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17 gennaio 2007 - Giornata ebraico-cristiana
Roma, Università Lateranense
Francesco Rossi de Gasperis, sj -
Pontificio Istituto Biblico – Gerusalemme
La seconda delle Dieci Parole
"Non avrai
altre divinità al mio
cospetto"(Es 20,3)
(Nella foto, da sinistra a
destra: Rav Riccardo di Segni: mons. Rino Fisichella; p. Francesco Rossi de Gasperis; mons. Marco Gnavi)
1. LA PAROLA DI UN INNAMORATO
NON CI SARANNO PER TE ALTRI DEI DI FRONTE A ME
È questa la seconda delle "Dieci Parole" della rivelazione sinaitica (Es
20,3).
È importante per noi cristiani-cattolici tornare al senso ebraico dei "Dieci
comandamenti'', dei
quali più spesso parliamo nei nostri catechismi. Le "Dieci Parole" -
'asereth haddevarim
(Es 34,28) o 'asereth
addiveroth, per dirla con la tradizione ebraica -
indicano prima di tutto, con la parola rbd (davar)1, un evento, un
fatto, spiegato poi, per lo più, da una parola che ne discerne il senso (cf.
la traduzione greca con due termini rhema-logos). Dio parla prima di
tutto attraverso dei fatti, facendo storia, e offrendo poi nelle
Scritture, "mediante amici di Dio e profeti", delle parole che di quella storia
decifrino il senso inteso dall'autore divino (cf. Sap 7,27).
Le Dieci Parole del Sinai non vanno intese prima di tutto come
un'enunciazione teorica di monoteismo, né come delle formulazioni di esigenze
etiche, bensì nel quadro di un rapporto di alleanza tra Adonaj e Israele. Esse
significano e comportano l'inaugurazione di una situazione esistenziale di
amore esclusivo con cui il Signore lega Israele a sé. L'alleanza tra il
Signore e il suo popolo, infatti, è finalmente
di natura amorosa e sponsale, come esplicitamente l'hanno interpretata i grandi profeti d'Israele, da Osea a Isaia,
a Geremia, a Ezechiele2.
Trovo insopportabile l'affermazione di alcuni autori che sostengono che il
dono della Torah sinaitica sia stato surclassato, nell'economia della "nuova
alleanza", magari leggendo in senso contrappositivo il testo di Gv 1,17:
«Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
Perché la Torah fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo».
Un'affermazione definitiva della permanenza teologica e spirituale del Sinai
anche nell'esistenza cristiana mi sembra l'abbia fatta Giovanni Paolo II con il
suo profetico pellegrinaggio dell'anno 2000. Esso fu ancora un rbd
(davar),
un fatto offerto davanti agli occhi del mondo intero, una
"lectio
continua e perfettamente integrata di tutte le Scritture", di cui mi sembra che
non si sia ancora raggiunta e formulata un'intelligenza consapevole.
Nella formulazione delle Dieci Parole, la prevenienza gratuita dell'elezione
amorosa di Israele, da parte di Adonaj, e della sua proposta di alleanza con
quel popolo, precede ogni enunciazione teorica di monoteismo e ogni
proclamazione di esigenza morale. Essa fa dell'incontro del Sinai un amplesso e
una dichiarazione amorosa del Signore a Israele: "TU APPARTIENI A ME SOLO" (Es
19,1-6), una parola di alleanza sponsale che Ez 16,4-8 traduce in termini di
tenerezza amorosa tra Adonaj e Gerusalemme:
«Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e
non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di
sale, ne fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse su di te per farti
una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti
gettata via in piena campagna, il
giorno della tua nascita. Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel
sangue e ti dissi:
Vivi nel tuo sangue e cresci come l'erba del campo. Crescesti e ti facesti
grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed
eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta Passai vicino a te e ti
vidi; ecco, la tua età era l'età dell'amore; io stesi il lembo del mio
mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai
alleanza con le, dice il Signore Dio, e divenisti
mia'».
Il MONTE Sinai diventa, infatti, nella narrazione dell'Esodo, quasi un
sinonimo dello stesso SIGNORE:
«Al terzo mese dall'uscita degli Israeliti dal paese di Egitto, proprio
in quel giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai.
Levato l'accampamento da Refidim,
arrivarono al deserto del Sinai, dove si accamparono;
Israele
si accampò davanti
al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte,
dicendo: "Questo dirai alla casa di
Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho
fatto all'Egitto e come ho sollevato voi
su ali di aquile e vi
ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete
ascoltare la mia voce e custodirete la mia
alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è
tutta la terra!»
(Es 19,1-5).
La Parola di Adonaj al Sinai costituisce Israele, suo popolo, e con lui
tutti coloro che il
Signore
"aggiungerà" ai suoi credenti (At 2,41-47; 5,14; 11, 21-24)
3 e innesterà nel suo olivo
(Rm 11,16-24) quali "ascoltatori della sua Parola e discepoli del suo
Insegnamento (Torah)" (Is 54,13; Gv 6,45).
Noi camminiamo quaggiù nella fede, e non nella visione (2Cor 5,7), e come
Mosè, anche Gesù, Parola del Padre fatta carne, nella sua condizione terrena,
camminava saldo
nell'obbedienza filiale, come se vedesse l'invisibile
(cf.Eb 11,27).
Israele resta per sempre un popolo accampato davanti al monte,
come una sposa rimane sempre presente al suo sposo, e anche quando egli riprenderà il cammino nel
deserto verso la Terra promessa, la Montagna, la Roccia, camminerà con lui (cf. Es 33,12-17; 1
Cor 10,1-4).
Noi, cristiani provenienti dalle nazioni, abbiamo un assoluto bisogno dei nostri
"fratelli maggiori", gli ebrei. Essi sono davanti a noi i garanti del dialogo perenne
di Dio con gli esseri umani, del binomio insuperabile e ineludibile "TU -IO",
che i Salmi scolpiscono ogni giorno nelle nostre coscienze di uomini e di donne. Senza la presenza incombente, ma
salvifica, della Montagna - icona del Nome (Ha-Shem)
- davanti a cui, al di là di tutte le nebbie della pianura, rimaniamo sempre accampati, la tentazione di ridurre il dialogo a un monologo
immanentista - tanto tenace e ricorrente, tipica della nostra originaria "gentilità" - ci
avrebbe sedotto varie volte attraverso i secoli. E saremmo diventati dei discepoli presuntuosi, che
essendosi arrogati il ruolo di maestri, saremmo morti strangolati dalla nostra disperata solitudine e da
una empia idolatria di noi stessi.
2. UNA PAROLA PER TUTTA LA TERRA
«Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi
sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra.»
(Es 19,5).
Il Signore dell'alleanza sinaitica, dunque, non è il dio nazionale di
Israele. Al Dio del Sinai «appartengono i cieli,
i cieli dei cieli,
la terra e quanto essa contiene» (Dt
10,14). La rivelazione sinaitica, perciò, costituisce Israele - e con lui anche
le Chiese cristiane che, in Gesù, ascoltano la Parola del Padre - quali
testimoni eloquenti della proposta amorosa del Dio unico da partecipare a tutte
le nazioni della Terra.
Adonaj, il Dio di Mosè, è non soltanto lo stesso Dio dei padri, lo ‘el
Shaddaj di Abramo, Isacco e Giacobbe (Es 6,2-3), ma è anche il Signore
Dio (
'Elohim)
di Noè (Gen 6,13; 7,1;
ecc.)
e dello 'Adam
primigenio (maschile e femminile), il Creatore del
cielo e della terra (Gen 1,27; 2,4b-7; 5,1-2; 1 Cor 15,45). Egli ha disteso
i cieli e fondato la terra, mentre diceva a Sion:
«Tu sei
mio popolo» (Is 51,16).
Vivevo a
Gerusalemme nel novembre 1977, e ricordo ancora il sussulto e il fremito di commozione che
attraversò l'intero paese d'Israele quando il presidente egiziano, Anwar as-Sa'adat, citò
davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, questo passo biblico del profeta
Isaia:
«In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo al paese
d'Egitto e una stele in onore del Signore
presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore
degli eserciti nel paese d’Egitto.
Quando, di
fronte agli avversar!,
invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà
e li libererà.
Il Signore si rivelerà agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel
giorno il Signore,
lo serviranno
con sacrifìci e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. Il
Signore percuoterà ancora gli
Egiziani
ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli
si placherà e li risanerà.
- Venne poi la citazione capitale - In quel giorno ci
sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria;
I’Assiro
andrà in Egitto
e l'Egiziano in Assiria;
gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli
Assiri In quel giorno
Israele sarà il terzo con l'Egitto e l'Assiria, una benedizione in mezzo
alla terra. Li benedirà il Signore degli
eserciti:
"Benedetto sia l'Egiziano mio popolo,
l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità"»
(Is 19,19-25).
Isaia intravide allora il Sinai dell'Egitto
e dell'Assiria,
e di tutti gli altri popoli!
Al culto reso dall'Egitto al Signore d'Israele, che è l'unico Dio di tutti,
i titoli dell'alleanza sinaitica,
propri prima di tutto di Israele, il quale rimane l'eredità di Adonaj (nachalati)
passano anche all'Egitto, chiamato
'ammi
(popolo mio), e all'Assiria,
chiamata ma'aseh yadai.
L’iniziativa amorosa del Dio del Sinai, iniziata nei confronti di Israele,
appena liberato dall'idolatria
molteplice della schiavitù egiziana - e più tardi da quella mesopotamica -, si
apre e si estende
alle genti, liberate anch'esse dalle proprie idolatrie.
Come abbiamo cantato, pochi giorni fa, nel giorno dell'Epifania:
«I capi dei popoli si sono raccolti
con il popolo del Dio di Abramo,
perché di Dio sono i potenti della terra:
egli è l'Altissimo» (Sai
47,10).
Isaia ha riformulato, dunque, per tutti i paesi della terra la Seconda
delle Dieci parole:
«Volgetevi a me e sarete salvi,
paesi tutti della terra,
perché io sono Dio; non ce n'è
altri»
(Is 45,22).
Anche per tutte le nazioni, quindi, "non ci sono altri dèi di fronte ad
Adonaj" egli solo è UNO, e nessun altro è UNO come lui (Dt 6,4: lo Shema'
d'Israele). L'unicità
del Dio uno è la montagna di
fronte alla quale ogni uomo e ogni donna sono chiamati ad accamparsi
(cf.
Is 43, 8- 13; 44,6-8).
Ai nostri giorni, la secolare tenzone dell'umanità con LUI prende forme sempre
molteplici: tentativi
di ridurre la sua soggettività personale all’oggettività
astratta di valori, ideologie, sistemi,
dottrine, problemi,
nomi (= giustizia,
pace, libertà, democrazia, globalizzazione...),
persino alle formulazioni tutte umane che noi diamo del
suo NOME (che egli ci svela sì, ma continuamente
ri-velandolo,
cioè velandolo di nuovo) (Is 45,15; 1 Cor 2,6-16).
3. Il Cantico dei cantici dell'umanità
La proposta nuziale, dunque, l'anello o il sigillo che Adonaj, al Sinai,
ha messo una volta per tutte nel dito
di Israele 4,
viene offerto nel corso dei secoli a tutti i popoli della terra che si uniscono
a Israele, partecipando alla fede di Abramo nell'unico Signore.
Ogni uomo e ogni donna è invitato a fare sue le parole dell'amata del
Cantico:
«Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte
come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio» (Ct 8,6-7).
Confidiamo nel "sì" con cui, per sempre, al Sinai,
Israele ha risposto a questa proposta e promessa nuziale
del suo Signore. Noi cristiani ripetiamo ogni giorno questo sì con Gesù e in Gesù, quando
celebriamo la sua
Cena.
Esso impegna Israele e le Chiese cristiane a respingere con estremo vigore
ogni tentazione di
adorare tutti gli
idoli
umanistici che
pretendano di sostituire l'unico
Nome di Adonaj o anche solo di
accompagnarsi con lui: gli idoli di un Potere imperiale umano che intenda
dominare l’universo
o ammaestrare il mondo con una sapienza manufatta, come un tempo fecero le nazioni,
gli assiri,
i babilonesi, i
persiani, i greci.
Roma, con tutti i loro successori sulla scena della stona fino ai
nostri giorni; gli idoli dell'Arroganza che si serva della Forza e della
Prepotenza militare,
gli idoli del Denaro e della Comunicazione che opprima e spadroneggi
ottundendole, sulle coscienze
degli uomini e delle donne; idoli del Consumismo e della Propagazione
di menzogne; idoli
di Parole continuamente ripetute, ma prive di sostanza; idoli del Sesso vuoto
di amore; idoli
delle Manipolazioni genetiche della vita e della morte che ubriacano
l’umanità, come un giorno facevano i mattoni cotti al fuoco e il bitume con
cui si costruiva
la torre di Babele (Gen 11,3-9); gli idoli dei Muri che si elevino tra i
popoli e le civiltà;
gli
idoli
di Culture che
pretendano di sostituirsi alla Parola di Adonaj; idoli di un Sapere che
cerchi
di violentare
il segreto del Nome del Signore, invece di insegnarci a pregarlo e a dirgli di
sì.
4. Conclusione
Questa rilettura della Seconda Parola sinaitica in termini di alleanza
sponsale permeata di amorosa tenerezza esclusiva, che qui abbiamo cercato di
fare insieme, ci aiuti a vivere, in Israele e nella Chiesa,
pur m mezzo a prove dolorose e crudeli, fedeli al nostro supremo e unico
Amore ripetendo
nella fede le parole dell'alleanza pronunciate dall'amata del Cantico:
«La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia (Ct 2,6 8,3).
Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino...
Attirami dietro a te, corriamo!» (Ct 1,2.4).
A esse fanno eco le ultime parole della Bibbia giudeocristiana:
«Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!”.
E chi ascolta ripeta: "Vieni!”…
Colui che attesta queste cose dice: "Si, verrò presto!”.
Amen» (Ap
22,17.20).
1. Piuttosto che con altri termini di "comando da eseguire", come piqudim
o mitzwoth o 'edoth,
ecc.
2. Cf. già il verbo chashaq in Dt 7,7, usato come in Gen 34,8; 21,11:
un verbo di innamoramento. Cf.
pure ba'ailti hakhem in Ger 3,14; 31,32, che si può tradurre: «Essi hanno infranto la
mia alleanza, ma io rimango colui che ti ha presi in sposa» (invece di:
"benché io fossi loro Signore": cf.
J. COPPENS, «La
Nouvelle Alliance en Jer 31,31-34», The Catholic Biblical Quarterly 25
(1963) 12-21). Si veda anche la formula continuamente ripetuta, specialmente da
Geremia ed Ezechiele:
«Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo».
3. Cf.Rm 15,27; ICor 9,11; ecc.
4. Cf. Gen 38,18.25; 41,42; Ger 22,24; Ag 2,23.
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