È sufficiente vivere qualche mese in Israele per rendersi conto che
il mondo ebraico internazionale presta attenzione agli ebrei d’Israele
e lo aiuta a superare gli spinosi problemi che il paese attraversa. È
per questo motivo che le giovani coppie possono beneficiare di
appartamenti a basso prezzo se accettano di sistemarsi negli
insediamenti. Allo stesso modo il mondo musulmano presta attenzione ai
bisogni dei musulmani di Palestina e si mostra solidale con essi.
L’evidenza salta agli occhi.
Ma si può dire che il mondo cristiano presta attenzione ai problemi dei
cristiani di Terra Santa ?
Una cosa è chiara: il tempo dei crociati è passato. Perché i
cristiani di Terra Santa dovrebbero avere uno statuto speciale tra tutti
i cristiani del mondo?. Dicono certi. È necessario porsi la domanda.
La risposta è semplice: le comunità cristiane che vivono sulla terra
dove il Cristo è nato costituiscono un anello dell’immensa catena dei
testimoni che collegano storicamente e geograficamente ai primi
discepoli di Cristo. Se per delle ragioni puramente economiche queste
comunità dovessero scomparire, i luoghi santi della cristianità
diventerebbero dei musei al servizio del Ministero del turismo
israeliano. Se nessuna comunità cristiana in Terra Santa celebrasse la
divina liturgia, i luoghi santi sarebbero degli scheletri senza corpo.
Mancherebbe loro un anima. Il sostegno morale e spirituale dei fratelli
in difficoltà fa parte dei doveri del cristiano.
Durante i periodi difficili della seconda Intifada diversi gruppi di
pellegrini hanno voluto rendersi conto sul posto della situazione dei
cristiani di Terra Santa, si sono incomodati dei Vescovi, dei
responsabili e delle guide di pellegrini sono venuti a constatare i
fatti. Molti cristiani hanno accettato di adottare a distanza un bambino
di Betlemme. La carità cristiana è stata esercitata senza frontiere.
Le suore della Carità, quelle del Baby Hospital e quelle
dell’Istituto per i sordo-muti Efeta possono testimoniarlo.
L’occupazione della Basilica di Betlemme ha ricordato al mondo che i
francescani sono i guardiani ufficiali dei luoghi santi da secoli. La
loro vocazione è continuare il dialogo interreligioso con l’Islam
iniziato da San Francesco. La loro vocazione è inoltre occuparsi, con
il Patriarcato latino ristabilito da 150 anni, delle pietre vive che
sono i cristiani testimoni della Risurrezione di Cristo in una terra
divisa e in preda alla violenza dopo generazioni. Per evitare la
partenza dei cristiani tentati di emigrare, la Custodia di Terra Santa
ha deciso di costruire un villaggio con 80 appartamenti a Betfage e 12
appartamenti a Betlemme. È chiaro che la Custodia non potrebbe
intraprendere lavori così impegnativi se non perché ha fiducia nella solidarietà
dei cristiani del mondo intero che il venerdì santo donano il loro
obolo per i luoghi santi.
Conosco un prete che ha deciso di celebrare l’Eucarestia tutti i
venerdì sera in comunione con i cristiani di Terra Santa, perché il
venerdì a Gerusalemme pregano tutti: i musulmani si recano alla
moschea, i francescani fanno la via crucis lungo la via dolorosa e i
giudei si recano al muro occidentale. La celebrazione eucaristica assume
allora una dimensione universale . La lettura della Scrittura diventa un
richiamo a incontrare Cristo nei poveri. Lo spezzare il pane diventa
comunione autentica quando, al momento della colletta, le persone si
privano di qualcosa per aiutare i fratelli cristiani di Terra Santa,.
“Avevo fame e tu mi hai dato da mangiare”; ero in prigione e tu mi
hai visitato…”.
Il miglior sostegno ai cristiani di Terra Santa resta quello di visitare
i luoghi santi per incontrarvi le pietre vive. La ripresa dei
pellegrinaggi sarebbe il miglior modo per abbassare la tensione,
obbligare le autorità a togliere il coprifuoco e per fermare la
violenza da ambo le parti.
I cristiani che hanno superato l’istinto della paura e hanno avuto il
coraggio di fare “una visitazione” ai loro fratelli sono
generalmente ripartiti contenti perché hanno potuto pregare
tranquillamente sui luoghi santi che non sono gremiti, perché hanno
potuto incontrare il Cristo nei loro fratelli poveri e perché la loro
amicizia si è incarnata e trasmessa ai loro fratelli in difficoltà.
È chiaro che la presenza cristiana in Terra Santa è quella di una
piccola minoranza, un “drappello”. Una minoranza però, può giocare
un ruolo importantissimo quando due comunità sono in lotta. Essa può
essere il ponte che permette la riconciliazione. I cristiani hanno in
comune con i fratelli giudei i valori biblici e con i musulmani la
lingua araba. Chi meglio di loro può costruire un ponte tra due mondi
che s’ignorano e si disprezzano.
Fino a quando la carità dei cristiani resterà attiva lo scontro tra
giudei e arabi sarà meno duro. Aiutare i cristiani è compiere un gesto
dalle dimensioni interreligiose.
Per celebrare in verità la Pasqua del Cristo e la vita nuova che Egli
offre ogni cristiano è invitato alla preghiera, al digiuno e alla
condivisione. Poiché l’uomo vive anche di pane.
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[Fonte: Ofm - Custodia di Terra
Santa]