'ebreo.
1.2.1. L'infanzia e l'adolescenza Che Gesù sia nato ebreo non c'è nessun dubbio, come Maria sua madre è stata ebrea (è ebreo chi è figlio di madre ebrea): ce lo dicono i tre Sinottici e lo affermano tutti quelli che parlano di Maria. Negli scritti Apocrifi troviamo la storia di Maria; non c'è dubbio, Maria è un'ebrea qualunque. Ricordiamo Giuseppe quale marito di Maria: anche il marito è ebreo. Ma il marito non ci interessa: quello che importa è la madre. Se la madre è ebrea il figlio è ebreo, perché l'ebraicità di un essere che nasce si riferisce alla madre e non al padre; ragione per cui, qualunque sia stato suo padre, divino non divino - non voglio discuterne assolutamente - Gesù è nato ebreo. Appena nato, Gesù viene circonciso. È un altro fatto che fa di lui un ebreo, per cui egli entra immediatamente nella collettività ebraica, in quello che fin da Abramo costituisce il patto con Dio, mediante la circoncisione. Non solo: dopo la sua circoncisione, ai trenta giorni è portato a Gerusalemme per il "riscatto del primogenito". Che vuol dire? Il primogenito maschio di una donna deve assolutamente essere riscattato, perchè il primogenito appartiene a Dio (cf Es 13,19). Questo avviene nel Santuario: questo rituale si faceva mediante sacrifici di animali (oggi si fa con della offerte). Nella presentazione al Tempio, per il riscatto c'è una frase bellissima. Simeone attesta: "Adesso posso morire tranquillo" (cf Lc.2, 29). Noi ci domandiamo perché dice: "Perché so che è venuto il Salvatore" (cf Lc. 2,30). Questo fatto lo inserisce già in un determinata visione: e questo succede nel Tempio, nel Santuario. Dopo ciò, il bambino ritorna a Nazareth. Vorrei anche fare un'altra osservazione sulla questione della nascita. Essa è ambientata a Betlemme, nella maniera che tutti sappiamo; il ricordarlo ci dà gioia, perché è rievocata in forma simpatica e suggestiva. Che sia avvenuta esattamente così nessuno lo può dire: ci possono essere molti dubbi in proposito. Ci si può domandare quale necessità Giuseppe aveva di portarsi appresso la moglie in quella situazione, sapendo che ella stava per partorire. D'altra parte conosciamo pure che tante donne partoriscono in viaggio: può darsi che sia successo a Maria quello che avviene a tante donne. In ogni modo, il racconto di Betlemme è una narrazione che ci piace e che leggiamo volentieri. Ci pare che qualche cosa fin dal primo momento metta questo bambino in un'onda un po' speciale. Tornati a Nazareth, fino all'età dei dodici anni del bambino, tutto procede tranquillo. A questa età Gesù è alla vigilia del momento in cui deve entrare a far pienamente parte della collettività ebraica, ossia dell'ebraismo religioso; infatti, è ai tredici anni che si esigono dal bambino, che ormai non è più tale, la conoscenza e il compimento di tutti i precetti. Avviene così la cerimonia che ha il nome di bar-mizvà, cioè "figlio del precetto": i genitori lo portano a Gerusalemme per questo. Conosciamo il racconto: Gesù si perde, non ritorna, resta a discutere con i sacerdoti. In tutto questo, cerchiamo di essere molto critici nella lettura dei Vangeli, perché quanto vi è scritto non è esattamente come sono andate le cose: e questo lo sappiamo, perché, oltre alla realtà, ci sono molti elementi che la superano, in quanto essi sono stati scritti dopo, in momenti in cui bisognava sottolineare determinati fatti. Abbiamo delle parole che Gesù avrebbe affermato e che probabilmente non ha pronunciato: tanto è vero che nei Vangeli si distinguono le parole di Gesù - i loghia - e il resto. Da quello che noi possiamo trarre, è evidente che questo episodio, se non è avvenuto esattamente così, deve essere successo in maniera molto simile. Nel Talmud, in quelle poche pagine che dedica a Gesù (e questo lo vedremo nella seconda parte) e non sono, come vedremo, pagine tutte di elogio, sono scritte alcune frasi che ricordano questa discussione di Gesù con i Sacerdoti, nelle quali il Talmud si meraviglia di come questo bambino discutesse con i Sacerdoti. Anche se il Talmud, che tende a sminuire la figura di Gesù, riconosce questo, è probabile che questa discussione sia stata di un certo livello. Gesù, trovato dai genitori, ritorna con loro a Nazareth, e seguita la sua vita. Intanto muore il padre. Egli continua il lavoro paterno del falegname. A questo momento, egli ormai maggiorenne, grande e maturo entrerà nel mondo, in quel mondo di Galilea che poi sarà tutto il mondo. Da questo momento, per capire quanta ebraicità c'è nella predicazione di Gesù, dobbiamo pensare all'ambiente che Gesù trova, in quale società egli comincia a parlare. Se non conosciamo la sua ebraicità e la gente fra cui Gesù comincia a parlare, bisogna stare attenti, in quanto questo può cambiare l'opinione generale. 1.2.2. L’ambiente Per esaltare la figura di Gesù e sminuire l'ambiente nel quale Gesù aveva svolto la sua predicazione, si è parlato partendo da certe frasi che noi leggiamo nei Vangeli. A proposito dei Farisei, si è sempre pensato che l'ambiente ebraico dell'epoca fosse un mondo anchilosato, che pensava solamente a offrire sacrifici, a questioni rituali e a nient'altro. Oggi che studiamo un po' di più questa idea, sappiamo che in quei secoli l'ebraismo era di un pluralismo come poche volte; forse nemmeno oggi noi possiamo dire che l'ebraismo sia stato come allora. C'era di tutto, dentro l'ebraismo in quell'epoca.
1.2.3. Le varie correnti all’interno dell’ebraismo Esistevano in quell'epoca diverse correnti: Sadducei, Farisei, Esseni. Adesso conosciamo pure Qumran, di cui non conosciamo esattamente i tempi, e i Battisti, (non dimentichiamo Giovanni Battista). Se si vogliono chiarire anche solo approssimativamente le relazioni, i contatti, gli incontri e gli scontri dell'uomo Gesù di Nazareth, ebreo con i connazionali, correligionari, è necessario ricordare i vari aspetti di questa popolazione apparentemente unitaria, in realtà divisa. Al vertice c'erano i sacerdoti cioè i Sadducei che erano accompagnati dai Leviti, i quali erano limitati alle questioni rituali, ma in realtà erano "collaborazionisti" con i Romani, come lo erano già stati con i Greci all'epoca dei Maccabei. In quei secoli, ribadisco, l'Ebraismo era di un pluralismo come lo è stato poche volte. Per questo per un certo periodo anche la predicazione di Gesù non è ancora una dottrina fuori l'Ebraismo, era una predicazione giudeo-cristiana: il pluralismo era tale che, come massimo, si poteva parlare forse di un eresia ma nemmeno tanto. Dall'altra parte, c'erano i Farisei, della linea più stretta, non volevano il Senato. I Farisei, che oggi potremmo definire gli intellettuali, erano nati soprattutto per far capire al popolo, che non conosceva più l'Ebraico, il testo biblico. Quindi c'erano gli Scribi che spiegavano il testo e avevano prodotto la Torah orale. Noi sappiamo che esiste una Torah scritta (Torah non vuol dire "legge" ma "insegnamento"). Disgraziatamente i Settanta hanno tradotto Nomos con Legge e questo ci perseguita da sempre. Torah è la stessa identica radice di maestro, quindi insegnamento scritto. Sono naturalmente i cinque libri di Mosè (il Pentateuco); poi sono stati aggiunti anche gli altri libri. A questa Torah scritta aggiungiamo quello che chiamiamo la Torah orale, questa è la grande novità. Che cosa è la Torah orale? Costituisce l'insegnamento orale, che sarebbe stato dato a Mosè nel Deuteronomio. La Torah orale sarebbe stata data a Mosè nello stesso momento in cui era stata data quella scritta, e quindi questa rivelazione sinaitica è altrettanto sacra che la Torah orale. È quello che non ammettevano assolutamente i Sadducei, che erano contro la Torah scritta. Il perché non la volevano, è importantissimo per interpretare i tempi.
1.2.3.1. I Farisei e la resurrezione I Farisei, hanno avuto bisogno di una quantità di elementi per interpretare i testi, che loro usavano in una certa maniera, non solo ma riconoscevano un'altra cosa che i Sadducei non ammettevano - questa è una della ragioni di urto con Gesù -, e cioè la resurrezione. I Farisei credevano nella resurrezione. Ancora oggi gli Ebrei fra i tredici articoli di fede di Maimonide comprendono la resurrezione. Poi c'era chi era scandalizzato dagli sprechi, dall'uso, dall'affiliazione di quegli aristocratici che collaboravano, che facevano una loro vita speciale, una loro vita teologica-monastica, che sono i cristiani. Queste cose ci sono note da Plinio il Vecchio, Flavio Giuseppe, Filone, che ci hanno trasmesso le notizie dei tempi di Gesù. Grazie alla scoperta dei testi di Qumran, avvenuta nel 1947, oggi ne sappiamo molto di più. Poi ci sono quelli che sono molto rigidi e che vogliono combattere Roma e quelli che parlano del Messia. Perché verrà il Messia a liberarci. Questo lo dobbiamo anche ricordare: che se si parla di Messia nei Vangeli è perché in quell'epoca ogni madre in Israele che aspettava un bambino pensava che forse il suo poteva essere il Messia. Questo dice che febbre messianica c'era.
1.3. Gesù adulto Andiamo ora a vedere come Gesù predica, per vedere se è veramente Ebraismo. Dobbiamo andare a Giovanni Battista. Mentre Gesù a Nazareth lavora, sorge intanto un uomo, di cui conosciamo quasi niente, e che si dice che battezza la gente. In verità, non battezza, perché quello di Giovanni non era un battesimo ma un bagno di purificazione. Gesù esce dal Giordano dopo un bagno di purificazione. Ora, Giovanni battezzava perché diceva che con questa purificazione si poteva incominciare il cammino verso il Messia. A un certo momento si è pensato che Giovanni fosse quell'Elia che era aspettato come l'annunciatore. Quando Gesù sente queste notizie di Giovanni, si entusiasma, come si entusiasmavano tutti, come fanno tanti va anche lui: è da quel momento che la vita di Gesù cambia completamente. Gesù comincia la sua predicazione. C'è chi afferma che questa predicazione è durata un anno, chi tre anni: è una predicazione che in ogni modo dura poco. Deve essere stata una predicazione sconvolgente, perché in così poco tempo ha potuto lasciare tutto questo strascico - lasciamo da parte la questione della divinizzazione -, ma se ha prodotto questo strascico, deve essere stata una predicazione molto importante. È a questo annuncio che adesso facciamo riferimento, insistendo che è un insegnamento che esce dall'ambiente ebraico. Fino adesso Gesù ha vissuto nel mondo ebraico, Giovanni è un ebreo, e Gesù comincia la sua azione come un ebreo.
1.3.1. Gesù l’ebreo Su questa predicazione D. Flusser osserva tra l'altro che dai Vangeli non si può dedurre nessuna infrazione ai precetti da parte di Gesù, e ricorda che quanto si dice in relazione alle spighe di grano raccolte di sabato è da riferire ai suoi discepoli e non a lui. Ricorda che si parla anche di David che esattamente in un certo momento aveva fatto una medesima cosa. L'accusa di bestemmia rivolta a Gesù Cristo dagli scribi e dai sommi sacerdoti durante il processo, non è reale, in quanto soltanto l'abuso del Tetragramma (cioè il nome di Dio) costituisce bestemmia e nessuna accusa è stata mossa a Gesù in questo senso. E l'altro studioso di Gesù, che ha pubblicato un libro dal titolo L'Ebreo Gesù osserva che, per quanto concerne il principio fondamentale della fede giudaica, il solo scontro di rilievo riferito nei Vangeli tra Gesù e l'autorità costituita, riguarda i Sadducei, è solo in relazione alla resurrezione dei morti. Dante Lattes ancora prima della Seconda Guerra Mondiale scriveva: "Gesù è un Ebreo che dice parole … ma ripete antiche dottrine agli ebrei della sinagoga nella quale si agita lo spirito ribelle celeste dell'Antico Testamento, l'universalismo profetico, la tenutezza di giustizia sociale, la fratellanza umana, questo per combattere l'anchilosamento dell'epoca". 1.3.2. La grandezza di Gesù La grandezza di Gesù non è in quello che nella sua predicazione ha cercato in contrario alla spirito d'Israele, ma in quello che dello spirito d'Israele essa riafferma. Prima cosa, la sua maniera d'insegnare era esattamente quella di altri capi, cioè di altri Rabbini, di altri maestri. C'erano state scuole di poco anteriori a Gesù, famose quelle di Hillel e Shammai: solamente che loro non insegnavano ai Gentili. In Matteo 5, Gesù dice che non era venuto a cambiare ma a compiere; e non solo, dice ancora che "non passerà dalla legge neppure uno iota" (Mt 5,18). Quindi lui voleva predicare dentro quello che aveva imparato, e quando noi leggiamo, in Luca 4, che Gesù entra nella sinagoga a Nazareth e legge il testo di Isaia 61, Gesù fa esattamente quello che noi facciamo ogni sabato quando, dopo aver letto una sezione dei 5 libri, cioè il Pentateuco, proclamiamo una sezione dei Profeti che, in un certo senso, combacia.
1.3.2.1. L’amore Se noi facciamo attenzione alle sue parole, quando qualcuno gli domanda: "Secondo te qual è il comandamento più grande?" Lui risponde:"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore con tutta la tua anima e con tutta la tue forze". Cosa sono queste parole? Queste parole noi le troviamo in Deuteronomio 6, 6. Esse sono la preghiera che noi diciamo due volte al giorno che comincia con lo Shemà, cioè: "Amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze". Egli non si ferma qui, - questo è importante - continua e dice:" Amerai il prossimo tuo come te stesso". È Levitico 19,18; in Levitico 19 non solo c'è il verso 18 - e questo Gesù lo sapeva molto bene - c'è anche il verso 34 che dice riguardo allo straniero:"tu l’amerai come te stesso". I Rabbini traducono:"Amerai il prossimo tuo che è stato creato nella stessa maniera come sei stato creato tu, a immagine e somiglianza di Dio". Ancora una volta Gesù è in mezzo a questi due amerai, cioè,"amerai Dio" e "amerai l'uomo": è nella totalità del concetto d'amore dell'ebraismo, perché non si può amare Dio senza amare il prossimo. Quindi Gesù trasmette e trametterà questa lezione a tutto l'ambiente cristiano.
1.3.2.2. Le Beatitudini e il Padre Nostro Fermiamoci sulla questione delle "beatitudini" e del "Padre Nostro", due cose stupende per i cristiani. Nel Vangelo i "Beati voi" sono una sintesi che Gesù o chi per lui (perché non sappiamo se Gesù ha detto esattamente in questa maniera, ma i concetti saranno senz'altro i suoi). Quando diciamo:"Padre Nostro che sei nei cieli" noi ebrei lo diciamo nelle nostre preghiere; è una preghiera che diciamo tutti i giorni, come quando diciamo "Beati i poveri di spirito", c'è Isaia 57. Praticamente Gesù conosceva perfettamente i testi, quindi conosceva le preghiere ebraiche, e ha voluto trasmettere queste preghiere. Egli voleva ravvivare questa gente, che non sapeva, che sentiva magari solo dire quella determinata preghiera e nient'altro, che è quello che sentiamo qualche volta ancora oggi. Lui voleva rinnovare questo ambiente, quello che noi troviamo.
1.3.2.3. Il regno dei cieli e il Messia Diciamo ancora qualcosa che si riferisce al "Regno dei cieli". La prima volta che si parla del Regno dei cieli della vita ebraica è nel racconto di Mosè, quando ci parlano del Mar Rosso. Figuratevi se questo Regno dei cieli era quello di Mosè! Lui parla del Regno di Dio, nella parabola del seme che deve morire perchè nasca il grano. Cosa vuol dire questo? E' stato qualcosa che la mistica ebraica ha elaborato e rinnovato. Secondo il concetto ebraico, ci sono 613 precetti. Nel caso cristiano sarà tutto quello che la Chiesa Cristiana indica. Se noi non avremo lavorato seriamente, se non avremo seguito questi ordini di Dio, allora il Messia non verrà. Ma il Messia verrà se noi avremo seguito tutto questo. I Rabbini e i mistici dicono che ognuno di noi è portatore del Messia, nel senso che se noi ci porteremo bene, riusciremo a cambiare qualcuno. Questo è materia di discussione. Se noi avremo questa illusione e continueremo a comportarci come ci siamo comportati, forse un giorno arriverà questo Regno messianico. Il Regno di Dio secondo l'ebraismo e secondo Gesù, non è il Regno di Dio dell'aldilà, è il Regno di Dio qui, perchè il Messia secondo l'ebraismo non è un essere divino, tant'è che ogni tanto qualcuno dice di essere il Messia. Qualche tempo fa c'è stato persino negli Stati Uniti. Il Messia secondo l'idea ebraica non è un essere divino. Allora perchè il Regno di Dio è vicino? Gesù passa al Regno di Dio, ma questo passaggio viene da quella fede nell'immortalità dell'anima. Ci sono i vari titoli che hanno dato a Gesù: lo chiamavano Profeta, anche se si sapeva che i Profeti erano finiti; lo hanno chiamato Signore, Mar, e Mar in ebraico vuol dire qualunque signore, come quando oggi uno vuol dire il Signor tale dice Mar tale. Ciò viene da una cattiva traduzione greca che ha tradotto questo Mar con Signore e significa tutt'altra cosa. Gesù non ha detto a nessuno che era il Messia. Al contrario, quando Pietro gli risponde che per lui egli è il Messia, gli dice: "Non diffondete questa cosa" (Matteo 16,20; Luca 9,20), Gesù non si dichiara mai il Messia. Quando glielo domandano nel processo Lui risponde: "Tu l'hai detto, non io" Poi c'è la questione dei miracoli. Ce n'erano tanti miracoli conosciuti prima. Ce ne sono stati in quell'epoca, c'erano dei carismatici, quindi non era l'unico. Nel fare la questione, dobbiamo ricordarci che c'erano i Romani, e che tutto questo poteva suscitare ribellioni; c'erano gli Zeloti, e c'è addirittura chi vuole interpretare la figura di Gesù come uno Zelota, come un ribelle a Roma. Non dobbiamo dimenticare qual è la scelta. Che Lui è condannato perchè secondo i Romani voleva farsi passare per re.
2. GESU' E GLI EBREI Ora vogliamo vedere come Gesù Ebreo sia stato visto dagli Ebrei non nel momento della sua vita -perchè l'abbiamo visto nella sua nascita e la sua predicazione - ma nella storia.
2.1. Gli Ebrei ai tempi di Gesù Come prima ho detto, è stato il primo "cristiano convertito". C'è il Gesù come lo vedono gli Ebrei: non solo quello che scaturisce dai Vangeli, ma anche dai Vangeli apocrifi. Di questo periodo possediamo una quantità grande di Vangeli apocrifi. La scoperta che è stata fatta ad Nag Hammad dei Vangeli gnostici. Noi possiamo domandarci se c'erano tante tendenze, e Gesù poteva entrare in una di queste tendenze. Perchè è successo tutto questo? Le cose non erano così semplici. Fino alla morte di Gesù le cose potevano essere interpretate come io le ho interpretate, ma dopo la sua morte le cose sono cambiate insieme con quei cambiamenti cioè della morte di Gesù e della sua resurrezione e della fede nelle sue parole, come il Risorto agli Apostoli, in quella che si chiama Pentecoste, che praticamente mi sembra vicino, perchè è una rivelazione attesa quanto quella del Sinai. Io avvicino sempre Shavuot, la Festa delle Settimane, alla Pentecoste cristiana, perche sia l'una che l'altra sono due rivelazioni. Ma dopo questo le cose cominciano a cambiare. Si verifica immediatamente un'inflazione, per ragioni che noi risolleveremo, che sono politiche, religiose e del tutto contingenti . Abbiamo detto che la predicazione di Gesù durante la sua vita fu più oggetto di distruzione che di emarginazione, che il conflitto si produce essenzialmente con i capi dei Sacerdoti, i Sadducei e gli Anziani, e la condanna, come dice Giovanni 11,50: fu più una necessità politica, sacrificare uno piuttosto che molti, che una imposizione religiosa. Dopo la sua morte infatti, alcuni continuavano a vedere in lui il Profeta, altri un giusto perfetto, altri un riformatore della dottrina di Dio, venuto ad abolire il culto sacrificale nel Santuario. Nei primi due secoli non si riscontra una opposizione né generalizzata né ufficiale a Gesù come persona umana nella sua esistenza. Nelle sue Antichità giudaiche, Giuseppe Flavio lo ricorda come un uomo capace di portenti e maestro di quanti amano la verità. D'altra parte bisogna ricordare che i primi cristiani furono giudei cristiani rispettosi della Torah come lo fu Gesù, come è raccontato negli Atti 5,38. Ma dal III secolo in poi le cose cambiano. L'immagine dell'uomo Gesù e del suo vissuto ebraismo va attenuandosi di fronte all'affermazione di Gesù il Cristo, morto in croce per riscattare i peccati dell'umanità, e del suo discepolo, Paolo. Quando poi la Chiesa, sotto la spinta di Paolo, nella sua costituzione e nel suo trionfo con l'epoca di Costantino, iniziò la contrapposizione della parola di Gesù a quella della Torah, si diffuse l’affermazione della crudele specificità del Dio dell'ebraismo di fronte al Dio d'amore predicato da Gesù. Ancora oggi qualche volta si sente dire: "Ama il prossimo tuo come te stesso" l'ha detto Gesù, e nessuno si ricorda che allora c'era già. Gli ebrei percependo che l'ebreo Gesù stava diventando lo spunto innocente, innocente veramente perchè lui non c'entrava niente, cercavano di ignorarlo o di ricordarlo inneggiando proprio questa affermazione.
2.1.2. Il Talmud e Gesù Non è vero che il Talmud sia infarcito di improperi contro Gesù, per questo lo hanno accusato una quantità di volte . A lui sono state destinate una quindicina di pagine. Non tutte le frasi più dure si riferiscono alla sua nascita, non essendo accettati i racconti dei Vangeli secondo cui Gesù non aveva un padre naturale. Dalla sua predicazione è scritto: "Si burlò delle parole dei Salmi e commentò la Scrittura come i Farisei. Ebbe cinque discepoli, disse che non era venuto ad abrogare niente della legge né ad aggiungere niente", questo è in Shabbat 116. Ci tengo alle citazioni perchè voi non pensiate che io sto raccontando storie. Nel suo libro Teologia Cristiana dell’ebraismo, Clemens Thomas nota che la Mishnà non contiene un solo passo di sfida a Gesù e al cristianesimo. Egli osserva: "Tale riservatezza polemica, una testimonianza inaudita di profonda forza interiore, in un epoca in cui i Padri della Chiesa predicavano in termini chiassosi contro il Giudaismo" (trad. it pagg. 96-97). Per concludere circa l'atteggiamento ebraico verso Gesù, anche per lui è applicato il detto:"Anche se ha peccato, resta pur sempre un uomo".
2.2. L’ebraismo medioevale Quando la Chiesa di Roma e quella di Bisanzio adottarono verso gli Ebrei un processo denigratorio e diffamatorio, in cui il nome di Gesù e la sua morte venivano usati come punto di partenza, l'atteggiamento ebraico verso Gesù, considerato ormai la causa dei propri mali, divenne sempre più critico. Prende allora forma per vari secoli una tradizionale critica e caricaturale, conosciuta col titolo di Colloqui di Gesù o Storie di Gesù, condannata dalla Chiesa nel 1413. Si tratta più di una letteratura dell'azione con tanti interessi polemici, che potrebbe essere definito un antievangelo ebraico, caratterizzato da ironia e sarcasmo. Tuttavia nella stessa epoca in cui nasceva questo concetto, tra i secoli XIII e XIV, i saggi ebrei ricordano la figura di Gesù e lo stesso cristianesimo con tratti ben diversi. C'è chi definisce Gesù un saggio e chi lo ricorda come il primo Profeta misterioso, mentre altri lo ricordano come colui che ha preparato il mondo intero alla venerazione di Dio nella comunione dei cuori, come è scritto in Sof. 13,9.
2.3. L’ebraismo dopo l’Illuminismo Questo è il pensiero ebraico fino all'epoca dell'Illuminismo. Con l'Illuminismo e l'emancipazione, l'atteggiamento ebraico di fronte a Gesù diventa oggetto di studio, per cercare di ricostruire le catene della realtà, anche se a pochi studiosi del XIX secolo si deve una prima impostazione critica storica di Gesù. Ricordo soltanto: Samuel, Abram. In un’opera, si presenta Gesù come un'essenza che introduce alcune concezioni divine e porta leggi morali differenti o superiori a quelle dell'ebraismo. Cito: "Da un Maestro onorato nel suo circolo… chiunque disprezza Gesù disprezza l'ebraismo, giacchè fu l'ebraismo la fonte della sua dottrina". A riguardo delle vicende ebraiche dice: "Quando arrivò il suo ultimo periodo - che è questo nostro secolo - che purtroppo ha visto l'eccidio ebraico spaventoso…ma ha anche visto la creazione dello stato d'Israele, succede un capovolgimento di pregiudizi e di stereotipi. Alla luce degli orrori… che hanno messo il mondo cristiano di fronte alle proprie responsabilità nell'azione del destino ebraico, e il mondo ebraico di fronte, prima della soluzione finale… segue un cammino di libertà completamente nuovo". In questo rivolgimento è inevitabile che l'ebraismo nelle sue vaste accezioni si trovasse a prendere posizione anche sul problema religioso. L'ebraismo liberale e riformato ha dato maggiori contributi allo studio della figura di Cristo attraverso varie opere, tra cui alcune di notevole livello. Ha contribuito alla formazione di un'impostazione obbiettiva della visione sia della persona di Gesù sia di alcuni avvenimenti della sua vita.
2.4. L’ebraismo nel Novecento Le opere precedenti mostrano ancora un atteggiamento apologetico nei confronti dell'ebraismo, mentre quelle successive alla Seconda Guerra Mondiale e alla creazione della Stato d'Israele sono più numerose e presentano maggiore padronanza di giudizi e critiche. Verso il 1920 appaiono delle opere monografiche su Gesù con differente impostazione. Non sto a fare la lista, dico solamente che ce n'è una famosissima scritta in origine in ebraico, intitolata proprio Gesù di Nazareth. Per brevità riferisco solo alcuni passi. In quest'opera si scrive: "Gli ebrei non riconoscono la divinità di Gesù, non possono riconoscerne l'insieme. L'ebreo di oggi però non può mancare di rendere onore a ciò che Gesù ha fatto per la crescita della vita etica e spirituale, non può mancare di apprezzare Gesù come maestro religioso e dotto". Come ricordavo, alla fine della Seconda Guerra Mondiale sono stati molti, e moltissimi continuano ad essere ancora oggi coloro che s'interessano della figura di Gesù. Da parte ebraica si scrive continuamente, e vorrei dire che questi scritti sono stati iniziati proprio da quel famoso Gesù e Israele di Jules Isaac. Leggo rapidissimamante qualche cosa. "Nel Gesù l'ebreo il figlio, che s'era perso è stato ritrovato, naturalmente perché c'è un nuovo approccio …ma non ritorna in forma pubblica". Qui si aggiunge: "C'è chi lo fa ritornare come il leader di una banda ebraica, ribelle contro Roma…chi invece lo colloca nella più pura spiritualità ebraica, rivendicandone il carattere genuinamente ebraico per lo stile …e indicandolo come un ebreo tra ebrei". C'è chi vanta la sfida in piena sinagoga dicendo: "Gesù è un uomo e non Dio, Gesù è un ebreo non un cristiano. Gli ebrei non hanno respinto Gesù l'ebreo, e i cristiani nell'insieme non hanno accettato Gesù, come ebreo, e non lo hanno seguito" C'è ancora chi scrive: "Gesù è come una parentesi che collega ebrei e cristiani, e li fa tendere in un rispetto reciproco verso lo scopo che è loro comune: la fraternità di tutti gli uomini, in un mondo di pace e sicurezza, nella fede in Dio e nel tempo della sua venuta". C'è infine chi cerca di ricostruire, con l'appoggio dei ceppi ebraici, romani, greci e cristiani, la storia dei vari personaggi, dell'ambiente e dell'epoca, per concentrare l'attenzione sul Rabbi Gesù di Nazareth di famiglia ebrea, galileo, uomo pio. Non ho citato Martin Lutero perché non ha scritto nessun libro su Gesù, ma ha scritto di Gesù in una quantità di testi, tra cui Le due fedi. Posso concludere con queste sue parole, nel suo Ascolta Israele: "Colui che vede in Gesù il Messia che ha compiuto la storia, colui che lo innalza ad un posto così alto, cerca di essere uno di noi. Se pretende di confessare la nostra fede nella redenzione ancora da attendere, allora le nostre vie si separano". E in un suo discorso in memoria dice: "Credo con ferma fede che la comunità ebraica, nella linea di un rinnovamento dell'ebraismo, riconoscerà Gesù, non solamente come una grande figura della sua storia religiosa, ma anche nel contesto di uno sviluppo che si estende attraverso i millenni, il cui scopo finale è la redenzione d'Israele e del mondo".
Conclusione A questo punto, io credo, con altrettanta fermezza, che noi ebrei non riconosceremo mai Gesù come il Messia venuto, perchè ciò contraddirebbe il significato più profondo della nostra attesa messianica. Non vi sono nodi sulla corda sempre tesa della nostra attesa messianica. Questa è attaccata alla roccia del Sinai, è ancorata ad un chiodo, ancora invisibile, nelle fondamenta del mondo. In piedi, attaccati e incatenati, votati alla gogna dell'umanità, mostriamo con il corpo insanguinato del nostro popolo, l'aspetto non redento del mondo. Per noi non esiste il problema di Gesù, ma solamente quello di Dio.
DIBATTITO Domande Quello che mi ha lasciato un po’ perplesso è quando lei ha detto che Gesù era ebreo, mentre diciamo che Paolo lo ha "convertito". Noi però ricordiamo che Paolo perseguitava i primi seguaci del movimento cristiano: quindi, operava all'interno dell'ebraismo. Quando lo stesso Paolo dice di essere stato perseguitato da quelli della sinagoga è evidente che si muove ancora all'interno dell'ebraismo. Quindi Paolo non si è convertito subito al cristianesimo, è sempre rimasto dentro al movimento ebraico, tra le varie sue posizioni su Israele. Paolo non è mai diventato cristiano come intendiamo noi, anche perché i blocchi onorifici religiosi come intendiamo noi oggi allora non c'erano. L’ebraismo, come lei ha sottolineato, era un movimento ricchissimo, fluido e dinamico. La teologia parla dei "cristiani" di quel periodo come di tanti giudei. E' importante quindi recuperare non solo l'ebraicità di Gesù, di Miriam sua madre, dei suoi fratelli, sorelle, "cugini"(come dicono i cattolici), dei suoi apostoli e discepoli, ma anche dello stesso apostolo Paolo. La sua domanda ha mirato a deligittimare qualsiasi interpretazione del pensiero di Gesù, anche della questione così importante della venuta di Dio, che non sia fondata su una concezione secondo la quale il Regno di Dio dipende dalla volontà etica dell'uomo.
Risposte: Rispondo alla prima obiezione, che si riferiva alla condanna di Gesù e che parlava del Sinedrio. Sono stata io la prima a dire che quel Sinedrio essendo. Eccetera. Non ho parlato del Sinedrio in particolare. Quando parlavo dei Sadducei e dicevo: I Sadducei erano politicizzati, collaborazionisti, ho affermato, è naturale, che pensavano più alla politica che alla religione. Non hanno condannato Gesù per una questione religiosa, in questo eravamo perfettamente d'accordo. Credo di essere stata abbastanza chiara. D'altra parte, è abbastanza chiaro che Gesù ha chiamato Dio, "Abbà, Padre", come lo chiamavano altri ebrei. Erano in molti a chiamarlo "Abbà, Padre" non è stato lui l'unico, non si spacciava per "Figlio di Dio". Non diceva di essere "Figlio di Dio", come è stato visto in seguito per la fede nella reurrezione, il che è una cosa magnifica. Aveva questa fede - io non lo nego assolutamente - ma evidentemente Gesù non si è considerato nella maniera come è stato creduto dopo. Gesù è stato una personalità eccezionale. Quello che ho detto, anche il giudizio dei vari Flusser eccetera, riconoscono che è stato una figura straordinaria: Non lo possiamo negare. Anche i profeti erano altrettante personalità eccezionali, senza arrivare alla loro divinizzazione. Quanto alla questione che Paolo non si è convertito, che Paolo è rimasto ebreo, voglio solamente ricordare che nella Lettera ai Romani, Paolo non è più ebreo: quando egli parla di Gesù che muore per la salvezza del mondo e che con la sua grazia tutti i peccati saranno perdonati, quando parla del peccato originale, dei miracoli, del battesimo: non siamo più nell'ebraismo, Paolo è già un cristiano. Le lettere di Paolo - non voglio parlare della Lettera agli Ebrei, perché sappiamo che non era sua - ci dicono molte cose: che Paolo ormai era stato folgorato sulla via di Damasco. Il suo è stato un cammino di cristianizzazione, egli ha riconosciuto la divinità di Gesù (nelle sue parole questo è chiarissimo), quindi è decisamente un cristiano. Dicendo questo non critico, sto solamente raccontando quello che balza fuori. Non sono affatto un'anticristiana, nel senso che ognuno va rispettato in quello che crede; voglio solamente far riconoscere che Gesù è partito dall'ebraismo, anche se ha detto qualche cosa che non era dentro l'ebraismo. Ho fatto una riflessione sui Sinottici per la semplice ragione che dovevo affrontare l'ebraicità di Gesù, cioè partendo da quanto poteva esserci di ebraico nella sua predicazione, comparandolo con quello che era l'ebraismo dell'epoca. Per questo ho lasciato da parte Giovanni; non è con questo che io abbia voluto dare un giudizio - quello che vale quello che non vale - perché tutti riconosciamo che valore ha il Vangelo di Giovanni. Per quanto concerne quello che lei definisce "delegittimazione del Regno di Dio", e quanto io abbia voluto mantenere questo concetto del Regno di Dio dentro l'idea ebraica: in fondo io continuo a considerare che quello che noi pensiamo di Gesù, ognuno di noi ne è responsabile; noi cerchiamo solo di fare un rapporto, non vogliamo per niente distruggere l'apporto del cristianesimo. Il cristianesimo fin dal principio, dal momento in cui si comincia a parlare del Bambino, fino al giorno della morte di Gesù, facendogli fare quella confessione di peccati, che cosa fa? Esattamente quello che noi diciamo: fa il cammino verso Dio. Che lo faccia per arrivare a quel cammino dell'aldilà, va benissimo, è magnifico, ma che con questo cammino, lui stia costruendo anche questa realtà migliore, per questo mondo di qua, è un fatto. Quanto alla questione dell'Ultima Cena del Figlio di Dio, tra le tante cose, mi limito a dire che in essa mette Gesù, in definitiva, nella sfera messianica dell'epoca. Quando Gesù offre il pane ed il vino, oltre le interpretazioni cristiane, ci sono quelle ebraiche, che vedono in questa offerta il quinto bicchiere della cena della Pasqua giudaica. Che cos’è questo quinto bicchiere? È la coppa che si lascia sul tavolo in attesa della venuta di Elia. Quindi il calice di Gesù si pensa che sia il bicchiere che unisce Gesù all'idea messianica. Quanto alla questione del "Figlio dell'uomo" e del "Figlio di Dio", vorrei dare alcune indicazioni. Non sono gli altri che dicono a lui "Figlio dell'uomo". Questa espressione si trova in Daniele, dove appare uno in sembianze di Figlio dell'uomo, una personalità divina. Si pensa che possa essere un riferimento a questa particolare natura di Gesù, forse anche a una natura divina. "Figlio dell'uomo" in ebraico si dice Ben Adam, espressione che diciamo ancora oggi in ebraico per qualsiasi persona: ogni essere umano è un figlio dell'uomo, senza nessunissima dietrologia, senza nessuna diversa interpretazione. Quanto a "Figlio di Dio", occorre notare che Gesù non parla mai di sé come Figlio di Dio. Inoltre nella Bibbia si parla di "figli di Dio", che in genere sono gli Angeli. In Genesi 6 si parla degli angeli come "figli di Dio". Sono chiamati "Figli di Dio" i re d'Israele. Di David, nel Salmo 2 è detto: "Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato"; se si può pensare di una persona, che tutto era meno che una divinità, perché un essere più umano, più carnale di David non lo possiamo trovare! Anche nell'interpretazione ebraica si dice: "figlio di Dio" di un ebreo giusto, di una persona giusta. Dai manoscritti di Qumran, abbiamo che i Qumranici si chiamavano l'un l'altro con l’appellativo "figli di Dio". C'è scritto nei testi: "Noi, figli di Dio". Era una frase che ricorreva. Questo per dire che in fondo Gesù usava una terminologia comune nell'epoca. Sappiamo che i Qumranici chiamavano così anche il "Maestro di giustizia" di cui aspettavano il ritorno: essi lo ricordavano con il nome appunto di "Figlio di Dio", però non lo veneravano né lo ritenevano assolutamente come Messia. Torino, 28 maggio 1997 | home | | inizio pagina | |