Fa ancora discutere la nota con cui il
Vaticano ha risposto alle accuse di Israele contro Benedetto XVI. A
qualcuno è parsa troppo dura, come al rabbino di Roma Di Segni che punta
il dito contro Joaquin Navarro-Valls.
|
Questioni di forma e di sostanza.
La dura nota della
Santa Sede in risposta alle polemiche di Israele contro il papa fa
ancora discutere e non è riuscita a chiudere il caso diplomatico, seguito
al mancato riferimento del pontefice al terrorismo palestinese
nell'angelus di domenica.
<--25.02.2005 Rav Di Segni in visita al
Papa, al Policlinico Gemelli |
Se il Dear Spiegel tedesco parla di guerra
fredda tra Vaticano e Israele, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni,
da sempre in dialogo con la chiesa cattolica, ha voluto stigmatizzare la
durezza dei toni del documento, apparsa eccessiva. Certo, il gesto è
arrivato dopo una polemica pretestuosa da parte del governo israeliano,
arrivato addirittura a mettere in discussione, l'impegno di Giovanni Paolo
contro ogni forma di terrorismo; tuttavia, spiega Di Segni in
un'intervista al Corriere della Sera, "prima di meravigliarci sulla
durezza di certi toni, occorre tenere presente che quando la Chiesa parla,
come ha fatto stavolta, non parla come autorità morale ma come forza
politica".
Il rabbino esprime "dolore" e "amarezza" per
"queste polemiche così chiaramente politiche, questi toni sempre più
aspri" e l'augurio che "i toni della polemica si ridimensionino
rapidamente". Puntualizzazioni, tra cui ne figura una in particolare
rivolta direttamente al direttore della sala stampa della Santa Sede.
Nella nota, spiega Di Segni, “abbiamo riconosciuto certi toni assai
familiari a Joaquín Navarro Valls, che di solito, con noi, è scortese e
duro”. Il giudizio arriva al termine di un'analisi sulla natura del
testo diffuso giovedì sera, colto più che altro nella sua valenza
politica, dato che “la Santa Sede è un organo, un'istituzione politica
e, in quanto tale, ha precisi interessi da tutelare nello scacchiere
mediorientale”. Di Segni ha confessato tutto il suo disagio come “uomo
di religione”, spiegando tuttavia che una chiave di lettura politica
rende “molto meno sorprendente l'intero contenuto della nota
vaticana”, un “duro attacco a Israele” che tuttavia non costituisce
alcuna novità.
La speranza è rivolta tutta sul pontefice, a cui il successore di
Elio Toaff chiede di “comprendere presto anche i percorsi della
politica”. Benedetto XVI ha una storia, spiega, “una formazione
culturale di un certo tipo... mentre il mestiere, mi si consenta la
metafora, di Pontefice, necessita anche la conoscenza della diplomazia,
l'arte, perché di arte si tratta, della politica”. Come crede si
concluderà, questa vicenda? “Posso citare un principio rabbinico?”,
chiede Di Segni, “Chi è il saggio? Colui che impara da ogni uomo”.
_________________
[Fonte: korazym.org 30 luglio 2005]