Solo capendo "l'altro" si può sperare nella pacifica convivenza e costruire insieme una nuova storia
Angelica Calò Livnè

Si può riuscire a convivere in pace solo conoscendosi a capendosi a vicenda. L'esperienza di Angelica e di persone- alcune israeliane come lei, ed altre arabe - di buona volontà ce lo conferma. Perché non c'è tanta gente così al mondo?

Ho partecipato ad un incontro di educatori ebrei ed arabi per la pace. Sono stati tre giorni pieni di emozioni ma molto molto difficili. Ci sono stati momenti in cui sembrava di appartenere alla stessa famiglia e momenti in cui sembrava di non poter continuare a sedere nella stessa stanza.

Eravamo al centro di Gerusalemme, le sicurezze e i dolori degli uni e degli altri si sono scontrati, affrontati, frantumati e ricostruiti senza posa nel tempo trascorso insieme tra racconti, esercizi teatrali, testimonianze sulla propria cultura, ricordi dell'infanzia e riflessioni sull'identità collettiva di ognuno dei due popoli. Noi abbiamo spiegato perché si rompe il bicchiere sotto al baldacchino nuziale e loro hanno descritto la Henna prima delle nozze. Abbiamo parlato del valore dei simboli, dei riti, dei canti, dei cibi. Ma bastava un accenno a un argomento delicato perché un'ombra minacciosa rabbuiasse tutto e gravasse sulle spalle di tutti come un peso insopportabile

Con grande sforzo e con l'aiuto costante e amorevole di due conduttori - mediatori l'uno ebreo l'altro arabo siamo riusciti ad esprimere tutti i nostri pensieri, anche quelli che ci attanagliavano da tempo. Abbiamo ascoltato cose che non avremmo mai voluto sentire guardandoci negli occhi e cercando di non dimenticare nemmeno per un attimo che siamo educatori, che abbiamo un compito e una responsabilità verso il nostro paese e ognuno verso la sua gente. Alla seduta conclusiva ho detto tutto d'un fiato: "Abbiamo ascoltato le vostre storie e voi avete sentito le nostre. Ci siamo sforzati di capire le vostre ragioni e voi le nostre. Ci siamo detti cose che non sapevamo e che non avremmo mai voluto conoscere. Dalle due parti. Ma le abbiamo dette con coraggio e vivendo l'uno accanto all'altro per tre giorni. Ci sono stati momenti difficili ma anche momenti di grande emozione e positività. Al di là di ciò che sentiamo ora sul cuore dobbiamo ammettere la verità più palese, più tangibile: siamo qui noi ebrei e voi arabi da tre giorni e se siamo qui vuol dire che è possibile vivere gli uni accanto agli altri. Significa che ognuno di noi sta provando a fare un passo! Voi avete la vostra storia, noi la nostra. Ora è il momento di scriverne una insieme. Una storia comune che si snoda da questo momento in poi accettandoci ed accogliendoci gli uni con gli altri. Come abbiamo fatto qui, in questo piccolo gruppo di gente adulta, cosciente e responsabile".

Salim, il più combattivo tra gli arabi ha voluto parlare dopo il mio intervento: "Non sapevo cosa avresti detto ma le tue parole arrivano al cuore. Sentendole mi sento più pronto ad accettare. Sento di essere stato capito e questo mi dà la possibilità di capire voi, di contenere, di aprire una nuova pagina: mi dà speranza!"

Lo so che ce la faremo.

C'e molta gente tra noi che può portare la pace al di là di muri e di ostacoli insormontabili. L'amore per la vita ci guiderà.

[Il Signore della Vita vi aiuti, vi sostenga, vi accompagni, come vi accompagna la nostra preghiera (ndR)]

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[Fonte: shalom.it - gennaio 2005]


v. anche:
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