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... dalle cronache di quei giorni:
Uno dei resoconti giornalistici più dettagliati, quello di Lorenzo Cremonesi sul “Corriere della
Sera” dell’11 maggio 2002, così inizia:
«L'essere entrati nella Basilica della Natività tre ore dopo la fine dell' assedio permette di fare due prime considerazioni:
non c’è stata dissacrazione metodica dei luoghi santi cristiani da parte degli estremisti musulmani e non è vero che mancava
cibo ai palestinesi asserragliati all'interno».
E prosegue:
«Tutto appare come è appena stato lasciato dai palestinesi. [...] Resti di cibo ovunque, tracce di bivacchi improvvisati sin
sotto l'altare, letti di fortuna ricavati sotto i mosaici ai muri, nelle navate, e poi ancora cuscini lerci, una scatola di
sardine ammuffite, radio sventrate, posate sporche, piatti usati, ciabatte, scarpe vecchie, vestiti unti, forbici. Negli angoli
regna un tanfo insopportabile. Nessuno deve aver corso il rischio di morire di fame. Negli armadi usati per gli arredi sacri ai
lati dell'altare principale si notano sacchi di riso, scatole di spaghetti, sale, zucchero, farina, conserve di carciofini, frutta
e verdura che marciscono, scatolette di mais, hummus in vasi di plastica. L’acqua era presa dalle cisterne nel chiostro e nei
diversi giardini del complesso, poi veniva messa in taniche di plastica gialla da 20 o 30 litri sparse dovunque. [...] Nelle
cucine del convento francescano si trova ancora formaggio e salame. E non sembra proprio che se il cibo fosse davvero scarseggiato
i palestinesi sarebbero stati così pronti a lasciare che si potessero aprire le scatole di formaggini per poi lasciarne marcire
almeno metà del contenuto in bella vista sulle balaustre dell' altare. Sporco ovunque. Il battistero sulla destra dell'entrata
principale è ricoperto di piatti unti e resti di fuochi. “Vede che vergogna? Hanno usato gli altari dedicati ai nostri santi
come tavoli da cucina”, si lamenta Ciprianus, del patriarcato greco. I danni maggiori provocati dai palestinesi sono alle porte
interne che conducono alle residenze di francescani, greci e armeni. “Sono venuti per prendere il cibo. Se trovavano chiuso
sfondavano”, dice ancora Ciprianus».
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