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M. Morselli, I passi del Messia. Per una teologia ebraica del cristianesimo, Marietti, Genova-Milano 2007.

Recensione di Gabriella Maestri
 

Marco Morselli, già ben noto come curatore e commentatore di opere filosofiche e teologiche nel campo dell’ebraismo, esordisce come autore con il libro I passi del Messia - Per una teologia ebraica del cristianesimo, attraverso il quale si propone di offrire il proprio contributo al dialogo tra le due fedi.

Benché negli anni più recenti numerose siano state le pubblicazioni che hanno affrontato tale tema, lo studio di Morselli presenta indubbi caratteri di originalità e si segnala per il rigore intellettuale, la profonda conoscenza della materia trattata e al tempo stesso il coraggio da parte dell’Autore di “esporsi” nel proporre le modalità di un percorso che ebrei e cristiani potrebbero compiere insieme, pur mantenendo ciascuno la propria identità.

La venuta del Messia per gli ebrei, o il suo ritorno per i cristiani, costituisce l’evento che fa da sfondo a tutta la ricerca. «Tra Roma e Gerusalemme corre una particolare tensione messianica» afferma Morselli, il quale, sin dall’introduzione, confuta l’opinione ben diffusa secondo la quale il maggior problema nel rapporto tra le due fedi è costituito dalla questione se Gesù sia o no il Messia, mettendo invece in evidenza che l’interrogativo fondamentale riguarda la posizione assunta da Rabbì Yeshuà ben Yosèf nei confronti della Toràh: egli è venuto per abolirla o piuttosto per diffonderla nella sua pienezza?

Purtroppo, fino all’epoca conciliare, la famigerata teologia della “sostituzione” ha pesantemente contrassegnato il pensiero e l’atteggiamento concreto della Chiesa, la quale, autoproclamatasi novus Israël, aveva reciso i suoi legami con l’ebraismo e si era impadronita della figura di Gesù, alterandone i connotati e cercando quanto più possibile di sradicarlo dal suo popolo e dal contesto in cui era vissuto.

Il cambiamento di rotta nei confronti dell’ebraismo verificatosi nel XX secolo nelle Chiese cristiane in generale e in quella cattolica soprattutto attraverso l’azione dei pontefici Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II ha portato abbondanti frutti.

«Tutta la comunità pagano-cristiana è ospite della casa d’Israele…- afferma Karl Barth - Come potrebbe allora andare in missione presso Israele? …Cosa avremmo da insegnargli che egli non sappia, e che non dovremmo piuttosto imparare da lui?».

Sollecitato dal nuovo clima e dai conseguenti interrogativi da esso scaturiti, Morselli avverte l’esigenza di ripercorrere le tappe fondamentali dello sviluppo, nell’ambito dell’ebraismo, di una riflessione teologica sul cristianesimo in una prospettiva messianica, attraverso la presentazione della vita e del pensiero dei più significativi intellettuali, vissuti nell’Ottocento e nel Novecento, che si sono occupati di tale complesso problema e che hanno aperto nuove prospettive ad un fecondo dialogo interreligioso. I dieci capitoli che compongono il libro, dedicati rispettivamente a E. Benamozegh, A. Pallière, J. Klausner, J. Isaac, I. Zoller, F. Rosenzweig, G. Scholem, A. Chouraqui, L. Askénazi e J. Taubes, delineano con efficacia, accanto alle vicende personali dei singoli pensatori, gli aspetti più significativi e originali della loro riflessione, talvolta connessi con particolari esperienze di vita.

Scorrono così davanti agli occhi del lettore pagine di estremo interesse che lo introducono in un universo variegato, ricco di straordinarie sollecitazioni intellettuali e spirituali: come dimenticare infatti le pagine dedicate a Elia Benamozegh, in cui si sottolineano i profondi legami del cristianesimo con l’ebraismo, da ricercarsi soprattutto nella linea del pensiero esoterico che ha dato vita alla Qabbalah, o come non essere colpiti dalla riflessione di Aimé Pallière – la cui “conversione” all’ebraismo non è consistita nell’abbandono del cristianesimo, ma in un radicale cambiamento del suo esser cristiano nei confronti di Israele, o dal proposito di Joseph Klausner di ridare a Yeshua (Gesù) il posto che gli compete all’interno della storia nazionale ebraica e della storia universale?

Significativo è pure il capitolo dedicato a Jules Isaac, i cui scritti, soprattutto il libro Jésus et Israël, sono stati importanti punti di riferimento per la stesura del documento conciliare “Nostra Aetate”, pubblicato nel 1965, che ha costituito l’inizio del dialogo tra le due fedi.

Particolarmente interessanti sono poi le pagine che Morselli dedica a Israel Zoller, il tanto discusso Rabbino Capo della Comunità ebraica romana che nel 1945 decise di farsi cristiano assumendo il nome di Eugenio Zolli.

Morselli, avvalendosi anche di testimonianze raccolte presso i familiari dello Zoller e mettendo in evidenza il nucleo messianico del suo pensiero, dà un’interpretazione molto particolare di questa conversione, sottolineando il fatto che con essa il Rabbino non aveva avuto assolutamente il proposito di rinnegare il suo popolo e la sua antica fede, verso cui nutriva un profondo amore.

Notevole è pure il capitolo dedicato a Franz Rosenzweig, il quale, con La stella della redenzione, sottolinea che davanti a D. ebrei e cristiani sono intenti a una stessa opera: si profila qui una teoria delle due vie e si propone la complementarietà tra ebraismo e cristianesimo.

Gershom Scholem e André Chouraqui sono gli autori successivamente esaminati. Del primo viene sottolineato il costante interesse per il messianismo, del secondo il sionismo, definito da Morselli «messianico e interreligioso, in quanto sottolinea il significato del ritorno a Sion non solo per Israele, ma anche per l’umanità. Per un’umanità però che non si sostituisca a Israele». Gli ultimi capitoli sono dedicati a Léon Askénazi e a Jacob Taubes.

Morselli ci fa comprendere come il principio talmudico “L’essere è nascosto da ciò che lo rivela”, porti Askénazi ad una rigorosa ricerca sulla persona e sull’opera di Gesù, visto come il rappresentante di Israele presso i cristiani, «che proprio con la loro testimonianza potrebbero trasformarlo in colui che rivela Israele senza nasconderlo».

Infine, attraverso l’opera di Taubes, la riflessione si concentra sulla storia, definita “il centro tra creazione e redenzione”, storia di salvezza che porta al compimento del Regno di D., della Parusia, dal cui ritardo è nata la storia del cristianesimo. Muovendo da tale premessa, Taubes dà una lettura particolare anche della figura di Paolo e dei problemi suscitati dall’interpretazione di alcuni termini e passi delle sue epistole.

L’ultima parte del libro, pur affidata ad un ristretto numero di pagine, sviluppa con esemplare chiarezza quelle riflessioni che già in precedenza l’Autore, con discrezione, aveva fatto emergere qua e là nel corso dei vari capitoli. Sorretto dall’autorità delle grandi personalità presentate, dal cui pensiero ha tratto spunti fecondi, Morselli con coraggio ci presenta le conclusioni a cui è giunto, affermando che sono stati proprio i cristiani ad aver trasformato Yeshuà nell’Antimessia di Israele nel momento in cui lo hanno fatto divenire colui che ha abrogato la Torah e che ha preso il posto diYHWH Elohim. «Vi è nel cristianesimo un enorme potenziale messianico, che è trattenuto dal katéchon dell’antiebraismo cristiano» afferma l’Autore, sottolineando l’importanza, da parte dei cristiani, di un percorso di teshuvah, cioè di profonda conversione, che porti al tiqqun, cioè ad una autentica riparazione e guarigione: soltanto allora, «forse ebrei e cristiani scopriranno che la loro comune speranza messianica li unisce (senza identificarli) nell’attesa di un Avvento che realizza i desideri più profondi dei loro cuori».

E’ proprio questo tipo di conclusione a costituire, a mio avviso, la parte più originale e, aggiungerei, “rivoluzionaria” dell’opera, alla quale però il lettore viene preparato dal contenuto dei capitoli precedenti, sicché alla fine è difficile non allinearsi con le posizioni espresse dall’Autore. Siamo comunque di fronte ad un libro che potrà fornire spunti per ulteriori approfondimenti e ricerche e che certamente potrà causare vivaci discussioni e valutazioni diverse, un libro davanti al quale non si potrà comunque rimanere indifferenti, capace di portare un prezioso contributo al dialogo tra le due fedi in un momento in cui, in campo cristiano, si assiste ad un rinnovato interesse per l’escatologia e parimenti si avverte l’esigenza di una rivisitazione della cristologia alla luce delle più recenti acquisizioni del pensiero teologico e dei nuovi apporti dati dall’ampliamento delle conoscenze in campo biblico e in quello delle scritture intertestamentarie.

Ma anche per gli ebrei questo libro potrebbe costituire una positiva provocazione, in vista di una riconciliazione con la figura storica di Gesù, di cui essi potrebbero in un certo modo riappropriarsi, come pure, prendendo spunto dagli scritti di Taubes, da parte loro sarebbe interessante un contributo all’interpretazione dei passi più controversi delle epistole autenticamente paoline, contributo che porterebbe molto probabilmente a valutazioni assai diverse rispetto a quelle che finora sono state proposte sul presunto antiebraismo di Paolo.

Il cammino da fare è lungo e faticoso, ma potrebbe produrre molti frutti!

Gabriella Maestri

   
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