La mostra su Anne Frank organizzata nel Novembre 2000 alla Cittadella dei Musei di Cagliari dallIstituto Sardo per la Storia della Resistenza (insieme agli istituti superiori De Sanctis e Scano), ha richiamato migliaia di visitatori, soprattutto studenti, come da diversi decenni avviene in tutto il mondo. Non solo in virtù di una ormai diffusa risposta al richiamo delletica della memoria, ma anche grazie alleccezionalità di una vicenda che di per sé ha tutte le caratteristiche per coinvolgere, anche emotivamente, i ragazzi più giovani.
Anne Frank, ebrea tedesca rifugiatasi con la famiglia in Olanda allinizio delle persecuzioni razziali, ha solo 13 anni quando si rifugia in un nascondiglio segreto per sfuggire alle retate delle SS. Un mese prima, il 12 giungo del 1942, ha ricevuto in dono un diario. Un mucchietto di pagine sparse, tenute insieme da una copertina a scacchi bianchi e rossi, sul quale annoterà i suoi pensieri nei due anni di segregazione che verranno. Un mucchietto di pagine che Otto Frank, padre di Anne scampato alla deportazione (la ragazzina, insieme ad altri familiari, viene arrestata il 4 agosto 1944), farà poi pubblicare nel 1947 col titolo Lalloggio segreto e con una tiratura di appena 1500 esemplari. Sarà la prima uscita di quello che pochi anni più tardi, col titolo definitivo de Il diario di Anne Frank e anche grazie a un fortunato spettacolo teatrale messo in scena negli Stati Uniti, diventerà un best-seller internazionale, tradotto in più di 50 lingue e amato soprattutto per la sua veridicità e per la sua disarmante normalità. Sono così straordinariamente normali infatti, i pensieri di questa adolescente ebrea che una foto dellepoca ci mostra in un compito abitino nero, che tutto ciò che ha scritto sembra appartenere per empatia al nostro lessico familiare. Familiare al punto tale da riconoscervi i sacri furori della nostra adolescenza o di quella dei nostri figli: i dubbi, gli slanci, la sensibilità a fior di pelle e quel sentimento di inadeguatezza e di ribellione alla ferocia della realtà circostante, che è il tratto comune a tutti i ragazzi e le ragazze del mondo, a qualsiasi latitudine storica la fortuna o la malasorte abbia decretato di farli nascere. È anche però, insieme, questo mucchietto di pagine, la più fredda ed esaustiva condanna del nazismo e delle follie razziste che ancora oggi imperversano per il mondo. Cosa si nasconde dietro il volto alieno dellAltro, del nemico immaginato e stigmatizzato in virtù di una teoria razziale, o di un odio etnico, sta infatti tutto e interamente in questo diario: una vita qualunque di una ragazza qualunque che chiede solo di potersi affacciare alla vita camminando sulle proprie gambe. Sui grandi pannelli della mostra che La Fondazione Anne Frank di Amsterdam sta facendo girare in tutta Italia (dopo Cagliari verrà esposta anche a Sassari insieme ai disegni che Helga Weissova, sopravvissuta ai lager, fece durante linternamento a Terezin), spicca una bella frase di Primo Levi: "Una singola Anne Frank detta più commozione delle miriadi che soffrirono come lei, la la cui immagine è rimasta nellombra. Forse è necessario che sia così; se dovessimo e potessimo soffrire le sofferenze di tutti, non potremmo vivere". Il ricordo di Anne, quindi, come il ricordo di tutti. Con la consapevolezza però che le ultime testimonianze sulla sua esistenza, non sono quelle del diario. E che lultima immagine di lei non è quella della ragazzina dal colletto bianco inamidato e dallo sguardo serio e insieme tenerissimo. Elisa Spinger, sopravvissuta allo sterminio che la incontrò a Bergen Belsen, la sentì maledire con tutte le sue forze la Germania, sua terra dorigine. E Hannah Goslar, sua amica dinfanzia, anchessa imprigionata nel lager, quasi non la riconobbe: "Era una ragazza distrutta. ( ) era terribile. Cominciò a piangere e mi disse: Non ho più nessuno." Pochi giorni dopo anche Anne Frank si dissolse in uno dei tanti forni crematori: una qualunque tra i sei milioni di morti della Shoah.
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