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Città del Vaticano, 13 febbraio 2003 Ebrei e cattolici non solo possono pregare per la pace, ma devono essere loro stessi, per primi «operatori di pace». Lo ha ricordato oggi il Papa ricevendo per la prima volta in udienza il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, dopo il suo insediamento avvenuto all'inizio dello scorso anno. «In questi giorni - ha ricordato infatti Giovanni Paolo II - risuonano nel mondo pericolosi clamori di guerra. Noi, Ebrei e Cattolici, avvertiamo l'urgente missione di implorare da Dio Creatore ed Eterno la pace, e di essere noi stessi operatori di pace». Il Pontefice ha poi voluto ricordare il profondo significato del termine ebraico Shalom. «Questa bella espressione, a voi molto cara - ha detto - significa salvezza, felicità, armonia e sottolinea che la pace è dono di Dio; dono fragile, posto nelle mani degli uomini e da salvaguardare mediante l'impegno delle nostre comunità. Iddio ci renda costruttori di pace, nella consapevolezza che quando l'uomo fa opera di pace, diventa capace di migliorare il mondo».
Per questo Papa
Wojtyla ha invocato la benedizione di Dio in particolare su «tutti coloro
che tracciano un cammino di amicizia e di pace tra gli uomini di ogni
razza e cultura». Giovanni Paolo II e il rabbino Di Segni hanno anche
ricordato la visita che il Papa compì alla sinagoga di Roma nel 1986. «Storica
e indimenticabile», l'ha definita il Pontefice, aggiungendo che quel «dono
dell'Onnipotente» «rappresenta una tappa importante sulla via
dell'intesa tra Ebrei e Cattolici». Vi diamo anche la versione de l' Osservatore Romano
Di fronte ai pericolosi clamori di guerra |