[Un brano dal Diario (1941-43) di Etty
Hillesum]
"Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai
fatti si diventa"
[...]
Credo in Dio e
negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è
grave: dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto
verrà da sé. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà
stata trovata da ognuno in se stesso; se ogni uomo si sarà liberato dall'odio
contro il prossimo, di qualunque razza o popolo; se avrà superato quest'odio e
l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è
chiedere troppo. E' l'unica soluzione possibile. È quel pezzettino d'eternità
che ci portiamo dentro. Sono una persona felice e lodo questa vita, nell'anno
del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra.
Le mie
battaglie le combatto contro di me, contro i miei proprio demoni: ma combattere
in mezzo a migliaia di persone impaurite, contro fanatici furiosi e gelidi che
vogliono la nostra fine, no, questo non è proprio il mio genere. Non ho paura,
non so, mi sento così tranquilla. Mi sento in grado di sopportare il pezzo di
storia che stiamo vivendo, senza soccombere. Mi sembra che si esageri nel temere
per il nostro corpo. Lo spirito viene dimenticato, s'accartoccia e avvizzisce in
qualche angolino. Viviamo in un modo sbagliato, senza dignità. Io non odio
nessuno, non sono amareggiata: una volta che l'amore per tutti gli uomini
comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito.
Bene, io
accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo
so: Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita
ugualmente ricca di significato, anche se non ho quasi più il coraggio di dirlo
quando mi trovo in compagnia.
La vita e la
morte, il dolore e la gioia e persecuzioni, le vesciche ai piedi e il gelsomino
dietro la casa, le innumerevoli atrocità, tutto, tutto è in me come un unico,
potente insieme e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio.
Un'altra cosa
ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare
gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza
che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di
fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi: e perciò
sono meno più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il
fatto che certi sistemi possono crescere al punto da superare gli uomini e da
tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime.
Alcuni dati
per conoscerla meglio
Nata nel 1914 in Olanda da una
famiglia della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad Auschwitz
nel novembre del 1943.
Ragazza brillante, intensa, con
la passione della letteratura e della filosofia, si laurea in giurisprudenza e
si iscrive quindi alla facoltà di lingue slave; quando intraprende lo studio
della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione
del popolo ebraico.
Durante gli ultimi due anni della
sua vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente ricoperti da
una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il
1942, anni di guerra e di oppressione per l’Olanda, ma per Etty un periodo di
crescita e, paradossalmente, di liberazione individuale.
Sotto l’aspetto vivace e
spontaneo, Etty è profondamente infelice: in preda a sfibranti malesseri
fisici, scopre a poco a poco che questi sono in relazione con tensioni di ordine
spirituale.
Forse anche a seguito di carenze
educative e vuoti affettivi dovuti al burrascoso matrimonio dei suoi genitori,
in quel periodo Etty vive relazioni sentimentali complicate, che la lasciano “lacerata
interiormente e mortalmente infelice”.
Dopo tanti errori, finalmente l’incontro
decisivo con uno psicologo ebreo tedesco, Spier, molti anni più anziano di lei,
che si rivela ben più di un terapeuta: attraverso le contraddizioni di una
relazione complessa, inizialmente anche ambigua, egli la guida in un percorso di
realizzazione umana e spirituale. L’aiuta a conoscere e ad amare la Bibbia, le
insegna a pregare, le fa conoscere S. Agostino ed altri autori fondamentali
della tradizione cristiana: sarà per Etty un mediatore fra lei e Dio.
Seguendo quindi un proprio
itinerario, Etty matura una sensibilità religiosa che da’ ai suoi scritti una
grande dimensione spirituale.
La parola “Dio” compare anche
nelle prime pagine del diario, usata però quasi inconsapevolmente, come spesso
accade nel linguaggio quotidiano. A poco a poco però Etty va verso un dialogo
molto più intenso con il divino, che percepisce intimo a se stessa: “Quella
parte di me, la più profonda e la più ricca in cui riposo, è ciò che io
chiamo Dio”.
Ormai libera dagli errori del
passato, si avvia sulla strada del dono di sé a Dio ed ai fratelli, nel suo
caso il popolo ebraico, la cui sorte sceglie di condividere pienamente.
Lavora per un breve periodo in
una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam. Grazie a ciò, nel 1942, avrebbe
avuto la possibilità
di aver salva la vita, invece sceglie di non sottrarsi al destino del suo popolo.
Quasi subito chiede il trasferimento a Westerbork, il campo di
"smistamento" dove transitarono migliaia di ebrei olandesi in attesa
di deportazione e quindi si avvia al campo di sterminio con gli
altri ebrei prigionieri: è infatti convinta che l’unico modo per render
giustizia alla vita sia quello di non abbandonare delle persone in pericolo e di
usare la propria forza interiore per portare luce nella vita altrui.
Lavora nell'ospedale del campo -
con alcuni rientri ad Amsterdam - dall'agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in
cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati
diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 Novembre 1943.
Quando Etty inizia la stesura del
diario la guerra era nel pieno del suo svolgimento, e il cerchio cominciava a
stringersi intorno agli ebrei olandesi: erano costretti a brutali restrizioni,
radunati nel ghetto di Amsterdam, poi inviati nei campi di
"smistamento" in un'attesa più o meno lunga di deportazione nei campi
di sterminio.
Questo fu il contesto in cui Etty
visse e in qualche modo comunicò a chi le stava intorno l'atteggiamento
affermativo assoluto verso la vita, oltre ogni pessimismo, che la rese, come lei
stessa si definì, "il cuore pensante della baracca".
I sopravvissuti del campo hanno
confermato che Etty fu fino all’ultimo una persona “luminosa”.
Al momento della sua partenza
definitiva per il campo di sterminio Etty, che presagisce la fine, chiede ad un’amica
olandese di nascondere i suoi quaderni e di farli avere ad uno scrittore di sua
conoscenza, a guerra finita.
I manoscritti, così difficili da
decifrare a causa della grafia, passano così per anni da un editore all’altro,
senza che nessuno ne intuisca l’importanza, fino a che nel 1981 giungono nelle
mani dell’editore De Haan che, pubblicandoli, finalmente riporta alla luce la
storia di Etty Hillesum, permettendo così ai lettori di tutto il mondo di
conoscere la ricchezza di un’esperienza interiore che, anche di fronte alla
sofferenza estrema, sa lodare la vita e viverla con pienezza di senso.
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