Il Papa ad Auschwitz : lo
stermino nazista
contro gli ebrei è anche contro Dio e i cristiani
David-Maria A. Jaeger, su Avvenire
28 maggio 2006
Benedetto XVI ha
guardato a Dio e alla Shoah con gli occhi del salmista. A partire dall’esempio
di Edith Stein, occorre riscoprire che ebrei e cristiani condividono
lo stesso destino. Il commento di p. Jaeger, sacerdote francescano,
ebreo e israeliano
Ma com'è
possibile", mi domanda sorpresa una giovane giornalista, “il
Papa, ad Auschwitz, sembra parlare soprattutto di Dio e a Dio!". La
rassicuro che il papa non poteva, né doveva fare altrimenti. Ad
Auschwitz egli ha fatto quello che deve fare sempre: parlare di Dio e di
tutte le cose precisamente in relazione a Dio, come dice anche una nota
definizione di S. Tommaso d'Aquino.
E quale Dio!
Ad Auschwitz il Papa
raccoglie le angosciate domande e proteste di quanti si son domandati se
dopo Auschwitz è ancora possibile un discorso su Dio, se non è proprio
un non-senso invocare il divino di fronte all’affermarsi così potente
e "assoluto" del Male - mi verrebbe a dire "il Male allo
stato puro". E di fronte a tante proteste, il Papa recupera il Dio,
che i figli di Israele conoscevano e adoravano - o meglio, il rapporto
con Dio che essi sapevano di avere. É un rapporto passionale,
insegnatoci in modo insuperabile dal Salmista, che il Santo Padre cita a
più riprese. É il Salmista, spinto proprio dalla sua fede in Dio, dal
suo sconfinato amore per Dio, a protestare, a rimproverare a Dio i suoi
silenzi, il suo aver mancato nel venire in aiuto al suo servo, ai suoi
amici, al suo Popolo... Il Salmista ci insegna - e il Papa ci ricorda
– che il rapporto con Dio è un rapporto vivo, un rapporto
estremamente personale, fatto di amore e di tutte le speranze, di
impazienze e di esasperazioni che – come ben sappiamo dall'esperienza
umana di ciascuno - possono accompagnare l'amore in modo inseparabile.
I credenti in Cristo,
poi, ben sanno che Dio ha "riparato" a tutte queste
"mancanze" venendo tra di noi nella Persona del Figlio e
riscattando tutte le nostre sofferenze - ma proprio tutte, nessuna
esclusa - nell'estremo Sacrificio Redentore sulla Croce, in cui il senso
delle nostre "passioni" si ha e si dischiude.
Importantissima
l'insistenza del Papa sul carattere radicalmente anticristiano del
neopaganesimo nazista, che tagliando le radici ebraiche del
cristianesimo, mirava poi a sradicarlo, ad eliminarlo completamente.
Ancora troppi miei connazionali ebrei pensano in modo semplicista che,
nell'Europa di 60-70 anni fa, un europeo, se non era ebreo, era
necessariamente cristiano. Perciò molti di loro credono che lo
sterminio, la Shoah, sia stato perpetrato da cristiani! Per noi
cristiani pensare ciò è davvero il colmo dell'assurdo. Ma ci è
richiesta ancora molta insistenza, molta pazienza, per spiegare la
verità di queste cose a tanti miei connazionali, che di cristianesimo
conoscono troppo poco. Per definizione, chi prendeva parte in quella
ideologia, in quel partito, in quei crimini, non era cristiano - era
anzi nemico del cristianesimo, anti-cristiano. Non dobbiamo mai
stancarci di spiegare che proprio l'abbandono del cristianesimo, il
rifiuto di Cristo, ha reso possibile la Shoah.
Di fronte al Male
nazi-fascista, ebrei e cristiani si trovano uniti più intimamente che
mai, perché quello che li unisce, che a loro è comune, è proprio l’essere
stato l'oggetto ultimo, definitivo, della follia distruttiva di questo
Male che si è abbattuto sull'umanità.
Nel Discorso pronunciato
da Papa Benedetto XVI ad Auschwitz vi sono tanti contenuti che
necessitano approfondita riflessione, non solo immediata, ma ancora per
molto tempo.
In questo primo momento
mi è particolarmente caro il ricordo fatto della santa martire Teresa
Benedetta della Croce, Edith Stein. Questo ricordo è fondamentale per
la costruzione di un rapporto sano e veritiero tra cattolici e il Popolo
Ebraico, e all'interno dello stesso Popolo Ebraico, tra i credenti in
Cristo e gli altri loro “fratelli maggiori”, come piacque chiamarli
a Giovanni Paolo II. La martire carmelitana personifica in modo
drammatico quello che noi, ebrei credenti in Cristo, ben sappiamo: e
cioè che condividiamo lo stesso destino, che il credere in Gesù non ci
separa dal nostro Popolo, ma anzi rende la nostra solidarietà con tutti
i membri di esso ancor più forte, più profonda, più significativa! È
proprio attraverso di lei, e per mezzo di lei, e solo così, che può
veramente avvenire la saldatura definitiva dell'amicizia, che è la
qualità connaturale del rapporto tra la Chiesa e il Popolo Ebraico.
v.anche
Discorso del Papa
ad Auschwitz, 28 maggio 2006